...ᖴIᑎO ᗩ ᖴᗩᖇᗰI ᗰᗩᒪE

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Credevo di potermi fidare di certe persone che all'apparenza sembrano così trasparenti. A quanto pare, che sia in bene o in male, alle volte ci tocca mentire.
Era inverno, nel cielo il sole era sorto da qualche ora e il prato del giardino era ricoperto di neve. Egli dopo essere stato in cucina per un'ora circa, salì le scale con un grazioso vassoio di legno, aprì la porta e disse: "buon giorno Principessa. La colazione a letto è servita" ed io risposi: "sei molto dolce" egli: "mai più di quanto non lo sia tu". Quest'oggi sarebbe dovuto essere un giorno diverso dal solito o per lo meno, avrebbe potuto. Alla fine, in un modo o nell'altro però c'è sempre qualcosa che rovina le proprie aspettative. Aprì la finestra, lentamente mi si avvicinò, mi baciò le labbra e sussurrò: "quest'oggi desidero che tu ed io ce ne andiamo da qualche parte, soli soletti. Ancora non ho in programma alcun che" ed io domandai: "niente Nicole?" egli: "per oggi Nicole può anche andare a quel paese" e mi sorrise. Mentre feci colazione notai che egli era più di ottimo umore rispetto ai giorni precedenti. Mi cambiai, scendemmo le scale e ci dirigemmo verso il salone quando mi accorsi che Nicole era proprio distesa sul divano. Stava mettendosi lo smalto con addosso le sue scarpe preferite. A quel punto egli, dopo essersene accorto, si avvicinò e le disse: "ti sarei infinitamente grato se le tue meravigliose e sudice scarpe evitassi di poggiarle su tale costoso divano e soprattutto se fosse possibile che tu ti faccia la manicure altrove. Non è di mio gradimento il lezzo di smalti e solvente" ma ella: "questa è anche casa mia. Io dunque, mi siedo dove voglio, come desidero e faccio quello che mi pare" ed egli: "vorrei farti notare che fino a prova contraria chi comanda qui sono io. Ripeto, ti sarei grato se evitassi, per lo meno in mia presenza, di svolgere tali al quanto fastidiose abitudini" lei infine: "quanto sei palloso!" Prese le sue cose e se ne andò in camera.
Uscimmo di casa e ci dirigemmo verso il centro. Oggi faceva decisamente più freddo dei giorni scorsi. Il sole spesso veniva coperto dalle nuvole. Mentre camminavamo pensai che egli passava la maggior parte del suo tempo in mia presenza. Quanto entrambi eravamo soli egli era occupato in qualche faccenda lavorativa. Mi domandai se avesse qualche amico, qualcuno con il quale uscire di tanto in tanto.
Da quando lo avevo conosciuto, non lo avevo mai visto con un ragazzo della sua età. Mi domandavo come mai si preoccupasse così tanto per me da non frequentare alcun amico.
Erano le undici in punto quando sentii un leggero brontolio al mio stomaco. Lo guardai e dissi: "Andiamo alla solita cioccolateria all'angolo?" ed egli subito rispose in tono dolce e allo stesso tempo scherzoso: "ogni tuo desiderio è un ordine Principessa" .
Appena entrati vidi una coppia di ragazzi che stava discutendo e gli dissi: "noi due non saremmo così vero?" ed egli: "per quale sciocco intelletto motivo tu pensi che io possa irritarmi con te" poi aggiunse: "vivremo anche in un mondo progredito ma io, come avrai constatato dal mio modo di proferire sono una persona dai modi un po' all'antica. Per me la donna è come un essere intoccabile. Se solo ti accadesse qualche cosa io, non lo potrei sopportare".
