Capitolo 1

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CAPITOLO 1.

La strada che costeggiava il lungomare era buia e desolata.

Erano quasi le undici di sera di una tiepida giornata primaverile nella città di Miami.

Un leggero vento fresco soffiava dal mare, la notte era limpida ed il cielo tempestato di stelle.

Jacob camminava solo sul marciapiede al lato della strada, il borsone in spalla, le mani nelle tasche del pantalone ed i capelli corvini spettinati leggermente umidi. Si soffermò a guardare l'orologio sfruttando la luce di un lampione.

Non era sua intenzione fare tardi, ma si era trattenuto agli allenamenti di calcio più del dovuto ed aveva perso la cognizione del tempo.

Un gorgoglio allo stomaco gli ricordò che non aveva ancora cenato.

I supermercati, però, a quell'ora erano chiusi e non aveva abbastanza soldi per entrare in uno dei ristoranti per questo si fermò ad un chioschetto ordinando da mangiare all'anziano gestore ed in poco tempo mangiò ben due piatti di zuppa, pagò il conto e ritornò a casa.

Quando rientrò, un quarto d'ora più tardi, trovò sua madre ancora sveglia preoccupata per il suo ritardo: «Dove sei stato? Sono le undici passate!»

Jacob si tolse le scarpe, posò il borsone da una parte e le diede un bacio sulla guancia: «Mi dispiace. Mi stavo allenando ed ho perso la cognizione del tempo»

Nel sentire quelle parole la donna si rilassò: «La prossima volta guarda l'orologio ed avvisami»

«Scusa. Non volevo farti preoccupare» rispose lui pentito.

«Almeno hai mangiato?» chiese lei premurosa.

«Sì. Mi sono fermato ad un chioschetto. Ora se non ti dispiace vado a dormire, sono stanchissimo» ammise lui accennando un piccolo sorriso.

Sapendo bene che in passato si era infortunato alla schiena gli domandò: «Tutto a posto con la schiena?»

«Sono passati dei mesi dal giorno dell'infortunio. Va tutto bene» rispose lui.

«Ti prego di fare attenzione. Se t'infortunassi nuovamente non potrai più giocare a calcio» disse lei veramente preoccupata che il figlio dovesse smettere di seguire quel suo sogno.

Il ragazzo dai capelli corvini sorrise leggermente: «Mamma ricordo perfettamente le parole della fisioterapista. Starò attento, non voglio smettere di giocare a calcio» detto questo lasciò la madre da sola ed entrò nella sua stanza andando a buttarsi sul letto addormentandosi di botto.

La sveglia posta al lato del letto suonò all'improvviso rompendo il silenzio della camera.

Jacob, spaventato dal rumore, si mise a sedere portandosi la mano sugli occhi per dimezzare la luce che entrava dalla finestra che aveva lasciato aperta la sera prima, con la mano libera cercò la sveglia e la spense sospirando sollevato, stirò lentamente i muscoli e solo dopo s'alzò dal letto.

Stava iniziando l'ennesima giornata di liceo anche se per lui era solo il secondo giorno dopo il suo rientro dall'ospedale.

Aprile stava finendo ed ormai le giornate si stavano allungando e diventando più calde.

Dopo aver sistemato il letto, aprì la finestra facendo entrare l'aria fresca del mattino, si fece una doccia rapida e solo dopo si vestì uscendo dalla stanza.

Stranamente in casa c'era troppo silenzio ed a quell'ora la madre di solito si preparava per andare al suo turno mattutino in ospedale per questo preoccupato andò a bussare alla porta della stanza della madre.

Amare un vampiroWhere stories live. Discover now