Un funerale cinese

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Il parco vicino al cimitero dove si sarebbe consumato l’ultimo saluto a Lee, era poco lontano da casa mia, ma scelsi comunque di prendere la macchina per non perdermi neanche il primo minuto della celebrazione.

Dopo qualche insulto da parte di un’autista e una rotatoria, arrivai nel parcheggio proprio accanto al parco.

Parcheggiai Berta sotto l’ombra di una centenaria quercia che serviva per ripararla dai raggi del sole e per “oscurare” la mia presenza. Prima di scendere, accaparrai i miei averi che mi sarei tenuto in braccio fino a che non fosse stato il momento, e mi addentrai in quella splendida avventura.

Appena entrai nel parco, mi rifugiai dietro un albero con la corteccia bella tozza per evitare di farmi vedere, poi iniziai ad osservare la situazione.

C’erano molte persone mai viste, credo parenti dell’Oriente. Riuscivo a riconoscere solamente mia madre, mio padre e la signora Kai in evidente lutto.

La prima cosa che attirò la mia attenzione fu una piccola cella chiusa a chiave che proteggeva chissà quale strano oggetto, poi vidi una tomba di marmo alta più o meno un metro e mezzo decorata con caratteri rossi, munite di due lastre orizzontali ai suoi piedi e avente due foto incastrate in una piccola nicchia, tra cui la prima sfoggiava una Lee di qualche anno più piccola con uno dei suoi sorrisi smaglianti. Non capii per chi fosse la seconda foto, da lontano era difficile entrare nel dettaglio. Per mia fortuna, la curiosità prese il posto della disperazione per tutto il tempo della celebrazione.

Scorsi una piccola apertura sulla lastra verticale non troppo grande, e mi domandai che cosa sarebbe mai dovuto entrarci.

Vidi un gruppo di sei o sette persone, tra cui Kai, avvicinarsi alla tomba con qualcosa in mano e starsene fermi. Probabilmente erano i parenti più stretti venuti dalla Cina. Un uomo vestito anch’esso di bianco vicino al nucleo familiare sparò con una pistola ben tre razzi verso il cielo che andarono a provocare una forte esplosione di colori.

Diciamo che uno spettacolo di fuochi non faceva al caso mio dato il mio umore, ma finora la tradizione non mi dispiaceva: era particolare.

Intravidi la signora Chen dare il via ad uno strano rito, come se già tutto quello che stavo vedendo non fosse abbastanza bizzarro.

Vidi tutti i parenti che si erano avvicinati, sollevare la lastra marmorea della tomba e inserire dei piccoli pezzetti di carta gialla a forma di barca. Pensai di aver visto male, infondo non ero vicinissimo.

Poi, dal nulla, diedero fuoco all’intero sepolcro.

Sgranai gli occhi per vedere meglio. Sapevo che era stato tutto programmato, che doveva andare così, ma per un attimo mi assalii un brivido di panico. Nonostante il fumo e il fuoco, i parenti continuavano ad alimentare il fuoco con quegli strani pezzetti di carta gialla.

Qualche secondo dopo aver alimentato la fiamma, i parenti provvederono a spegnerla totalmente.

La signora Chen prese uno strano vasetto contenente una polvere bianca e la sparse sopra le cenere di quelli che una volta erano delle barchette gialle.

Era come se il loculo venisse usato come un grande pentolone, e l’idea mi fece passare quella poca fame che avevo.

Poi la madre di Lee si avvicinò alla cella che avevo visto quando ero arrivato, e con in mano un panno rosso, l’aprii delicatamente tirandone fuori una piccola urna. Sentii come un cazzotto sullo stomaco e mi piegai per via di alcuno conati di vomito. Gli oggetti mi caddero dalle mani sporcandosi un po’ di erba.

Riuscii a respingere gli sforzi di stomaco, ma dovetti impiegarci alcuni secondi per capire che non avrei mai più rivisto il corpo di Lee, e forse era meglio così.

Ormai quella ragazza era diventata cenere, l’avevano cremata. I suoi bei occhi pieni di vita ma neri come la pece non esistevano più. Le sue piccole e fragili manine non c’erano più. Lei non c’era letteralmente più.

Kai avvolse l’urna in quel panno di seta, poi un’altra signora della stessa età della prima, l’aiuto a sigillare il vaso in un contenitore di plastica che misero dentro la tomba insieme a banconote e spiccioli.

La situazione stava davvero diventando ridicola, ma capii che se volevo dare il mio contributo mi sarei dovuto avvicinare.

Mi incamminai verso i miei genitori che stavano poco distanti dal loculo e mi misi esattamente dietro di loro cercando di non farmi sentire.

Qualche parente mi lanciò delle occhiatacce come se fossi un imbucato o un pazzo sadico che si divertiva con strani modi.

Kai mi notò subito. Ora ero abbastanza vicino per poterle vedere gli occhi rossi e gonfi e il viso rigato di lacrime.

Mi regalò un dolce sorriso che mi ricordò molto quello di Lee e mi sussurrò un grazie per poi rivolgere lo sguardo altrove. La cerimonia doveva continuare e lei non poteva starmi dietro.

Kai annunciò con enfasi spettrale l’arrivo di uno strano personaggio. Lo capii da solo che sarebbe subentrato qualcun’altro, perché la notizia fu data in cinese.

Uno strano tizio calvo e con barba legata da un piccolo elastico armato di compasso, iniziò a smaneggiare sopra la tomba per chissà cosa, poi con un’enorme sorriso che stonava con il contesto, si rivolse al pubblico con un pollice all’insù.

Chiusero il sepolcro con la lastra di marmo che pochi minuti prima avevano tolto, poi come se niente fosse si misero a mangiare sopra questa.

Iniziarono ad apparecchiare tirando fuori carne, pesce, e altre pietanze senza farsi mancare il vino, e non so perché, in un momento così triste mi riaffiorò il ricordò del Cabernet Sauvignon.

Dopo il lauto pranzo, o colazione, che i parenti poterono godersi, iniziare a dare fuoco ad altre barchette gialle e con aggiunta, stavolta, di altri pezzenti di carta argento.

L’ultimo passaggio che eseguirono prima di salutare definitivamente la tomba, fu sigillarla con la calce e sparare altri mini razzi per non so quale ragione.

Lanciai un veloce sguardo a ciò che tenevo in mano, poi guardai Kai come a chiederle il permesso di intervenire, e lei, in tutta risposta, mi sorrise e mi annui schiettamente.

Mi feci spazio tra la gente per dirigermi verso quello che ormai rimaneva di Lee. E davanti quella lastra di marmo mi inginocchiai rimanendomene zitto. Appoggiai il ritratto e l’areoplanino sopra il sepolcro, ma tenni stretta in mano la bandiera.

In quel momento tutto si fece silenzioso. Riuscivo a sentire i fiati sospesi di tutti i presenti in attesa di vedere ciò che avrei fatto.

Misi una mano sulla fredda lastra di marmo, e in un momento diventò una cosa molto intima. C’eravamo solo io e lei.

Airplane. Le ali sono fatte per volareWhere stories live. Discover now