Haralaad

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Louis stava scivolando man mano nel baratro, accompagnato dal liuto che il suo demone non aveva acquistato, bensì rubato. Disfattosi del proprio lavoro, come un indumento poco consono, troppo vecchio e sozzo, si era andata a creare un'aura tra lui e i suoi colleghi, insostenibile. Una donna si era recata a lavoro, aveva dichiarato Liam, chiedendo informazioni su Louis, sul suo comportamento e sulla sua relazione amorosa. Alche, i sospetti dei due erano divenuti concreti, determinati a esporli al diretto interessato, così da placare la loro fame di sapere, sentirsi solo rassicurati. Ma Louis li considerava impiccioni, come d'altronde, la sua vicina e aveva chiuso ogni ponte di comunicazione, rivelandosi un folle al loro occhi. Non sentiva il pentimento, il disagio scorrere a fiumi sul suo corpo solitamente ricoperto di brividi. Era diventato una bambola indifferente a quegli eventi. Lo spettatore di se stesso.

Non si accorse di star valicando il limite, neppure quando si presentò furente dalla donna, già propenso a esplodere nella violenza verbale, diramatasi poi in violenza fisica. Sarebbe finita male, anche sotto il disinteresse del giovane, se il demone non lo avesse ringuainato e portato a casa. Il giovane aveva strillato, vaneggiando. Erano loro a istigarlo, solamente loro. Lo stremavano, lo rendevano debole alla sua indole, come se fosse quello il loro desiderio ed era certo che quella donna non sarebbe mai passata dalla parte del torto, perché era lui quello che si era dimostrato senza controllo, con nemmeno un briciolo di sanità mentale in corpo. Quel giorno le gesta del demone non avevano fornito alcuna rassicurazione e Louis si era rifugiato dentro una vischiosa patina di solitudine. Chiuso, ovattato così tanto in se stesso che Harry non era più riuscito a leggere i suoi pensieri, a sbocconcellarli. Era vacuo, ciò che c'era nella sua mente. Furtivo, a volte sentiva un guizzo, riusciva a comprenderlo, per poi essere devastato da molti altri guizzi che, invece, non riusciva a distinguere. E con il passare del tempo si era rassegnato.

La mente del ragazzo era diventata un vuoto pozzo di disperazione e occhi esanime. Harry stava accarezzando le corde del liuto con le sue dita, innamoratosi sempre di più di quell'oggetto, suonandolo come se fosse un sentimento da trattare con i guanti e, soprattutto, facendolo cantare con devozione. Oscillavano le note sulla sua testa e i suoi occhi, cadevano costantemente sul gracile corpo di Louis, accucciato su una sedia, gobbo, il viso nascosto tra le gambe piegate contro il torso. Le giornate trascorrevano in quel modo, tragico. Il demone non aveva bisogno di instaurare una conversazione per sapere che il suo compagno non aveva nulla da rimbrottarli. Era nella sua pace, come Louis, la sua assurda brama di disperazione era la sua pace. Accompagnò il suono del liuto con la sua roca voce, in mugugni soavi, delicati. Erano melodie provenienti dalla sua gola, dalle sue viscere, forgiate dal miele e da un materiale ferroso, in una bizzarra combinazione. Percepì il cuore di Louis sprofondare in una palpitazione e si beò di quelle sensazioni oramai sporadiche. La melodia cullava il suo amante in modo veemente, lo portava sempre più al suo obiettivo: devastarsi. Si guardava in uno specchio di sé e prendeva lembi della sua carne, riducendoli in frammenti, che man mano divenivano polvere, distrutte dalle sue stesse mani. I suoi occhi saccheggiati dal vuoto.

A volte, sentiva i sogni di Louis vagare su quel corpo sempre più smunto, pelle e ossa, danzavano sull'epidermide linda, mappavano ogni parte senza farsi sentire e si annidavano nei suoi occhi, giacendo, costringendolo a vedere qualcosa che non esisteva. Quei sogni oscuri che, quasi, coprivano la sua vista. Louis era sempre più deciso ad abbandonare il sentiero della realtà. «Dovresti andare a fare la spesa» lo incoraggiò Harry, adagiato comodamente sul divano con il dolce strumento, il suo tono era incolore, forse anche il suo «incolore» si stava sbiadendo. «Non ne ho voglia», sollevò le spalle, alzando lo sguardo sul suo demone, mozzato il suo fiato dalla bellezza, ornata dalla semi oscurità. Le tende li racchiudevano in un buio visibile e uno spiraglio di luce pomeridiana filtrava tra un foro e l'altro, permettendo al corpo demoniaco di brillare, cupo.

Nero CherubinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora