ESTATE 2007

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Levanto, 2007

Era l'inizio della stagione estiva.
Il momento in cui le persone avevano la possibilità di fuggire dalle città per rifugiarsi nelle località di mare.
Levanto, sin dagli anni '50, era diventata una meta molto apprezzata dai turisti.
Chi poteva permetterselo, nel corso degli anni, aveva acquistato un appartamento in paese mentre gli altri si accontentavano della classica settimana di relax.
Giugno era un mese particolarmente frenetico: la tranquillità del paese veniva spezzata dall'arrivo dei villeggianti che approfittavano delle prime giornate di sole per inaugurare la stagione dei bagni.
Per le strade si iniziavano a vedere bambini intenti a portare i loro materassini accompagnati dalle madri con addosso un copricostume.
Benché fossero solamente le nove, quella mattina tutto il paese sembrava già essere in subbuglio: erano i turisti che rovinavano completamente l'atmosfera del posto.
Questo almeno era quello che pensava Sara Cabrieli, una ragazza nata e cresciuta a Levanto che ogni estate ritornava nella villa di famiglia insieme alla figlia Eleonora.

<<Non è possibile! >> esclamò la donna spazientita, chiudendo con un fianco la portiera dell'auto <<Che cosa devono fare tutti di prima mattina?!>>

<<Io te l'ho detto che sarebbe stato meglio passare l'estate sull'Adriatico. Dicono che Riccione sia una città perfetta anche per i bambini>> disse suo marito Federico aiutandola a portare i bagagli all'interno della villa dei suoi genitori.

<<Non se ne parla proprio. Sai che Levanto per me è sacra e poi voglio cercare di sistemare le cose con mia madre>>

In realtà c'erano molte cose che la giovane donna doveva sistemare.
Negli ultimi anni aveva cercato di lasciarsi alle spalle il passato, ma i vecchi demoni tornavano sempre a tormentarla.
Aveva capito che non sarebbe mai riuscita ad andare avanti senza prima chiudere definitivamente con il passato.

<<Come vuoi>> sbuffò l'uomo dandole un leggero bacio sulla fronte <<Cercherò di venirvi a trovare il più presto possibile>>

<<Ce la caveremo bene>> gli assicurò la moglie.

Mentre parlavano, la loro bambina aveva iniziato a fare una serie di ruote nel prato della villa.
Era una bambina davvero solare: continuava a ridere e canticchiare.

<<Forza Elly, andiamo in casa>> la richiamò la madre.

<<Ma io voglio stare qua>>

<<Ti prometto che ci torniamo dopo. Forza, ormai hai otto anni, non fare i capricci>>

La bambina sbuffò portandosi dietro le orecchie una ciocca dei capelli ricci.
Quando era a Levanto preferiva passare le sue giornate in spiaggia o a giocare nel giardino piuttosto che stare in casa.
Difatti il giorno dell'arrivo (insieme a quello della partenza) era quello che le piaceva di meno.
Bisognava sistemare i vestiti, mettere in ordine i giocattoli e fare un sacco di altre cose inutili.

<<Ciao Eleonora! Ciao Sara>> esclamò un uomo non appena vide entrare madre e figlia.

Si trattava di nonno Giovanni, il padre di sua madre.
Non era un uomo di molte parole, o forse non amava parlare con la figlia perché non condivideva le sue scelte di vita.

<< Ciao papà. Come stai?>>

<<Bene. Stamattina devo incontrare Carlo per parlare di affari>>

<<Certo>> borbottò la figlia delusa <<La mamma?>>

<<Dovrebbe essere andata a Monterosso con delle sue amiche, ma non ne sono sicuro>>

<<Va bene>>

<<Come sei cresciuta Eleonora>> commentò Giovanni prima di uscire di casa.

Sara non si aspettava di certo una festa di bentornata ma quell'accoglienza così fredda l'aveva davvero spiazzata.
Fortunatamente Eleonora sembrava non averci fatto troppo caso ed era già corsa verso la sua stanza.
La stanza che ogni estate condivideva con la madre.
In quella camera erano conservati tutti i ricordi di Sara e gli oggetti più importanti della sua infanzia e della sua travagliata adolescenza.
Mentre la figlia era occupata a giocare sul balcone con un videogioco la donna si concesse un minuto per ricordare il passato.

Tutto probabilmente era iniziato quando aveva osato andare contro ai desideri dei genitori.
Il loro sogno era quello che studiasse economia e prendesse il posto del padre in azienda.
Il suo sogno invece era quello di diventare una violinista.
Era un desiderio quasi irrealizzabile che aveva però coltivato con tenacia nella sicurezza della sua camera, investendo la paghetta in strumenti e lezioni musicali.

<<Che cosa c'è in quella stanza?>> le aveva chiesto la figlia indicando la porticina accanto all'armadio.

<<Oh, è solo un vecchio ripostiglio. Probabilmente sarà pieno di ragni>>

Il ripostiglio dei suoi sogni.
I sogni che, nonostante i tanti anni di fatica, aveva dovuto rinchiudere in uno sgabuzzino.

<<Quando andiamo in spiaggia?>>

<<Quando avremo finito di sistemare>>

<<Ma non possiamo farlo fare a...>> la bambina si portò un dito alla bocca cercando di ricordare il nome così difficile.

<<Edoardo?>>

<<Sì! Proprio lui>>

<<Non è mica il nostro servo>> sottolineo Sara lasciando sua figlia perplessa.

<<Ma non lavora per i nonni?>>

<<Sì, ma non è un cameriere>> tagliò corto la donna.

Sapeva di non essere la madre migliore del mondo ( e di non avvicinarsi nemmeno lontanamente).
Diventare mamma era sempre stato un suo grande sogno: immaginava di girare il mondo insieme ai suoi pargoli, di giocare con loro e, perché no, anche di viziarli.
Da quando era nata Eleonora però si sentiva sempre e completamente inadatta a crescere e educare una bambina.
Forse perché era dovuta scendere a troppi compromessi.
Era stata obbligata ad accettare alcune condizioni per garantire un futuro dignitoso a se stessa e a sua figlia.
E questo l'aveva resa una donna infelice e frustrata.

UN PROFESSORE NELLA MIA VITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora