XXXI. Giada

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23 Ottobre 2018

Caro Lorenzo,

Ti starai chiedendo perchè ti scrivo, piuttosto che parlarti di persona. Non lo so nemmeno io. Forse, ho solo paura che avendoti davanti non riuscirei a dirti tutto, soprattutto in questo momento, in cui i sensi di colpa per il tuo incidente mi stanno divorando.
Non ti sei fatto niente, solo qualche livido, lo so. Ma quella maledetta vocina nella mia testa continua a insinuarmi il dubbio che, se non ti avessi chiesto una pausa, appena prima di lasciarti partire, non sarebbe accaduto niente.

Ora, come saprai, inizierò uno dei miei monologhi infiniti. Hai sempre avuto una pazienza infinita nell'ascoltarmi e sappi che questa volta potrebbero toccarti gli straordinari.

In questi due anni insieme abbiamo imparato a conoscerci nel bene e nel male. Hai sempre odiato le bugie e io credo, involontariamente, di avertene raccontata qualcuna. Voglio spiegarti che non avevo cattive intenzioni, ho mentito anche a me stessa.
Credevo che un momento difficile fosse normale e, soprattutto, fosse giusto. Il nostro equilibrio perfetto ci stava portando alla routine e un cambiamento poteva essere la scossa per non arenarci nell'abitudine.

Se nelle prime settimane sentivo la tua mancanza, mi ci sono abituata, forse troppo in fretta. E non volevo ammetterlo, non potevo farlo. Non c'è mai stato niente di innaturale tra noi, persino quando mi hai puntata in discoteca sentivo che eri una faccia amica, un qualcuno di cui potevo fidarmi.
La cosa che mi ha sempre stupita è come siamo stati capaci di essere amici, fratelli e confidenti, prima di essere fidanzati. E forse è stato proprio questo il problema: questo nostro affetto profondo ha finito per primeggiare su quello che doveva essere un sentimento ben più passionale e intenso. Siamo sempre stati due pezzetti di un puzzle che si completavano perfettamente. Oggi ho capito che la nostra non era la combinazione perfetta: siamo come quei tasselli che si intersecano così magicamente, da essere un errore.

Ti chiedo scusa per l'altra sera, non avrei dovuto invitarti alla cena, per poi terminare con quel discorso. Non volevo nemmeno illuderti, se è questo che hai pensato. Non so nemmeno io perchè l'ho fatto, so solo che non è di sicuro l'idea più brillante che abbia partorito.
Continuo a ridere istericamente per essere stata così cretina.
Dovevo capire che qualcosa non andava quando non ti ho scritto per diversi giorni. In realtà, la mia testolina continuava a dirmelo che dovevo affrontare l'argomento con te e ti ho avuto davanti ben due volte, eppure non sono mai riuscita.
Hai presente il parco che ti ho fatto vedere l'altro giorno, che ho trovato un giorno in cui cercavo un po' di pace per studiare? Ecco. Cercavo di scappare da quelle pareti chiuse che, nel silenzio, facevano rimbombare la voce del cuore che mi ricordava che avevo un conto in sospeso.
Sono da sempre un'amante delle cose semplici, pulite, lineari. Dopo la maturità linguistica, ho scelto lingue per continuare il mio percorso. Ogni volta, per quanto possibile, evito i litigi, odio alzare la voce, se non in campo e adoro vivere nel mio disordine cronico. Tu in tutto questo hai trovato con naturalezza il tuo posto, senza mai alterare nulla, in punta di piedi.
Pensavo fosse questo che cercavo, era in linea con il mio stile. Quando il mio equilibrio è stato inevitabilmente alterato, cambiando città, ero certa che avremmo ritrovato la misura. E, da un certo punto di vista, lo abbiamo trovato. Ho capito che la tua presenza nella mia quotidianità è più simile a quella di un amico, che quella di un fidanzato.
Ecco, l'ho detto. Sono finalmente riuscita ad ammetterlo. Era questo che avrei dovuto dirti l'altro giorno.
Non sai quante volte mi sono ripetuta in testa il discorsetto che mi ero preparata.
Avevo in mente di raggiungerti domenica a Bolzano, visto che è prefissata una giornata libera e sappi che verrò ugualmente, anche se le circostanze saranno diverse.

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