Capitolo 3

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Mentre torno verso casa, ripenso a quell’unica frase sensata, detta da mia madre in merito alla lettera. “Lui deve sapere ciò che provi. Non nasconderti, mia cara. “ 

Non so se ricordava tutto, di quelle parole lette. Parole che avevo buttato giù quella stessa notte, che David era diventato mio. Ogni minuto, avevo l’impressione di averla persa e ogni secondo che alzavo lo sguardo per cercare in lei risposte, avevo la certezza che non era presente. Volevo risposte a domande mai fatte. Ma sono talmente ridicola e non mi rendo mai conto fino a quando non vado via, che cerco solamente un ulteriore contatto per sentirla vicina a me. La sua memoria mi manca. Mi mancano quei consigli, da donna vissuta. Mi manca la mamma che nonostante avessi avuto una giornata terribile, mi abbracciava e mi consolava. Ricordo ancora quei giorni, in cui il mio unico pensiero era la scuola e le mie prime cotte da teenager. Si sdraiava al mio fianco. Sul quel letto di giovane adolescente. Mi cullava e stringeva a sé, per ore. Mi sussurrava all’orecchio parole dolci e affettuose; come solo una mamma riesce a fare. Desidero tanto rivivere solo per un’istante, ancora uno di quei momenti. Ma purtroppo questo non è più possibile. Oggi al suo fianco mi è sembrato solo per un breve momento, di aver avuto in qualche modo; una specie di contatto madre e figlia. Per trenta secondi è come se fosse tornata la mamma di cui ho sempre avuto bisogno e che per anni è stata al mio fianco. La mamma che al mio rientro da scuola, era lì pronta ad afferrarmi e avvolgermi in uno dei suoi fortissimi abbracci. In quella semplice sua risposta, ha fatto scattare di nuovo in me, qualcosa che per troppo tempo non sentivo più.  Anche se è stata una risposta alquanto scontata; mi ha comunque dato modo di riflettere. 

Da tempo sapevo che l’unica soluzione fosse sempre stata quella. Quella di parlare e mettersi uno di fronte l'altro, per ricreare insieme quel semplice: noi. 

Quel contatto che ormai si è perso da troppo tempo. In me ha unito il tutto, con una semplice frase. In unica parola, mi dato modo di ricostruire un insieme del puzzle. 

Quello stesso puzzle che un tempo raffigurava me e David felici. Ripenso e ripenso a noi. Per mesi, mi sono allontanata da lui; dandogli la colpa di tutto. Mi sono rifugiata nella mia stessa disperazione e non gli ho mai detto quanto quel giorno avessi sofferto; se bene lui stesso, sapesse quanto dolore stavo colmando. Sono stata una emerita egoista. Ho pensato solo al mio di dolore. Ho lasciato che mio marito affrontasse il dolore di entrambi. Non mi sono preoccupata di altro, se non che di me stessa. Quel giorno, in quel letto di ospedale il mio mondo si è fermato e non ha più ripreso a scorrere. Per me esisteva solo il mio dolore e non ho dato peso ad altro. Non ho minimamente pensato, che anche lui ne avesse potuto soffrire. Gli ho gettato odio, dolore e disprezzo per l’accaduto. Lui non era il colpevole. Ma è come se io stessa, avessi trovato il modo di gettare a qualcun altro tutto l’odio e la colpa che portavo dentro. Incolpando lui, pensavo di stare meglio e che avrei sofferto meno. 

Invece non è stato così. Tutt'oggi lascio che mio marito, si senta in colpa per quel tremendo e abissale dolore ed invece devo smetterla di farlo sentire così. Lui ha bisogno di nuovo di sua moglie. 

La sua Emma deve tornare ad amarlo, consolarlo e accudirlo. Ed infine affrontare il dolore che entrambi portiamo nei nostri cuori, insieme. Semplicemente amandoci. 

°°°°

06 Settembre 2015   

Apro gli occhi. Il mio stupendo, sexy e meraviglioso marito, dorme al mio fianco beato. Mi alzo cercando di fare piano per non svegliarlo. E’ così protettivo e dolce nei miei confronti. Specialmente da quando ha saputo di diventare padre. Al ricordo di quella notizia, il mio viso si contrae in un tenero sorriso. Il terzo mese di gravidanza è ormai cominciato e nonostante le forti nausee che ogni mattina si presentano, sono felice di questa vita. Il mio passato è stato alquanto burrascoso. Sono dovuta crescere alla svelta e non ho avuto modo di vivere e affrontare i cosiddetti: “drammi adolescenziali.”  Sono diventata un'adulta tutta insieme. Mi sono sempre data da fare, soprattutto dopo la malattia di mia madre. Sono arrivata ad avere una vita, che per me adesso, vale la pena di essere vissuta. Mi sono sposata con uomo che mi ha fatto capire cos’è davvero amare. Mi sento fortunata, perché oggi, sono una donna realizzata in tutto e per tutto. Inoltre diventerò una madre e questo mi rende orgogliosa. Mostrerò a mio figlio, tutto quello che la vita gli potrà offrire. Gli insegnerò tutto quello che mia madre, mi ha insegnato nella vita. Al mio fianco, lui o lei crescerà con la consapevolezza, che sia io che suo padre lo terremo sempre per mano; conducendolo al traguardo di una vita felice. Mi alzo e mi soffermo davanti allo specchio. Spostandomi su un lato guardo la mia pancia che piano piano si sta formando. I miei occhi brillano di gioia. Di solito le donne con l’inizio dell’aumento di peso vanno in crisi. Invece io, ammiro quella pancia come fosse, il dono più grande. Inizialmente non presi bene la gravidanza, ma non perché non voglia avere figli; solo per la mia giovane età. Se ci pensate mi sono sposata all'età di 23 anni. 

In ogni mio ricordo -Versione Estesa Su AmazonDonde viven las historias. Descúbrelo ahora