Tutto per un uomo (parte quinta)

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"Nathan Ngai, signore" esordì l'interlocutore, rivolgendosi anche ai presenti. "È un uomo di sessant'anni che ha collezionato, con il passare del tempo, molte rapine nelle banche più importanti dell'Asia. Ha rubato famosissimi quadri, anche privati, entrando nelle ville di sceicchi e sultani. Il valore totale della refurtiva è una somma incalcolabile. La sua vita privata è avvolta nel mistero, di lui si sa solo che è considerato un grande professionista nel mondo della criminalità orientale. Il suo nome incute timore e rispetto, ma ora la sua figura è soltanto l'immagine sbiadita di ciò che fu." Prese un attimo di pausa e poi continuò: "È stato arrestato tredici anni fa in un piccolo villaggio del Vietnam, Veen, ed è stato trasportato nel carcere di massima sicurezza di Hanoi. È riuscito a scappare con l'aiuto di un commando..." Si bloccò e si portò le mani sul volto. "È stata la prima evasione di quel penitenziario. Per tre anni il signor Ngai ha vissuto come un fantasma, ma è stato nuovamente arrestato a Sadıkhacı, come sapete, a causa di una soffiata." Bevve un sorso d'acqua e continuò: "La sua refurtiva non è mai stata scovata. Si dice che sia conservata in un immenso caveau, ma non è mai stato trovato. È una leggenda che lui non ha mai confermato."

Il funzionario della polizia continuò: "Ngai era il capo di una banda criminale formata da professionisti del mestiere. Alcuni di loro sono stati arrestati solo due mesi fa, i fratelli Olao. Le identità degli altri, invece, sono ancora avvolte nel mistero, compreso il nome di chi ha fatto la soffiata."

Il capo del quartiere più ampio rifletté: "Forse ce li abbiamo davanti: sono proprio loro che lo vogliono liberare!"

Il sindaco prese la parola: "Bene, adesso che avete un quadro chiaro della situazione, è arrivato il momento di decidere. Da una parte c'è un criminale di un certo spessore e dall'altra gli ostaggi di un treno, nostri concittadini."

Lo sguardo si alzò verso l'orologio sulla parete. Tra pochi minuti sarebbe passata mezz'ora dalle minacce del capo della banda. Il tempo stava per scadere e loro non erano ancora arrivati a una decisione definitiva. "Allora, alzi la mano chi è a favore della liberazione di Nathan Ngai!"

I membri del vertice si guardarono timorosi.

Il capo di un quartiere alzò la mano e lo seguirono tutti gli altri, compreso il sindaco, tranne il direttore del carcere.

L'oppositore si drizzò. "Ma come, non avete sentito ciò che ho detto? Quello è un pazzo, un criminale, è anche arrivato a uccidere per raggiungere i suoi scopi e voi volete liberarlo?"

Il sindaco urlò: "Si sieda, la prego, non tollero certe iniziative. Dobbiamo ragionare in modo lucido se non vogliamo di nuovo che il dibattito degeneri."

L'interlocutore si sedette, frustrato.

Il responsabile della stazione rifletté: "Beh, ora non c'è più tempo di parlare..."

Un fastidioso chiacchiericcio risuonò nella stanza e il sindaco batté le mani sul tavolo. "Adesso dobbiamo decidere come può avvenire il trasporto del detenuto, così avvisiamo gli assalitori del treno."

Una telefonata piombò nella stanza come un fulmine a ciel sereno.

Il direttore del carcere si mise una mano sulla fronte e il sindaco guardò il ricevitore, indeciso se rispondere, per paura di sapere cosa fosse successo.

Guardò l'orologio: era passata da poco mezz'ora.

Afferrò subito il telefono e, prima che potesse parlare, un poliziotto dichiarò dalla stazione: "Ha appena chiamato il capo della banda. Il macchinista... è stato ucciso."

Il sindaco deglutì e una goccia di sudore passò lungo il suo viso. "Potrebbe non essere vero, non abbiamo prove. Ha detto altro?"

"No, la comunicazione si è interrotta. Mi sono permesso di richiamare, ma non ha risposto nessuno."

Chiave: il lato oscuro della luceWhere stories live. Discover now