Un "volo" di non ritorno

252 25 60
                                    

“I sentieri della vita erano come le rotte di

un aereo, nessuno sapeva dove

fossero”

(Francis Scott Fitzgerald)














Ero sempre stato quello figo nella mia scuola, quello a cui nessuno torceva un capello, non perché ero cattivo o ero un bullo, semplicemente perché ero figo. Era proprio questo il problema, per le persone ero solo quello che se la faceva con le tipe giuste, quelle sexy e facili. Lee però non era cosi, no, a lei dell’aspetto non fregava niente ma era comunque una grandissima stronzona, una di quelle a cui chiedi se può farti da router e ti dice che ha APPENA finito internet, mentre due secondi prima pubblica un set fotografico che neanche Depp alla notte degli Oscar. Lei era cosi, non bugiarda, solamente stronza e diffidente, ma chi poteva biasimarla?

CONOSCENZA

Mi ero appena svegliato, e l’odore di frutti di bosco invase il mio naso. Odiavo i frutti di bosco ma ogni stagione mia madre adorava andare a raccoglierli sotto il sole che picchiava, e solo dio sa come facesse. Colazione tipica americana: pancake con sciroppo d’acero e i famosissimi frutti della mamma.

Il mio posto a tavola era sempre lo stesso: comodo, strategico ma soprattutto ventilato d’estate e accogliente d’inverno. Dietro di me c’era il forno, perciò se fosse stato acceso il 4 luglio sarei morto dal caldo ma dal momento che mia madre soffriva il caldo in maniera esagerata, il forno il 4 luglio non veniva acceso, perciò d’estate era perfetto; in più, vicino alla parete del forno c’era l’unica presa dove veniva attaccato solitamente il ventilatore che mi permetteva il fresco che volevo e la maggior parte delle mie broncopolmoniti.

- Tesoro, buongiorno ti sei svegliato finalmente! – disse mia madre mentre preparava le uova a mio padre.

- Jen, amore oggi è domenica, Michael può permettersi un po’ di riposo.
Mio padre è il tipico signore di mezza età che aspetta alle 6 di mattina l’uomo della posta che gli consegni il giornale settimanale a cui è abbonato dal oltre 10

anni: “Car, better than woman”.

- Mamma, papà, buongiorno anche a voi.
Mentre mangiavo i sudati frutti di bosco della mamma, nella casa davanti a noi c’era un gran trambusto, di quelli che si vedono solo sui programmi come “Aiuto pulizia casa”. C’erano scatoloni ovunque, montagne di scatoloni e un camion

piazzato davanti all’edificio con su scritto “TrasLOCO, con noi i tuoi viaggi sono pazzi e veloci!”.

Poi da dietro il furgoncino comparse una ragazza minuta, parecchio bassa ma tenera; aveva i capelli neri e lisci e gli occhi a mandorla. Pensai che dovesse essere asiatica, poi però comparvero i suoi genitori che non avevano affatto i suoi occhi a fessura, perlomeno gli occhi del padre da lontano non erano così accentuati.

- Mich che stai guardando? – mia madre mi diede due pancake.

- C’è aria di trasloco ma’?

- Oh sì figliolo – dichiarò mio padre- Sembra che la famiglia Chen si sia appena trasferita, capisci! cinesi e come si osa dire – disse facendo l’occhiolino – nella botte piccola c’è il vino buono.

Mia madre fulminò mio padre con una sola occhiataccia che bastò a rimetterlo in riga.

Alzò le mani come per dichiararsi innocente e la conversazione finì lì.

Stavo uscendo di casa per andare a comprare la birra e nel frattempo mi ero acceso una paglia. Nonostante mia madre sapesse che fumavo non le era mai davvero andato giù il fatto che “mi rovinassi i polmoni cosi”. Faceva male si, portava al cancro al 45% dei casi? Forse, ma a me faceva sentire bene.

Mentre camminavo guardando basso andai a sbattere con la vicina “del vino buono”.

- Non guardi dove vai? – le gridai scaricando la cenere.

Almeno io non mi guardo i piedi quando cammino – mi disse in tutta risposta. Ma fottiti

- Ehi  – mi gridò –  Mi chiamo Lee e non puoi parlarmi cosi.

- Lee come li o la o qui o qua? – risi.

La ragazza mi guardò con un’aria incazzata. Forse aveva sentito troppo spesso questa battuta o forse semplicemente non voleva assomigliare ad una barzelletta.

- Mi chiamo Lee Chen, e voi americani siete cosi scontati. Provengo da una nobile dinastia cinese di comb…

- Si ok ho capito, sei una di quelle che “pallano cosi” e se la tirano? Infondo sei
alta una lattina e una vigorsol – gli sputai il fumo in faccia.

Mi guardò con sufficienza come se potesse leggermi dentro, come se potesse davvero capire il motivo della mia prepotenza o forse solamente perché non aveva altro da dire.

Fece un gesto furtivo con la mano per spostare il fumo e tossì prepotentemente.

- Gli insulti vanno bene…

- Michael

- Michael, ma il fumo in faccia non lo sopporto.

- Scusa mamma, comunque piacere. – la sfottei.
Mi tese la mano ma non la strinsi, la guardai solo, cosi la ritirò quasi sconsolata.

Feci un altro tiro di sigaretta.

Una cosa da ammettere c’era, seppur piccolina aveva un suo fascino. Quei tratti asiatici degli occhi, seppur stonati al primo sguardo, le donavano alla perfezione. Erano quasi paragonabili alle tele di Pollock, sapete no come sono fatte? All’apparenza senza alcun senso, poi però ognuno li interpreta a modo suo e l’effetto

è sempre diversamente travolgente. Poi c’erano i capelli, neri corvini che le incorniciavano il viso in modo perfetto, quasi fossero stati dipinti secondo una logica complessa dopo prove e prove di colore.

Da dietro il cespuglio di casa dei vicini comparve una signora bassa e mora con una crocchia ornata da due bacchette infilzate in mezzo allo scompiglio dell’acconciatura a scopo decorativo o culturale; infondo io non sapevo niente sugli usi e i costumi dell’oriente. In ogni caso era sicuramente la madre della mia nuova conoscenza. Buttai la sigaretta ormai consumata e la pestai con la scarpa.

Sventolando la mano e gridando il nome di sua figlia si fece notare persino dal vecchietto della casa affianco che tosava il prato probabilmente infastidito dalle grida mattutine.

Lee fece finta di niente forse imbarazzata, ma non poté fare a meno di rispondere al richiamo materno.
-Dio santo - sussurrò - Che c’ è Muqin?

Era quasi scontato che quella strana parola pronunciata da lei con abilità volesse significare “mamma”.

- Visto che stavi parlando con questo bel ragazzo e visto che non abbiamo la cena che ne dici di farti accompagnare da lui al supermercato così ti ambienti anche un po’? – pronunciò le parole “parlando”, “ragazzo” e tutto ciò che avesse una erre di mezzo con uno strano accento.

- Oh merda ero uscito per comprare solo due stupide birre e ora sono diventato uno chaperon privato.

- Ascolta, MICH, ora tu farai felice mia madre e te ne starai zitto – mi ordinò a denti stretti.

- Va bene Muqin a dopo!




®®®
Salve a tutti miei carissimi lettori❤️ sto partecipando ad un contest organizzado da Ceelemasisa chi volesse partecipare le iscrizioni sono ancora aperte🙏🏻

Airplane. Le ali sono fatte per volareDonde viven las historias. Descúbrelo ahora