Capitolo otto

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La campanella suonò decretando l'inizio delle lezioni e Isaac si svegliò, ancora rinchiuso nello stanzino, al freddo e la consapevolezza che una volta tornato a casa nessuno gli avrebbe potuto evitare la punizione che lo aspettava.

Suo padre doveva essere furioso! Forse lo avrebbe anche gettato nella piscina della scuola e lui non sapeva nuotare.

Prese il cellulare dalla tasca, notando con orrore che gli rimaneva solamente il 12% di batteria. La sera prima aveva pensato di chiamare suo padre per farsi venire a liberare, ma sapeva che non lo avrebbe mai fatto. Lo trovava patetico, non perdeva mai l'occasione per dirglielo, tanto valeva fargli credere che fosse da qualche parte a divertirsi invece che vittima dell'ennesimo atto di bullismo.

Scorse la rubrica fino ad arrivare al nome, indeciso se chiamarlo o meno. Si morse il labbro inferiore, indeciso sul da farsi, ma quando vide la percentuale scendere a 10 capì di dover agire in fretta.

Fece partire la chiamata.

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Elias fischiò usando le dita producendo un forte rumore a pochi centimetri dall'orecchio del povero omega ancora addormentato.

Stiles scattò a sedere spaventato, allungando la mano per afferrare la mazza da baseball che teneva tra il letto ed il comodino, pronto a colpire il suo aggressore fino a fargli perdere i sensi, ma venne bloccato da una mano rugosa stretta intorno al collo.

«In piedi, omega.» ordinò suo nonno lasciando andare il collo del nipote con un gesto stizzo, come se lo schifasse toccarlo. Stiles buttò un'occhiata all'orologio vedendo segnato nei classici numeri a neon verdi le 5.12.

Fece per andare in bagno per poterlo usare e rinfrescarsi la faccia, ma Elias lo afferrò per un orecchio tirandolo giù per le scale fino al giardino sul retro. Sul piccolo patio c'erano già tutti gli strumenti necessari per riverniciare l'abitazione e Stiles sentì lo stomaco girargli al solo pensiero di salire la scala ed essere così lontano da terra.

Si portò una mano sullo stomaco sentendo i crampi della fame, ma non provò nemmeno a chiedere al nonno di poter andare a fare colazione ben sapendo che la risposta sarebbe stato un bel secco no.

«La voglio finita prima che tu vada a scuola.» disse prima di semplicemente girare i tacchi e rientrare in casa, lasciandolo solo nella fredda brezza del mattino ancora in pigiama e per di più scalzo.

«Coraggio Stiles, cosa mai potrà accadere? Sali, dipingi e poi fili a scuola a far finta di nulla.» borbottò prendendo la scala sdraiata a terra per posizionarla contro la facciata della casa. Era un lavoretto come gli altri, doveva sopportare ancora per poco le angherie di suo nonno, a costo di fuggire insieme a Derek e nascondersi nella sua camera in college.

♠♠♠

Scott non aveva mai corso così velocemente in vita sua, nonostante la sua natura da licantropo sentiva le gambe farsi troppo pesanti e i polmoni implorare per più aria. Cercò di accelerare per arrivare il prima possibile, il lupo dentro di lui pericolosamente vicino alla superfice.

Entrò nell'edificio senza prestare molta attenzione all'uomo che gli urlò di fermarsi, sentiva il bisogno di raggiungere quella porta nel meno tempo possibile, come se ne valesse della sua stessa vita.

Svoltò quasi scivolando nello stretto corridoio riuscendo a rimanere in piedi per puro miracolo considerando anche lo stato in cui si trovava. Ancora in pigiama e senza scarpe, ma ai piedi dei semplici calzini gialli.

Toccò la maniglia della porta cercando di aprirla, ma si rese conto che fosse chiusa a chiave. Spinse con più forza fino a romperla, trovandosi davanti il ragazzo seduto a terra a gambe incrociate e un'espressione neutra in volto.

Make me fallWhere stories live. Discover now