Capitolo 3: Pallore

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Ego si stava guardando allo specchio trattenendo il respiro per tentare di mascherare quell'accenno di pancia che cominciava a vedersi. Non serviva a molto in realtà, ma la ragazza voleva fare un tentativo comunque. All'improvviso sentì una fitta lancinante scuoterle tutto il corpo e si portò d'istinto le mani al ventre. C'era sangue ovunque e il dolore aumentava sempre di più. Si ritrovò stesa in un letto d'ospedale senza sapere come ci fosse arrivata e c'era qualcosa di strano nell'aria. Urlò perché qualcuno la aiutasse, ma non venne nessuno e quando abbassò lo sguardo lanciò un altro grido. Teneva suo figlio tra le braccia ed era decisamente troppo piccolo e sporco di sangue. Il bimbo respirava a malapena, infatti il suo petto si alzò poche volte prima di cedere del tutto. Ego era straziata, non sapeva cosa fare se non piangere e urlare.

La ragazza si svegliò di colpo tutta sudata e affannata. Brividi dolorosi le solcavano la pelle, faceva freddo in quella stanza ed Ego si coprì con la coperta. Dopo qualche istante, però, capì che fosse l'assenza del corpo di Zen a produrre tutto quel gelo. Si girò a pancia in su sentendo indolenzita la spalla su cui aveva dormito. Con la mano cercò l'amica e quando la trovò le andò vicino come qualche ora prima e si fece abbracciare. Zen mormorò qualcosa nel sonno e poi strinse a sé Ego che cercò di assorbire il suo calore. Fortunatamente era sabato e potevano restare a letto tutto il giorno, anche se questo avrebbe portato la bionda a pensare di continuo al bambino. E dopo il sogno che aveva fatto voleva evitarlo.

Rimase con gli occhi spalancati nel buio per un tempo indefinito, sciogliendosi le trecce fatte la sera prima e che ormai si erano disfatte, finché Zen non si mosse.

<<Buongiorno.>> sussurrò con voce impastata.

<<Spero lo sia.>> ribatté.

<<Ego, la negatività di mattina presto no>> disse e poi le accarezzò il viso con il pollice. <<Colazione?>>

<<Hai già voglia di alzarti?>>

<<Tu resta qui, te la porto.>>

Zen uscì da sotto le coperte con un brivido, si alzò stiracchiandosi e la maglietta lunga con cui aveva dormito si sollevò leggermente mostrando le sue gambe snelle e il tatuaggio sulla sinistra. Mentre andava alla porta si ravvivò i capelli e poi scese le scale. Non ci mise molto a tornare, ma Ego si era riaddormentata occupando tutto lo spazio.

<<Ti ho fatto il caffè.>> disse Zen appoggiando un vassoio sul letto e andando ad alzare un po' le tapparelle. A quelle parole, e grazie alla luce che ora entrava nella stanza, la ragazza aprì gli occhi e si tirò su a sedere.

<<Posso berlo?>> chiese dubbiosa.

<<Da quando ti interessa?>> domandò l'altra in risposta.

Ego le raccontò del sogno, ma Zen le disse di non preoccuparsi e che non sarebbe successo nulla. In realtà quel sogno la preoccupava, però non poteva mostrarlo all'amica.
Mescolò il caffè e lo zucchero in una tazza che poi le passò e incominciò a imburrare un paio di fette di pane tostato.

<<Non mi va di mangiare.>> disse la bionda allontanando anche la tazza.

<<Sei pallida>> constatò Zen guardandola. <<Ti senti bene?>>

<<Non credo>> rispose. <<Però voglio una sigaretta.>>

Zen le lanciò un'occhiataccia, ma non disse nulla quando Ego si alzò per prendere il pacchetto che aveva rimesso nella tasca della giacca la sera prima. Le passò il posacenere che aveva sulla scrivania e la guardò fumare. Aspirava ad occhi chiusi e lasciava andare il fumo lentamente mandandoselo nel naso. Posò gli occhi anche sulla sua mano mentre faceva cadere la cenere con un movimento secco ed elegante al tempo stesso.

ThreeWhere stories live. Discover now