Fred e George

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Hogwarts 1989

«I solemnly swear that i am up to no good»

Era una bella giornata; il campo di zucche accanto alla capanna di Hagrid diventava sempre più pieno di rapaci insolenti, pronti a beccare e rovinare la piantagione che poi, come ogni anno, sarebbe servita ad addobbare il castello durante Halloween. Gazza, quel pomeriggio, aveva ricevuto l'ordine da Silente in persona, di aiutare il guardiacaccia a costruire uno spaventapasseri terribile, per questo il suo ufficio — luogo in cui venivano abbandonati tutti i tesori sequestrati di studenti passati e presenti — non era sorvegliato. Ed i gemelli Weasley lo sapevano.

«Pronto Georgie?» le due teste rosse che sbucavano da dietro una colonna, con sorrisi birbanti ad incurvagli le labbra, non avevano buone intenzioni. Non le avevano mai, a dirla tutta. E gli insegnati di Hogwarts, dopo aver abbandonato l'idea che i nuovi Weasley non sarebbero stati tranquilli e innocui come i fratelli che li avevano preceduti, lo avevano dedotto a loro spese.

«Sempre Freddie»

Sgattaiolarono furtivamente verso la porta di ferro battuto vagamente logoro, che era chiusa come immaginavano. La mano di George corse elettrizzata all'interno della tasca del mantello, serrandosi attorno ad una forcina rubata dal cassetto della sorella, Ginny. I metodi babbani, come forzare una serratura senza l'utilizzo della magia, erano sempre i più semplici ma anche i più efficaci, perché nessuno ci pensava mai. Lo avevano imparato scassinando un cospicuo numero di lucchetti alla Tana.

L'ufficio del custode, nel quale erano già stati spediti dalla Mcgranitt un paio di volte, odorava indistintamente di pesce fritto. Era un locale squallido e privo di finestre, illuminato da un'unica lampada a petrolio che pendeva dal soffitto.

Il due settembre 1989, la sera del loro secondo giorno di scuola e della loro prima punizione ufficiale, erano rimasti affascinati dalla quantità di armadietti di archiviazione contendenti i dettagli sulle malefatte degli studenti di Hogwarts. Sognavano entrambi di avere, un giorno, un cassetto personale dedicato ai loro misfatti. Quello che però li aveva attirati più di qualsiasi altra cosa, era uno degli armadi — da ciò che avevano sentito in giro, pieno di oggetti magici sequestrati — contrassegnato con "Confiscato e altamente pericoloso." Era proprio a quello, infatti, che stavano puntando.

La porta cigolò spettralmente. I gemelli si scambiarono una veloce occhiata entusiasta, e la richiusero alle loro spalle con un tonfo non indifferente. I ghigni malandrini che avevano stampati sul volto, non ne volevano sapere di affievolirsi. Se ne stavano lì, birbanti e eccitati, proprio sotto al naso. Ignorare le regole li metteva sempre di buon umore.

Raggiunsero l'armadio con poche falcate, pensando già a quanti galeoni avrebbero guadagnato distribuendo merce "criminale" per la scuola. Si sarebbero potuti comprare un mucchio di caccabombe da Zonko, immaginavano. Nella testa di Fred si stava velocemente facendo spazio un piano elaborato per evitare che Percy lo venisse a sapere, e di conseguenza avvisasse la mamma.

«Gazza è un salame» ridacchiò George, con le iridi castane incollate all'antico lucchetto che bloccava l'apertura delle ante. Cadde a terra, il rumore sovrastato dalla voce dell'altro gemello si perse tra le parole intrise di gioia di Fred.

«Riprendiamoci tutto quello che è nostro, per diritto, intendo. Siamo i futuri Re degli scherzi di Hogwarts, a nessuno dispiacerà se portiamo via questa... pergamena bianca?»

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