Dopo avermi fatto accomodare ordinammo due cioccolate calde con panna e cacao sopra. Parlammo un po' infine gli domandai: "come mai ti preoccupi tanto per me? Non ha qualche amico con cui uscire ogni tanto?" egli: "e tu come mai sei sempre così osserva?" io: "uhm... che cosa significa l'ultima parola?". Un ghigno venne fuori dalle sue labbra. Sembrava così divertito al fatto che io spesso, faticassi a comprendere il suo linguaggio altolocato. Dopo aver sorriso disse: "mi domandavo per l'appunto come mai tu sia così curiosa" e aggiunse: "vedi Principessa è mio dovere occuparmi di te. Da quando ti ho incontrato mi sento in obbligo di comportarmi in maniera protettiva nei tuoi confronti. Non vi è ragione alcuna. I miei ideali mi inducono ad essere così. Se non fossi chi sono non lo farei" ed io risposi: "certo, ho capito".
La cioccolata fu come al solito di ottimo gusto e quando ci recammo fuori mi domandò: "dove desideri andare ora?" ed io risposi, dopo avergli sorriso: "qualunque posto andrà bene" allora replicò: "seguimi senza porre troppi interrogativi, ci sono un'infinità di posti ancora, che non ti ho mostrato" e così feci.
Sebbene la mia curiosità mi inducesse a fargli un sacco di domande cercavo di limitarmi a mono sillabare così da non rovinare quella che era la sua sorpresa.
Arrivammo in un piccolo parco dove vi era una graziosa casetta. Sembrava quasi di stare in paradiso. Mi fissò e in seguito disse: "questo è uno dei posti che preferisco in assoluto" ed io curiosa domandai: "come mai?" egli: "esemplare. Io, un parco ed una graziosa casetta. Alcun tipo di fastidio". Non capivo bene cosa intendesse per "una graziosa casetta" associato ad "alcun tipo di fastidio". Non mi era nemmeno ben chiaro a chi appartenesse quella casa. Mi prese per mano e ci dirigemmo verso il portone d'ingresso quando, molto incuriosita domandai: "come pensi di entrare?" e subito rispose, dopo avermi mostrato due chiavi color acciaio: "con queste magari! Pensavi avrei scassinato il portone d'ingesso? Non sono un malvivente" ridacchiai ed egli mi sorrise divertito.
Era una discreta casetta in stile montagna tutta in legno, mobili compresi. Era semplicemente il suo rifugio, un posto dove andare quando la fuori tutto diventava troppo opprimente. Probabilmente adesso, sarebbe diventato anche il mio. Era divisa in quattro stanze: un salotto discreto ma accogliente con camino e divano, una camera con letto matrimoniale, un bagno ed una cucina.
Mi accomodai e in seguito gli domandai: "vieni spesso qui?" egli rispose: "dipende". Subito lo interruppi, in maniera molto curiosa chiedendogli: "da cosa?" ma egli non rispose. Un ghigno uscì dalle sue labbra e inseguito notai che stesse ridendo fra sé e sé. Sembrava essere divertito qualora gli domandassi qualcosa di particolarmente bizzarro. Non aveva ancora smesso di ridere così chiesi: "perché stai ridendo?" egli subito rispose: "sei sempre così osserva?" ed io: "mi incuriosiscono molte cose". Non ricordavo affatto il significato della parola che aveva usato, avevo un aria in po' perplessa ma egli non ci fece caso.  Dopo avermi fissato a lungo disse: "ridevo poiché mi diverte il tuo modo di essere così singolare" ed io: "a me invece diverte il tuo comportamento" egli: "come mai?" io: "penso ci siano poche persone che trattano una ragazza come fai tu e che parlano così difficile" egli: "io non proferisco con un linguaggio incomprensibile. Sono solamente un ragazzo altolocato tutto qui" ed io conclusi: "usi parole che per me sono difficili".
