XXV. Simone

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18 Ottobre 2018

- Che diavolo significa che è finita? Simone, non mi pare sia carnevale e nemmeno il primo aprile. -
Selly continua a fissarmi, immobile, in piedi davanti al divano beige, posto davanti alla televisione, nel soggiorno del mio appartamento.
Si sfrega nervosamente le mani sui jeans strappati, mentre io cerco di articolare una frase diretta, ma non troppo cattiva.
- Sono serio. È cambiato qualcosa tra noi. O, forse, sono semplicemente emerse le inconciliabili differenze di fondo che ci sono sempre state. -
- Ma perché tirarle fuori ora? Non ci sono mai stati problemi, avevamo il nostro equilibrio in tutto. Cosa c'è di diverso? -
Bella domanda. Ha centrato il punto, la bionda trentina. Io non ce l'ho una risposta a questa domanda. Non so cosa è cambiato, ma so che non voglio più essere incastrato in una situazione che mi rende inquieto e infelice.
- Hai ragione. Ma, come puoi notare, hai parlato al passato. Avevamo il nostro equilibrio. Le condizioni sono mutate e, come insegna la chimica, quando ci sono dei cambiamenti, il sistema si muove per minimizzarli. Evidentemente, per noi, la scelta per ridurre gli effetti al minimo è lasciarci. -
Cala il silenzio, inevitabilmente. Continuo a guardare lei, che mi osserva affranta, rassegnata, delusa, mentre scuote la testa. Sa bene che non sono il tipo da cambiare idea.
Infine si lascia andare ad una risata isterica, mentre stringe il pugno più forte che può, fino a che non le si intravede la vena pulsante sul braccio.
- Non venire a citarmi la chimica, ora. E, soprattutto, non parlare al plurale, perché qui stai facendo tutto tu. -
In effetti la citazione pseudo intelligente potevo anche evitarla, però il concetto mi pare chiaro.
- Non ti rendi conto che ultimamente non facciamo che litigare? -
- Tutti discutono. Siamo umani, abbiamo periodi più complicati di altri. Ma non mi pare sia sensato mollare alla prima difficoltà. -
- Questo non è il primo momento delicato della nostra relazione, lo sai benissimo. Io ci ho provato, e non è che non ho voglia di lottare, semplicemente non voglio più soffrire. E non lo desidero nemmeno per te. -
- Ti prego, Simone, non dire che lo fai per me, che questa mi sembra la stronzata più grande di tutte. -

Lo so che in questo momento sembro lo stronzo di turno, probabilmente lo sono anche, ma la verità può far male, è vero, ma sarà sempre meglio di qualsiasi bugia.

- È per entrambi. Dobbiamo comportarci da adulti, quali siamo. Non ha senso stare insieme, se siamo infelici. Perché continuare a mentire anche a noi stessi? -
- Continui a parlare al plurale. Ma in tutto questo la mia volontà? Non conta un cazzo? Che ne sai di come sto io? E se volessi continuare a soffrire, pur di stare con te? -
- Allora saresti una masochista. Forse non vuoi che ci lasciamo, ma non dirmi che tu sei felice, perché i tuoi occhi sono spenti, non brillano più come prima. Continuare questa relazione ci sta distruggendo, non lo capisci? -
- Sì, ho capito. È finita. Io ero disposta a lottare per te, per noi, ma mi sembra evidente che non la pensiamo allo stesso modo. Lasciami solo dire una cosa. Buona fortuna con Giada, o come cavolo si chiama. -
Giada? E adesso che c'entra? Qualcuno lo sa? No, perché non ricordavo che stessimo parlando di lei.
- Che? - domando confuso.
- Vuoi dirmi che non mi stai lasciando per quella nuova? Gli occhi li ho, caro signor pallavolista della Nazionale. -
- Se pensi che sia davvero in grado di lasciarti, per una che manco conosco, beh, allora non hai veramente capito niente di me. -
Come può anche solo immaginare una cosa così squallida? Sarebbe da stronzi, da egoisti senza cuore, un comportamento del genere. Capisco la gelosia e la frustrazione, ma se mi crede capace di una cosa simile, allora qui lo stupido sono io, che mi sono illuso per due anni di avere al mio fianco una persona che, invece, non ha mai imparato a conoscermi.
- Sarà il tempo a dirci se avevo ragione o meno - conclude amareggiata, mentre indossa la sua giacca di pelle nera e prende la borsa, voltandomi rapidamente le spalle.

- Te ne vai? - domando, impulsivamente.
Che domanda del cazzo è? Cosa pensi stia facendo?
- Che sto qui a fare? A dirti che hai ragione e che è meglio così? A lasciare che tu possa vedermi piangere? No, grazie. Me ne vado prima. -
Qualcosa si muove dentro di me, probabilmente l'istinto di fare una cazzata, un'altra, ma il mio cervello non si oppone. La blocco, afferrandole il braccio destro con forza. Lei si volta verso di me, esasperata.
Sì. Ho decisamente fatto una stronzata, ma la cosa non mi stupisce. In campo riesco sempre ad essere freddo e lucido, ma fuori sono l'esatto opposto. Sono la contraddizione fatta a persona. Odio l'incoerenza, eppure, a volte, nemmeno io sono coerente con me stesso. Adoro viaggiare in continuazione, ma vorrei potermi fermare. Vorrei eliminare i miei difetti, anche se so che sono proprio loro a rendermi unico.
- Ti giuro che avrei voluto un finale diverso. Io... -
La bionda scuote la testa, interrompendomi.
- Basta. Hai detto già anche troppo. Se avessi davvero voluto un destino diverso, avresti potuto lottare, ma se è andata così, forse, non ci tenevi abbastanza. Ora dobbiamo fare gli adulti, come hai detto tu, e andare avanti con le nostre vite. Ti auguro il meglio, Simone. -
Si avvicina, a darmi un dolce bacio sulla guancia, come addio. Un piccolo contatto, tenero, come quello di una mamma che accarezza delicatamente la pelle del proprio figlio. Io invece, resto lì impalato, davanti alla porta, incapace di dire nulla, nè di sbattere le palpebre.

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