XIX. Giada e Lorenzo

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GIADA

4 Ottobre 2018

Da questa prospettiva il Sanbàpolis sembra essere opprimente. I nostri tifosi sono proprio dietro alla panchina su cui mi trovo, mentre quelli della Liujo si trovano dall'altra parte del palazzetto. È una gara anche tra le tifoserie, che intonano i loro cori per incitare le proprie beniamine.
È una competizione nella competizione. Ne avevo solo sentito parlare e lo avevo osservato durante alcuni incontri di Superlega a cui ho assistito negli scorsi anni, ma trovarmici dentro assume un fascino totalmente diverso.

Siamo al terzo set e ancora non ho messo piede in campo. I primi due si sono conclusi a favore della squadra ospite, anche se abbiamo lottato di più, rispetto ai precedenti incontri. Dalla nostra parte ho visto più grinta, anche se ancora non basta. Io mi sento inutile. Sono qui, in fondo alla nostra metà campo, a braccia conserte, a osservare le mie compagne in campo, senza partecipare attivamente. Ogni tanto mi soffermo sui volti conosciuti tra gli spalti. Alice finge di dimostrarsi interessata a ciò che sta accadendo in campo, mentre continua ad osservare Simone e i suoi compagni presenti. Lorenzo invece è palesemente disinteressato al gioco: tiene il suo sguardo fisso su di me, che ricambio sorridendo. Ha fatto crescere la barba, non troppo però. Lui la adora, io la detesto. Ha trovato un ottimo compromesso, che gli fa abbandonare quel volto un po' da ragazzino, per assumere sembianze più adulte, molto in accordo con la sua mentalità rigida e sempre con i piedi per terra. Troppo, forse.
E poi c'è Simone, che chiacchiera allegramente coi suoi compagni rivolgendomi qualche sguardo, di tanto in tanto, senza accorgersi che, pochi posti più in là, la mia coinquilina lo sta letteralmente divorando con gli occhi.
Vorrei andare da Alice e dirle di smettere di immaginarsi il regista, bolzanino di nascita, al suo fianco, ma è un'irriducibile sognatrice.

Faccio qualche piccolo esercizio di stretching per le braccia, giusto per tenermi calda, se dovessi essere chiamata per entrare, evento che sfiora l'impossibilità.
Riusciamo a far nostro il terzo set, non senza fatica. Le nostre avversarie sono calate, ma il nostro gioco sembra ancora faticare a trovare i ritmi che vogliamo. Nel bene e nel male ci adattiamo al gioco delle modenesi.
Il quarto parziale si riapre con la stessa andatura dei precedenti. Mi sembra di rivedere l'Italia nel quarto weekend di Volleyball Nations League in Corea. Quelle tre partite sono state una sofferenza atroce. Una squadra di fantasmi che avevano già perso ancora prima di scendere in campo. Almeno noi stiamo lottando, ora.

- Giada. Vieni! - Coach Nicola mi indica con la mano, ordinandomi di avvicinarmi al campo per il cambio con la prima palleggiatrice, Roberta. La ragazza esce quasi irritata, guardandomi come se me ne desse la colpa.
Tesoro caro, non so che farci se l'allenatore ti toglie. Lui decide, tu esegui. Non c'è molto altro da dire.
Ovviamente entro al servizio. Come se fosse facile. Già ho addosso il peso di subentrare al posto della titolare, in più devo cercare di non sbagliare la battuta. Francesca, la banda che ora si trova in zona sei, ha sbagliato l'ultimo turno, perciò ora tocca a me interrompere la striscia negativa di errori gratuiti dalla zona uno.

L'arbitro fischia, io sospiro.
Batto il pallone per terra quattro volte, come sempre. Parto con la rincorsa per la mia float e via. La palla supera la rete ed è in campo. Uno scambio molto combattuto termina a nostro favore, grazie ad un mio muro. È il primo punto in questa avventura e sento quasi le farfalle nello stomaco, neanche fossero i sintomi dell'innamoramento.
Il mio turno di battuta però, si conclude pochi secondi dopo, grazie ad una bellissima fast della centrale modenese. Non ho neppure il tempo di respirare che Nicola ha già chiamato il cambio. Rientra Roberta, mentre io me ne torno nelle retrovie della panchina, nonostante abbia avuto buone sensazioni.
Alzo lo sguardo verso i tifosi conosciuti.
Simone mi fa un occhiolino, seguito da un sorriso, che ricambio timidamente, quasi cercassi di evitarlo. Che poi, perché continua a fissarmi? È dall'inizio dell'incontro che continuo a sentire i suoi occhi su di me e quasi mi infastidiscono.

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