Ridendo e scherzando si fece l'ora di pranzo così egli mi domandò "mangiamo qui?" ed io risposi: "dipende. Se hai qualcosa di commestibile mi farebbe piacere" ed egli dopo aver sorriso andò in cucina, aprì il frigo e rispose: "non vi è nulla di particolare ed io non cucino mai ma vedrò cosa mi posso inventare". A quel punto, un po' preoccupata domandai: "non hai mai fatto da mangiare?" egli replicò: "quando sono a casa mia non vi è alcun bisogno che io cucini ma questo non significa che non l'abbia mai fatto" ed io: "ho capito potrei finire in ospedale". Egli venne in salotto mi si avvicinò all'improvviso e dopo avermi detto: "non prendermi in giro!" incominciò a farmi il solletico. Per farlo smettere dovetti dirgli che lo avrei aiutato ma egli rispose: "tu te ne starai comodamente seduta in salotto e non alzerai un singolo dito. Per tutto il resto ci sono io". Volevo rendermi utile ma alla fine accadeva inevitabilmente che, in questa parte di mondo, vi era sempre qualcuno a fare le cose per me o per lui".
Arrivò l'una e mezza quando incominciammo a mangiare. Non avrei mai creduto sarebbe stato in grado di preparare un piatto così delizioso: tagliatelle con crema di basilico e prosciutto crudo. Mentre stavamo pranzando e chiacchierando serenamente, tutto a d'un tratto gli squillò il cellulare.
Drin drin. Egli subito rispose: "Nathaniel Edward Sebastian Campbell con chi ho il piacere di parlare?" Lo divertiva molto pronunciare il suo nome per intero ad ogni telefonata. Teneva far sapere alle persone la sua iportanza. Dan:"sono Dan Signore, volevo domandarle se potessi disturbarla un'oretta. Ci sarebbe una questione di lavoro di cui vorrei discutere" egli: "momentaneamente sono occupato" Dan: "chiedo perdono Signore, la disturberò un'altra volta" ed egli concluse: "molto bene".
Attesi qualche istante e in seguito gli chiesi: "qualcosa non va?" ed egli: "seccanti faccende lavorative" io: "capisco" ed egli subito aggiunse: "avevo programmato una giornata ammirevole da passare in tua compagnia ma all'ora di pranzo mi telefona Dan, il mio quasi braccio destro. Voleva proferirmi di questioni lavorative con impellenza" e prosegui: "non so se essere indignato con lui" e continuò: "nonostante possano essere cose di cotanta urgenza io comando ed io decido quando occuparmene" io: "penso che sia stato gentile a chiamarti senza decidere le cose da solo. Mi sembra una gran brava persona" ed egli rispose: "senz'altro. Lo è" mi sorrise ed io feci altrettanto.
Avevamo finito di mangiare quando egli mi propose di fare un gioco, si chiamava obbligo o verità e consisteva nel porsi domande a vicenda e qualora si mentisse si era costretti a fare ciò che l'altro avrebbe deciso. Non era facile comprendere chi mentisse ma egli sembrava esserne molto esperto. Sebbene non volessi impicciarmi di faccende strettamente personali avevo deciso che entrambi dovevamo essere completamente sinceri l'uno con l'altro quindi la mia prima domanda nei suoi confronti fu: "come mai parli molto poco dei tuoi genitori?" egli: "vedi Principessa, la mia famiglia è uno degli argomenti che preferisco obliare" prese fiato e continuò: "non che non abbia amato a sufficienza i miei cari ma non vado fiero di ciò che loro è accaduto. Preferisco sorvolare su alcune reminiscenze del passato e concentrarmi di gran lunga sul mio presente" io: "capisco" egli: "solitamente quella più osserva dei due sei tu principessa. Ora è giunto il mio turno. Quando ti ho incontrato, sedevi su una panchina umida per la neve, sembravi angustiata e pensosa. Posso sapere cosa ti turbasse?" io risposi: "faceva freddo e tutto era coperto di neve. Ero li sola e non ricordavo nulla del mio passato. Ancora non capisco perché stavo li e cosa sia successo ai miei genitori". A quel punto dal mio volto, incominciarono a scorrere delle lacrime, piccole goccioline d'acqua trasparente. I miei occhi divennero via via sempre più lucidi Egli se ne accorse e avvicinò dolcemente la sua mano. Come un leggero soffio di vento gelido, distolse quelle minuscole gocce e con un tono di voce soave disse: "sono desolato, non era mia intenzione angustiarti in tal modo" ed io risposi: "non importa, qualcosa mi dice che se sto con te non ho niente di cui preoccuparmi" e gli sorrisi.
