Forever

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Louis quella mattina, risvegliatosi con una garza a fasciare la bruciatura sul braccio, si era reso conto di aver sognato un serpente a sognagli a sbranare la sua stessa coda, girando in circolo, con un'attrattiva tale da intorpidire le sue vene. Il serpente si era mutato in Louis e si era chinato con le ginocchia sulla sabbia del deserto, raccogliendo i granelli e ricolmando le ferite sulla sua pelle, come a volerle nutrire per farci crescere una pianta secca in partenza, arsa della carenza che c'era in lui. Harry sapeva benissimo cosa Louis aveva sognato quella notte, perché quella notte era riuscito a dormire, da solo e nella sua stanza, con solamente una lampada accesa, anziché due. Harry aveva sognato insieme a lui e riviveva l'evento assiduamente, attanagliato dal battito accelerato di questi e della corsa infiacchita dei polmoni.

Divenne il cuore del demone a essere svelto e il suo respiro a mozzarsi. Era stupefacente come all'apparenza fossero due semplici brandelli di carne e, poi, all'interno era come se ci fosse un mondo rinnovato o addirittura un universo, gremito delle loro emozioni, ciò che gli occhi non poteva guardare, né tantomeno venerare. Sprofondavano entrambi nella stessa anima, in sensazioni condivise e in un groviglio di unicità e potevano ammettere di sentirsi perfetti in quella che non era affatto perfezione, sguazzavano in uno stagno di marcio ma, per lo meno, lo facevano insieme. Il demone si strofinò gli occhi con le dita, così da estinguere gli ultimi superstiti del sonno. Strano, ma vero, quella notte si era fatto un'ora di assopimento e ne era uscito sgomento, poiché per la prima volta era stato controllato da Morfeo e non era stato lui a controllarlo, non ci aveva provato neppure. Il pensiero che attanagliava le sue viscere era pesante: Louis era riuscito a entrare in lui. Quello spiraglio minuscolo che teneva aperto, si era tramutato in un accesso spalancato e, così, Louis - furbescamente - si era introdotto, di soppiatto, senza chiederle il permesso. In maniera rozza, aveva divorato una delle sue paure, collocate sui fondali del suo stomaco a eruttare vivamente non appena la situazione lo avrebbe richiesto. E il demone sapeva perfettamente come ci si sentiva a essere denudati, letti dentro, come si era permesso di fare giorno dopo giorno con il minore, finché non ne era rimasto sfinito e aveva smesso di lottare. Era egoista a voler spiluccare la sua mente e ogni suo pensiero, mentre lui desiderava sentirti intatto, immacolato. Tomlinson non doveva leggerlo dentro, cavare fuori tutto il raccapricciante ciarpame e sentirsene pesato, con un macigno sulle spalle. Eppure, era molto più di non voler appesantire quel ragazzo, Harry non voleva sentirsi debole, altrimenti avrebbe trasmesso quella debolezza al suo compagno e non solo, chiunque avrebbe potuto sbarazzarsi di lui, usufruendo della volubilità che era visibile di rado nei suoi occhi. Non voleva sentirsi irresoluto, non voleva che Louis potesse scalfire la sua potenza e sminuirne l'elevamento. Angosciante ammetterlo, ma era ancora terrorizzato dal fidarsi completamente dell'altro, di abbandonarsi completamente. Ci aveva provato e Louis lo aveva ripagato con un pugno sullo stomaco e una costrizione, un'esortazione a mangiargli l'anima con quella sua vocetta fastidiosamente stridula. Perdio, Harry, a volte, avrebbe preferito staccargli le corde vocali e coricarsi in un giaciglio di spuntoni di ghiaccio, fino a lacerare le orecchie e guardare una bocca muoversi rabbiosa, ma nessun suono a fuoriuscire come un torrente asprigno. Si sollevò dal suo letto a baldacchino e sapeva che, di lì a poco, Louis si sarebbe infiltrato tra le sue lenzuola, con quell'odore demoniaco oramai impresso sulla pelle a causa sua. Avrebbe cominciato a fare fusa e a digrignare i denti come una belva, in contempo.

Poteva sentire i suoi forti pensieri e l'effluvio bucargli il cranio e non appena Louis scendeva le scale, con l'obiettivo a martellare la sua testa, Harry si era già chiuso la porta alle spalle, colpito dalla luce antimeridiana. Si mise una mano sul viso e si strinse in una smorfia snervata. Ricordava ancora, gli occhi cerulei di Louis a guardarlo con possessione e sussurrare una preghiera. Ma la sua bocca diceva tutt'altro. «Io vedo solo l'alba, a ogni ora del giorno» era un'ammissione, «ho smesso di guardare veramente le altre prospettive quando ho iniziato a marcire». Ad Harry era sempre rimasta impressa quella scena, rigirata nel suo cervello di continuo. Oramai, era passato tanto tempo, da quella confessione, eppure giurava che Louis non aveva cambiato le carte in tavola. Il tempo scorreva e le condizioni rimanevano sempre immutabili. Il tempo scorreva e la follia ticchettava, all'interno dell'orologio; ottimista com'era, era riuscita a sostituire le ore, i minuti e i secondi, impossessandosi con ardore delle menti deboli. Ma chi non amava la follia? Quella dolce circostanza di spontaneità e di menefreghismo, di cruccio. Dare importanza alle piccole cose, quelle che venivano considerati insignificanti, anziché provvedere a risolvere problemi grossi come macigni. Si morsicò il labbro, a dilungarsi ci avrebbe trascorso l'eternità. Aveva preso a camminare svelto, sparendo di qua e di là. La sua passeggiata aveva il mero scopo della rifinitura di se stesso: era intenzionato a impedire al minore di entrare nella sua mente. Gli avrebbe sbattuto la porta in faccia, dilaniando persino le sue serafiche dita, se fosse stato necessario e serrando ogni minuscolo spiraglio, avrebbe visto solamente il buio. Eppure, non dipendeva solamente da lui, ma anche dalla determinazione di questi, nel voler sapere i suoi segreti più reconditi. Si consolò con il fatto che Louis, sotto molti punti di vista, non era l'essere più determinato della terra, solamente quando gli faceva comodo. Si sedette su un'altalena del parco giochi dov'era solito andasse Louis, anche se aveva cessato di farlo, dopo l'esperienza che aveva vissuto con il demone, a ringhiare in quello stesso posto e a vomitare lacrime di rassegnazione. Quello che avevano vissuto lì, era sembrato l'inizio di qualcosa di rinnovato, che fosse migliore o peggiore o, probabilmente, una combinazione fra entrambe, era poco rilevante. Per poco il demone non rigettò cenere dalla gola: Louis stava vedendo qualcosa di inesistente, nello stesso momento in cui lui era lì a dondolarsi come un ossesso. Il ragazzo dalle ciocche biondo cenere non riusciva a distinguere se fosse la realtà o la fantasia, ciò che vedeva, ma di solito gli veniva dato qualche segno per farlo rassicurare. Harry rabbrividì, avviluppato da uno spasmo e capì che Louis stava tremando convulsamente. Deglutì l'amaro, il quale venne annodato in un groppo marcato nella sua gola, lui non aveva un cuore vivo e lo sentì battere all'impazzata, così forte da spaccargli le ossa dello sterno. Uno stormo di uccelli beccò le sue gambe, rendendole malferme. Afferrò con forza la catena dell'altalena e lasciò scappare un sospiro o, più che altro, un grugnito affaticato; parve tanto un tossico in astinenza. Ogni volta, ogni dannata volta andava allo stesso modo.

Nero CherubinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora