"i just knew you needed me.."

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"È un suicidio lirico.
Il corpo è vivo, ma è morto lo spirito.."

- Minnie, mi sei mancato -. Le sue parole mi ricorsero, penetrarono sotto la mia pelle.

Mi voltai e lo fissai. Un tempo avrei dato tutto quello che avevo per renderlo felice, ma non  avrei potuto perchè tutto ciò che lo rendeva felice era distruggere me.

Il diavolo ricambiò il mio sguardo, mentre un sorriso di pura compiacenza si delineava nel suo volto. In quell'istante mi sembrava che le fiamme dell'inferno stessero lacerando la mia carne. Che altro potevo fare? Forse impazzire, gridare.. o semplicemente soccombere.

Tra le lacrime, che offuscavano la mia vista, un nome, uno solo invocava la mia bocca peccaminosa. Un nome che era come fuoco vivente tra cuore e mente.

- Jungkook -.

Silenzio. Nessun sussurro e io ardevo, in attesa. Maledetta. Dispettosa. Amara. Dolce attesa di lui, del moccioso che mi aveva incantato con le sue malie. Nella mente gridavo il suo nome, in quel concerto demoniaco che era la mia esistenza. Attorno solo fiamme spettatrici che tutto distruggevano. Ormai avevo compreso: il mio cuore che batteva, palpitava il suo nome. In quel buio lucente che era l'inferno. 

Passerà. Anche questa volta passerà, dannazione, pensai mentre ritornavo in soggiorno dai padroni di casa. Mi sentivo strano. Una sensazione impossibile da descrivere a parole.

Ed ecco che all'improvviso sentii sopraggiungere quel momento di quiete. Una quiete così improvvisa e per certi versi inquietante, dove c'èra semplicemente il nulla. Lo sguardo perso, le lacrime che non scendevano più e le cui ultime tracce si asciugano da sole sul viso. Forse era questa la parte peggiore: uno stato di stallo in cui non riuscivo a fare nulla. Nulla se non rimanere semplicemente così.

- Mio principe, sei sicuro di stare bene? - chiese Hoseok appena mi sedetti vicino a lui. Mi osservava con attenzione, come se stesse cercando di capire cosa non andasse in me. Cosa c'era fuori posto. E lui, oltre a saper ascoltare, sapeva leggere. Non i libri, quelli erano capaci tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si portava addosso. 

Il suo sguardo non mi piaceva. Non amavo essere soggetto di indagine. Sentivo come un dolore, l'anima pesante e gli occhi alla ricerca di un qualcosa che li potesse far risplendere in quel buio che regnava. Le piccole cicatrici dei ricordi rimasti, erano impressi nella mente, e questi non facevano che invadermi e ricordarmi che non avevo fallito ancora completamente.

Quelle parole ancora incastrate nella gola, non dette per paura, non fuoriuscite per la convizione di non essere compreso, vagavano tra i mille pensieri. Così mi guardavo dentro, ammirandomi, costituito da posti inesplorati e oscuri, dove risiedeva la storia di me stesso. Avrei tanto voluto urlare "salvami", ma furono altre le parole che uscirono dalla mia bocca. - Chiedo scusa, non ho mangiato per tutto il giorno. Non mi sento molto bene -.

- Oh, no, caro, mangia ti prego! -. Amelia mi servì un piatto con tutte le prelibatezze di cui avevo sentito il profumo poco prima.

Jong-Uh si unì a noi e sedette di fronte a me con lo stesso sorriso compiaciuto di prima, come se l'intera faccenda non lo avesse neanche scalfito. Io mi limitai ad infilzare qualche foglia di lattuga con la forchetta e iniziai a mangiare controvoglia. Ero in preda al panico, l'appetito ormai era svanito.

- Jong-Uh, Jimin gestisce un suo atelier a Seul. Non è sorprendente? - esclamò Hoseok tutto orgoglioso. Poi riferì i dettagli della nostra precedente conversazione per aggiornare Amelia e Jong-Uh, mentre io rabbrividivo all'idea che stesse rivelando informazioni potenzialmente pericolose che il mio carnefice avrebbe potuto usare per avvicinarsi di nuovo a me. Ormai conosceva la mia localizzazione, probabilmente l'unica cosa che mi aveva tenuto al sicuro da lui , ed ora non esisteva più.

- E tu cosa fai, Jong-Uh? - domandai. Si poteva giocare a quel gioco in due, anche se non riuscivo a immaginare di volerlo cercare se non per piantargli una pallottola in corpo.

- Lavoro nella società di mio padre per ora -.

- Capisco - commentai sorridendo con educazione.

Che fortuna per lui, rovinare persone e fare scorrerie durante gli anni della giovinezza per poi entrare dalla porta principale in una delle più grandi società della città. In qualche modo iniziavo a odiarlo ancora di più.

- In che zona della città vivi? - mi domandò.

Fissai il piatto e portai alla bocca un pezzetto di filetto leggermente speziato, mentre cercavo di pensare alle possibili false informazioni con cui rispondere.

In quel momento suonò il campanello, il trillo rimbombò in tutta la casa. Colto di sorpresa, quasi saltai dalla sedia.

- Vado io, caro - disse Amelia appena Hoseok stava per alzarsi. Si sollevò con grazia e sparì verso l'ingresso; la porta era nascosta alla mia vista.

- Dovreste vedervi qualche volta - suggerì lo scrittore nel frattempo.

Feci il possibile per non alzare lo sguardo al soffitto. Cerca sempre di dirottare la mia attenzione su Jong-Uh, pensai. Continuavo a riempirmi la bocca per trattenere le parole, mentre cercavo di escogitare un piano di fuga. Sospettavo che volevano che mi trattenessi di più, ma io dovevo tornare a casa. Al sicuro.

Casa. Sì, finalmente avevo una casa che sentivo mia, e non sarei voluto essere da nessun'altra parte. Chiusi gli occhi e comparve l'immagine di Jungkook. Avrei dato qualunque cosa per essere con lui in quel momento, ma non potevo correre da lui ogni volta che mi sentivo in pericolo.

- Jimin - risuonò la voce melodica di Amelia. - C'è qualcuno per te. Ti aspetta davanti alla porta -.

Alzai di scatto la testa. Soltanto una persona mi avrebbe potuto trovare lì.

Jungkook era sulla soglia, con un abbigliamento casual e perfetto, come al solito.Tentai di riportare a galla la rabbia che avevo provato prima nei suoi confronti, ma tutto quello che sentivo era sollievo, gratitudine, amore. Cercai di trattenermi dal correre tra le sue braccia e farmi portare via da quell'orribile situazione.

- Kookie.. -.

Entrò in casa e mi tirò a sé per abbracciarmi, stringendomi così forte da farmi quasi male. Gli nascosi il viso contro il collo, respirando il suo profumo. Il mio corpo si rilassò. Sarebbe andato tutto bene, con lui lì con me. Ero al sicuro.- Che ci fai qui? -.

Mi prese il viso tra le mani e mi guardò negli occhi. - Sapevo che avevi bisogno di me -.

Lo abbracciai con trasporto, assaporando solo il dolce suono dei nostri respiri.

Sunny ☀️ JikookDonde viven las historias. Descúbrelo ahora