L'Erede (Sequel di Quella Notte Il Destino Fu Deciso)

8. Dolci timori e nuove complicazioni

Delicia si gettò sopra il gran letto, il viso sprofondò sul tessuto del cuscino, sentì il desiderio di scomparire, una strana voglia di essere lontana da tutti e da tutto si era impossessata di lei.
Via dal luogo in cui era nata e cresciuta; aveva voglia di dissolversi nel nulla e sprofondare nell'oblio.

Janelle aprì il portone ed entrò in tutta fretta. «Congratulazioni sorella, adesso anche la regina francese ti favorisce», disse adirata, con il fuoco dell'invidia che le divampava tra gli occhi.

Delicia si alzò lentamente, si voltò a guardarla stizzita e rispose: «Cosa ti prende? Vorresti essere stata tu quella scelta come moglie per un cugino di cui non ricordiamo neanche il volto e finire in un luogo di cui abbiamo calcato il suolo una volta in vita nostra, quando eravamo solamente della bambine?»

«Ah sì, povera. Povera la martire di mia sorella. Sarà senz'altro un gran fardello sposare il giovane principe ed erede al trono di Francia.»

«Janelle basta! Vuoi essere tu quella scelta per Lucien? Vai, ti cedo volentieri il mio posto.» Il silenzio piombò tra le due, l'altra abbassò lo sguardo finora paonazzo. «Scusami, non è colpa tua se non vengo considerata dai parenti solo per essere nata un anno dopo te.»

Delicia si passò le dita tra i capelli scrutando la sorella. «Vorrei avere almeno metà del tuo risolutismo e della tua intraprendenza.»

Janelle sorrise a quel complimento e si appoggiò di schiena alla porta incrociando le mani. Era divenuta di qualche centimetro più alta di Delicia, gli occhi sempre attenti e vispi, di indole allegra, ma troppo sfrontata agli occhi di genitori e parenti. Non era conosciuta per essere dolce e remissiva come si addiceva a una fanciulla in età da marito, troppo schietta per far finta di arrossire ad un complimento di qualche giovane e poco incline all'obbedienza.

«Qualche giorno farai andare in crisi i nostri genitori», proruppe nuovamente la maggiore.

Janelle sbottò in una risata. «Ah ti capisco, anch'io se non fossi me, vorrei essere me.»

Delicia si alzò dal letto e andò verso la sorella trattenendosi dal ridere. «Sei una megalomane.»

«E tu una frignona!» rispose corrugando la fronte.

Le due scoppiarono a ridere, Delicia gettò le braccia al collo della sorella. «Cosa farai?» sussurrò Janelle aguzzando la vista sul viso dell'altra, come per percepire la verità prima di sentirla pronunciare.
«E cosa dovrei fare? Non posso mettere a rischio l'equilibrio della nostra Inghilterra per un capriccio. Siamo le nipoti del re, sapevamo che presto o tardi sarebbe avvenuto questo.»

Janelle si sentì investire da un insolito fastidio, la sua mente non smetteva di formulare pensieri rabbiosi contro la sorella e la tanto discussa zia di Francia. Si rimproverò per l'astio che provava in quel momento contro l'altra, cercando di convincere se stessa che era una cosa più che logica che Thea avesse optato per la primogenita.

«E Maggie?» chiese perplessa.

Delicia sbuffò. «Nostra cugina non è ancora in età da marito, ha a malapena dodici anni, suvvia!»

Janelle in un primo momento avrebbe voluto ribattere che c'erano ragazze anche più piccole che già erano convolate a nozze, con l'accordo che la prima notte fosse stata consumata solamente dopo che la fanciulla avesse avuto il primo ciclo, non era molto usale, ma talvolta capitava. Però dovette concordare con quell'affermazione e anche se fosse stata scelta Maggie in quanto figlia del re, lei sarebbe rimasta sempre nella medesima situazione. Certamente non aveva nominato la cugina per evitare alla sorella un matrimonio non desiderato, ma per cercare una qualche idea per far prendersi lei in considerazione per quelle nozze, ma nulla, aveva solamente constato che per questioni di stato, tra qualche anno, ci sarebbe stata anche Maggie prima di lei. Capì che se doveva far qualcosa, doveva farla alla svelta.