15. Abbiamo un accordo

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16 febbraio 1942

I giorni seguenti non furono facili per nessuno dei due.
Adhara li passò in uno stato di dormiveglia nel quale non riusciva a distinguere la realtà dal mondo dei sogni dove non faceva altro che sognare scene agghiaccianti in cui tutte le persone a cui teneva morivano in modi atroci. 
Tom non ebbe più sue notizie in quanto Druella lo evitava come un appestato e nessun altro sapeva dove fosse finita.
Decise di tentare di chiedere al professor Lumacorno perché sicuramente lui sapeva dove fosse.
Dopo la lezione di pozioni si fermò ad aspettare che gli altri se ne fossero andati per avvicinarsi alla cattedra del professore.
-Professore...mi chiedevo...- disse fermandosi a pochi passi da lui.
Lumacorno alzò gli occhi dalla pergamena sulla quale stava scrivendo e si levò gli occhiali guardandolo in modo interrogativo.
-Mi chiedevo se avesse notizie riguardo alle condizioni di salute di Adhara. Manca da molto a scuola ormai...-
-Mio caro ragazzo, Adhara si trova in infermeria da ormai 4 giorni...è stata molto male...- disse con una faccia alquanto dispiaciuta.
Perché non ci aveva pensato prima? Ovviamente doveva essere lì!
Tom fece uno dei suoi soliti sorrisi di circostanza.
-Pensa che potrei andare a trovarla?- chiese.
Il professore sorrise leggermente.
-Tentar non nuoce...- disse solamente prima di tornare a ciò che stava facendo prima di venire interrotto.
Tom uscì dall'aula e si diresse subito in infermeria
In quel momento era deserta, quindi ne approfittò per sgattaiolare dentro.
Tutti i letti erano vuoti, tranne l'ultimo in fondo alla stanza, nel quale un'esile figura era seduta con svariati cuscini dietro la schiena. Aveva lo sguardo perso nel vuoto rivolto al panorama fuori dalle finestre e la pelle pallida. Le sue labbra erano tutte screpolate.
Si avvicinò cautamente finché lei non si accorse della sua presenza e si voltò verso di lui.
Adhara rimase impassibile e continuò a guardarlo fisso. A Tom vennero i brividi.
-Come ti senti?- azzardò lui.
Lei fece spallucce.
-Bene.- mentì.
Calò un silenzio pesante e Tom prese una sedia per sedersi accanto al suo letto. 
Dopo un'infinità di tempo, quando non sopportò più di essere inchiodato dallo sguardo di Adhara provò a parlare.
-L'altra sera...- mormorò per poi essere subito interrotto da lei che mise la propria mano gelida sulla sua per bloccare qualsiasi cosa avesse intenzione di dire.
-No. Per favore.- si limitò a mormorare per poi voltare il viso nuovamente verso le finestre.
Era incredibile quanto Adhara avesse la capacità di farlo sentire a disagio e insicuro, privo di parole adatte come se gli venissero risucchiate via dalla lingua proprio prima di pronunciarle.
Piano piano la ragazza si sentì scivolare nel sonno e l'ambiente circostante si fece sempre più sfocato per poi sparire del tutto.
Si addormentò e Tom rimase accanto al letto per ore senza staccarle gli occhi di dosso.
Avrebbe voluto parlare con lei, chiederle dei chiarimenti, spiegarle come mai fosse esploso in quel modo. Lui, che mai nella vita avrebbe pensato di sentirsi in colpa per qualcosa, in quel momento si sentiva terribilmente vulnerabile. La sofferenza di Adhara lo rendeva terribilmente vulnerabile. E si odiava per questo. Si odiava per la propria debolezza di fronte a una stupida ragazzina ma si odiava altrettanto per averla fatta stare male...nonostante Tom fosse convinto di aver fatto la cosa giusta per rimetterla al proprio posto.
Appena il sole tramontò, l'infermiera gli intimò di tornare nel proprio dormitorio. Era decisamente arrabbiata per quella sua incursione e Tom si scusò con la sua migliore faccia da poker promettendo che non sarebbe mai più successo.
Prima di andarsene posò sul suo comodino ciò per cui era andato lì.

Quando la ragazza si svegliò, la sera era ormai calata ed era sola. Lui se n'era andato.
Si tirò su a sedere a fatica e il suo sguardo cadde sul comodino alla sua destra.
C'era appoggiata una cartelletta nera. La prese e l'aprì.
Al suo interno, scritti con una calligrafia elegante e ordinata, c'erano tutti gli appunti scolastici della settimana appena passata. Sperando che nessuno la vedesse, annusò i fogli desiderando sentire il suo profumo. Non ne restò delusa: sapevano di inchiostro e di lui. Un profumo che le faceva pensare di camminare in una foresta quando piovigge e c'é uno strato sottile di nebbia che rende tutte le cose sfocate. Un odore notturno ed estremamente potente, travolgente come il fascino del possessore di quell'odore. L'adrenalina di un tuffo nel vuoto, la sensualità dell'oscurità.
Quell'odore che aveva sentito tante volte mentre studiavano assieme o leggevano in silenzio. Quell'odore che ogni tanto, durante la lezione, la distraeva. Era lì, su quegli appunti, come a testimoniare che fossero realmente stati in mano sua. Che avesse realmente speso il suo tempo per ricopiarli per lei.
Ad Adhara scappò un leggero sorriso e si portò la cartelletta al petto chiudendo gli occhi e sospirando.
A Tom importava. Nel suo modo malato, si, ma gli importava.

Amortentia - A Tom Riddle StoryWhere stories live. Discover now