Jaminique 2

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"[...]e il mondo, quella notte, smise di respirare"


C'era luce in mezzo a tutto quel buio. Il cielo era scuro, limpido, puntellato da un'immensa distesa di stelle su cui sembravano infrangersi le fronde degli alberi mosse dal vento estivo. Alcuni ciuffi d'erba solleticavano le guance di Dominque Weasley, distesa sul prato e nascosta alla vista dal campo di grano che ondeggiava alle sue spalle.

Quella, era la notte di un giorno impreciso d'agosto. Perché, d'altronde, quando si è in vacanza il tempo scorre diversamente. Non si sa mai con esattezza se sia sabato o lunedì, se sia l'alba o il tramonto.

James Potter era seduto poco più in là, una birra in mano e lo sguardo puntato sulla stella più luminosa di tutte: quella che aveva al suo fianco. Era bravo in molte cose lui. Sapeva far ridere la gente, acciuffare un boccino ad occhi chiusi, trasfigurare una casa intera in un portapenne (Sua madre, Ginny Weasley-Potter, non era stata affatto contenta quando aveva tenuto la Tana nel palmo sua della mano) ma soprattutto era paziente. Aspettava sempre il momento giusto prima di parlare, prima di fare una mossa importante, persino prima di combinare guai. Era deciso, determinato, disposto a lasciarsi scorrere il tempo tra le dita se questo l'avrebbe portato a raggiungere i suoi obbiettivi.

Quando era con lei, però, le ore volavano. Il tempo si sgretolava, spazzando via ogni momento in un battito di ciglia. Temeva che se avesse continuato ad aspettare, si sarebbe ritrovato vecchio e con un pesante rimpianto a corrodergli l'anima: quello di non averla baciata ancora un'altra volta.

Codardo. Si ripeteva quando la guardava troppo a lungo senza riuscire a muovere un muscolo. C'era una voce nella sua testa che continuava a sussurrargli di lasciare le cose come stavano, che se avesse catturato quelle labbra rosse tra le sue, allora sarebbe diventato un mostro, lo sarebbero diventati entrambi, e non poteva fare questo a Dominique.

Non poteva baciarla di nuovo, era sua cugina.

Dicevano che era sbagliato, un errore, una perversione, addirittura. James non lo capiva, perché quando stringeva Domi tra le braccia, giocava con i suoi capelli o semplicemente le parlava, era tutto tremendamente giusto.

Dominique ora non stava più guardando il cielo, i suoi occhi azzurri lo osservavano con curiosità. Era raro, infatti, che James tenesse la bocca chiusa per più di un minuto, la sua voce allegra ravvivava sempre l'atmosfera.

«Tu ti meriti qualcuno migliore di me» esclamò d'un tratto, la voce roca a infrangersi contro la parete di silenzio che si era creata.

«Ma che cavolo stai dicendo?» Dominique si sollevò a sedere. I capelli biondi prima appallottolati dietro la testa le ricaddero sulla schiena. «Non ricominciare con questa storia»

«Domi!» James sbuffò. «Io voglio che tu sia felice. Voglio che tu possa camminare in una strada affollata mano nella mano con la persona che ami, che possiate baciarvi e filtrare in pubblico. Voglio che tu possa essere te stessa, senza doverti nascondere»

La piccola mano pallida acciuffò senza esitazione quella più abbronzata e callosa per via dei frequenti allenamenti di Quidditch, abbandonata sul prato. Dominique intrecciò le sue dita con quelle di James, alzando gli occhi al cielo. «Sei proprio stupido, io sono felice con te, non ho bisogno di nessuna delle idiozie che hai elencato»

«Ne sei sicura? Perché io non ho molto da offrirti»

«Che ne dici di un bacio?»

James sorrise, si protese in avanti, il braccio destro che corse ad afferrare la vita sottile della sua stella. Le labbra di Dominique si dischiusero sulle sue e il mondo, quella notte, smise di respirare.

Magicians | short stories Where stories live. Discover now