LOSER

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Rilassati.

Respira.

Cerco di concentrarmi nel cercare
un'altra maglia. Con la felpa addosso fa troppo caldo. Cosa c'è di difficile?

Non riesco a concentrarmi, la mia mente è attraversata da visioni.

La doccia, l'acqua scorre dolce sulle sue spalle, accarezza la loro grazia, e come cascata, schizza su ogni muscolo del suo addome.

Non esiste un bottone per spegnere i pensieri? Com'è possibile che nessuno lo abbia ancora inventato? Mi butto sul letto, da qualche parte c'era una maglia normale, ne ho a migliaia. Perché ora non ne trovo manco una?

Moki saltella al bordo del letto. Non è ancora abbastanza alto da arrivarci.

Cerco di prenderlo ma lui arretra, muove la sua codina. Vuole giocare ma non è il momento.

Continua ad abbaiarmi contro. Vuole proprio che io lo consideri.

- Moki, ora no, aspetta e dopo giochiamo- mi volto per guardarlo e ha nella sua bocca una mia maglia.

Sembra quasi che capisca la mia urgente necessità di quel indumento.

Ma è altrettanto furbo da scappare con essa, così che io finalmente lo calcoli.
Corre per il corridoio, passa sotto al tavolo in cucina e torna verso camera mia.

Lo inseguo, ci sono quasi ad afferrarlo e poi...bum.

La vista si appanna. Il naso mi fa malissimo. Cado a terra come una pera cotta.

- Cazzo però non puoi sempre correre senza vedere dove vai- ride.

- Delle scuse potevano andare bene lo stesso, tipo "scusa Ester, non volevo romperti il naso con una bella portata in faccia"- mi fa molto male il setto nasale.

- Non è colpa mia se te ne vai qua e là come una pazza, sei sfortunata che io abbia aperto la porta in quel istante, che dire piccola, sei sfortuna- ripete, ripete, sempre le stesse cose.

Perché non mi stanco di ascoltarlo?
- Lo hai già detto- mi giro con la mano sul naso. Ho bisogno di ghiaccio.

Lui mi precede.

- Hai del ghiaccio da mettere sul naso?- mi chiede dondolandosi sul posto.

- Perché ridi ora?- la sua domanda mi fa capire che mi osserva attentamente. Si avvicina, annullando quella poca distanza che ero riuscita a stabilire nella cucina.

- Mi sembri a disagio. Di solito lo sono io con te- gli faccio la linguaccia.

Prendo il ghiaccio, ma me lo strappa via.

Mi spinge contro il bancone. Mi solleva. Apre le mie gambe. Si avvicina.

Bum. Bum. Bum.

Mi sembra quasi di sentire come batte forte. Mi sembra quasi che possa sentirlo anche lui.

I 20 centimetri di distanza dei volti si dimezzano. L'aria mi manca, come se lui l'ispirasse tutta, senza lasciarne a me.

Mi pizzica il fianco.

Solo ora mi accorgo che con cautela ha posato il ghiaccio sul mio naso.

- Ti fa male? Però...nella tua sfortuna, ti è capitato un bellissimo infermiere- mi strizza l'occhio.

E mi richiede se sto bene. Non riesco tanto a parlare, quindi annuisco.

Mi osserva molto. Forse perché è vicino, ed effettivamente, gli verrà spontaneo.

Per una volta, una volta sola, mi lascio guardare: non nascondo il volto, né chiudo gli occhi.

Lascio che il suo sguardo mi catturi, come un mirino con il suo obbiettivo.

Le domande del motivo per cui si comporti così le cancello.

Seguo l'istinto. Seguo il consiglio di mio padre.

Nascondo le mie insicurezze. Mi lascio andare.

- Io non ti piaccio proprio eh?- non so cosa aspettarmi da questa mia domanda. Ho bisogno però di sapere.

Assottiglia lo sguardo, con delicatezza le sue dita spostano il ghiaccio, tamponando il mio naso.

Non so con quale forza. Non so che parte di Ester Casali sia uscita fuori ora, ma sono cosciente di spingerlo di più verso di me con le gambe, quasi a circondarlo.

- Perché me lo chiedi?- sta evitando il discorso.

- Perché non rispondi?- continuo.

Ho bisogno, inspiegabilmente, di contatto.

Avvicino il mio viso. Sento il suo profumo, un fuoco dentro mi si accende.

I miei occhi non smetteno di osservarlo, le labbra sono un richiamo peccaminoso.

Sembra incredulo.

- Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- so che sto giocando sporco, perché il mio sguardo è provocatorio, perché sto annullando le distanze, perché il mio petto aderisce a lui.

Stringe il bancone forte. Il suo capo arretra.

- Non dovresti giocare con il fuoco...potresti bruciarti- si sta controllando, lo sento.

- E se io ne avessi voglia. Se avessi voglia di giocare? - le mie capacità mi sorprendono.
Mi sento viva.

Si allontana quanto basta per incrociare le braccia. Sbuffa e ride. Ride e sbuffa.

- Perderesti- risposta secca.

Perderesti
Perderesti
Perderesti
Perderesti

Una molla scatta in me, come un campanello d'allarme, che suona, che mi avvisa che ho superato il mio limite, il mio territorio sicuro.

Ridacchio.
Ma vorrei piangere: la solita Ester è tornata. La ragione mi ha salvata.

Se non mi avesse detto quelle parole, io non avrei ricordato quanto ho già perso. E...la verità, beh, la verità è che lo avrei baciato.

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Ci eravamo quasi, un momento di follia. Pura e semplice follia.

Per Ester però, sembra quasi impossible.

La vita le ha già tolto troppo.
Si sta prottegendo, per non cadere di nuovo.

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LE STELLE DELLA NOSTRA VITA Where stories live. Discover now