Jaminique

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Non è come se sapessi quello che sto facendo. È altamente improbabile che riesca a fare partire o anche solo accendere questo vecchio rottame, che di dare una segni di vita proprio non ne vuole sapere. Il fatto che il mio secondo nome sia Sirius, non implica che io possegga quella brillante dote del saper far funzionare una motocicletta volante. Perché si, è proprio il manubrio di una motocicletta volante quello che stringo tra le dita. Il metallo freddo sotto i palmi e il venticello caldo che mi scompiglia i capelli, mi fanno desiderare di saperne qualcosa di aggeggi babbani, solo per poter saltare in sella alla moto e schizzare via, lontano da quel grande casino che è la mia vita.

Sono le stelle — e non i vecchi lampioni decadenti disposti davanti alla strada — ad illuminare il vialetto di Grimmauld Place numero dodici che, forse un tempo, doveva essere davvero una villa austera mentre adesso è solo una vecchia casa polverosa allestita come rifugio estivo nelle notti affollate alla Tana, del clan Weasley Potter.

«Io credo, ma il mio è solo un consiglio, che dovresti provare a inserire le chiavi nella toppa, invece di restartene lì a fissare il vuoto» agile e silenziosa come un gatto, si siede sui gradini davanti all'ingresso. Gli occhi azzurri le scintillano e quel barlume di vita che le lampeggia nelle iridi, basta per farmi perdere la concentrazione. «Provare per credere»

«È esattamente quello che avevo intenzione di fare» ribatto e mento, sapendo che Dominique lo sa, che quella appena uscita dalle mie labbra è una bugia.

Le sue dita sottili guizzano ad afferrare la bottiglia di firewhisky, abbandonata a terra, mentre ai miei occhi attenti da cercatore non sfugge il sorriso che per qualche istante le increspa le labbra, prima che queste si bagnino di liquido dolciastro.

Labbra rosse, carnose, che quel giorno sapevano di alcol e cioccolata.

Afferro le chiavi, ma la mano manca la toppa per due volte consecutive — inaccettabile per un giocatore di Quidditch, nonché Capitano della squadra di Grifondoro — perché gli occhi sono troppo presi a fissare le sue gambe lasciate scoperte dalla camicia da notte svolazzante.

Quello stupido pezzo di stoffa, non dovrebbe sollevarsi e riabbassarsi in quel modo terribilmente doloroso ma che non riesco a fare a meno di fissare. Perché: "guardare ma non toccare" Dominique per me è come una rarità in esposizione a cui non puoi, non devi, avvicinarti e che ha il permesso di osservare solo da lontano.

È il compleanno di Teddy, ma a lui non piace sovrabbondare. La festa è intima, al chiuso tra le mura della Tana e fuori nevica. Ho esagerato con la torta, l'avere qualcosa da fare: portare la forchetta alla bocca, masticare e afferrare di nuovo un pezzo di crema e pan di spagna, sono azioni che riescono a tenere impegnato il mio cervello quel che basta per non pensarla o guardarla, una delle due.

Perché con quel vestito rosso è bellissima, e le mie mani fremono dalla voglia di stringerle quella vita stretta, di toccarle i capelli, sentire la sua pelle calda contro i polpastrelli, ed io non dovrei avere pensieri simili su mia cugina.

Poi compio un errore, e impulsivamente sollevo lo sguardo dal piatto quando la risata cristallina di Dominique arriva dritta alla mie orecchie. È con Rose e Lily, mentre parlano di quelle cose da ragazze con il loro strano codice fatto di occhiate e nomi bizzarri. La bretellina sottile del vestito, le scivola sulla spalla, ma lei non se ne accorge.

Improvvisamente ho la gola secca e il firewhisky sembra l'unica bevanda in grado di aiutarmi.

«Visto? Avevo ragione» Domi è così compiaciuta nel pronunciare quelle parole, come se non avesse mai avuto il minimo dubbio che la motocicletta avrebbe funzionato. Si scosta i capelli dal viso e si alza con un balzo, subito dopo che il rombo del motore riempie il silenzio della notte «Mi porti a fare un giro?»

Magicians | short stories Where stories live. Discover now