Il sole era alto, gli alberi oscillavano per via del vento e di tanto in tanto qualche fiocco scendeva dolcemente dal cielo per poi posarsi delicatamente al suolo. Tra una chiacchiera e l'altra si fecero le quasi le quattro ed era giunta l'ora di tornare a casa così egli, chiamò Thomas per venirci a prendere.
Quando arrivammo a casa vi fu l'ennesimo battibecco tra egli e Nicole. Questa volta era sempre più deciso a mandarla via dall'abitazione.
Entrammo ed ella era nuovamente distesa sul divano con addosso i suoi tacchi preferiti mentre mangiava una barretta dietetica e fumava una sigaretta. Egli lo notò subito e, senza esitare un'istante disse, utilizzando un tono di voce alquanto seccato: "le tue sudice scarpe non le poggi altrove te l'ho già pronunciato. Cos'è questo lezzo di fumo!" ella rispose: "mamma mia quanto sei pesante!" egli: "io sarei pesante? Non sono pesante, forse sono un perfezionista" lei: "detto niente!" egli: "cosa?" lei: "niente lascia stare".
Andammo al piano superiore ed io misi degli indumenti comodi. Quando feci per scendere notai che egli e Nicole stavano ancora discutendo ma questa volta utilizzando un tono di voce più moderato. Probabilmente non volevano che sentissi l'argomento di tale discussione. Rimasi li, nascosta ad ascoltare cercando di farmi notare il meno possibile. Udii ogni singola parola della loro accesa conversazione fino a che ella disse lui: "vuoi questa casa? Lascia quell'inutile illusa" egli: "ti rammendo che sei la persona meno indicata per dirmi ciò che posso o non posso fare" lei: "allora non mi lasci altra scelta. Ti ricordo che tu sei un nobile e stare con una povera e illusa ragazzina ti rovinerà l'immagine. Cosa ne sarà del tuo futuro da eroe! Non meriti di stare con gente di basso livello" poi aggiunse: "persone come lei possono solo farti del male, guarda un po' cos'ho trovato stamattina nel nostro salone". Gli mostrò un foglio di carta dove, falsificando la mia calligrafia gli fece credere che volessi abbandonarlo per sempre. Egli lo aprì, vi trovò scritto "Si dice che ognuno appartiene al proprio mondo e mondi diversi non possano stare insieme. Io ho finalmente capito che siamo troppo lontani l'un l'altro per essere felici. Se continuassi a fingere farei del male a te e a me stessa quindi meglio lasciarti con un biglietto. Tu sei un nobile ed io sono povera, insieme a te rovinerei tutto quanto. Addio". Pensò subito che fosse tutta opera di sua sorella ma riflettendo con attenzione, si rese conto che fin da subito gli avevo fatto notare di sentirmi fuori luogo in questa parte di mondo. Alla fine il biglietto poteva benissimo essere mio. Alzò gli occhi al cielo e disse: "come può abbandonarmi! Come può lasciare me, Nathaniel Edward Sebastian Campbell? Io le ho offerto il mio cuore, mi sono fidato di lei, mi sono comportato da galantuomo e non le ho fatto mancare assolutamente nulla" e lei: "vedi, come pensavo, i nobili non devono stare con i poveri".
Dopo aver udito tutto ciò mi domandai, fra me e me "ne vale la pena di restare e lottare contro qualcosa per cui ogni passo avanti sembra inutile?". Conclusi che, se me ne fossi andata di nascosto, in un luogo sconosciuto, nessuno avrebbe avuto modo di trovarmi. La finestra, era l'unico modo per fuggire passando inosservata. Presi l'essenziale, con una fune fatta di lenzuola scesi nel giardino sottostante la mia camera da letto e me ne andai. Nessuno avrebbe notato nulla. Probabilmente, lontano da quella gente, non avrei avuto modo di sentirmi un peso.

ᔕEI ᑕOᗰE ᒪᗩ ᑎEᐯEWhere stories live. Discover now