Settimo Giorno

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Avevo comprato un vestito stupendo a Firenze e così me lo stavo provando, era blu, senza spalline e non tanto corto ma nemmeno tanto lungo.
Era veramente meraviglioso, mi stavo guardando allo specchio sorridendo.
La prossima tappa era Los Angeles.
Ero così felice di visitarla ma la felicità durò solo pochi istanti, il dopo si trasformò in tristezza.
Ad Alvin mancavano pochi giorni e lo sapevamo tutti, fare finta di niente era una cosa che lui voleva che facessimo.
Ma era così difficile non piangere.
Era uscito con suo padre e aveva detto che era stato benissimo.
Sentii la porta del bagno aprirsi e così mi girai guardando suo padre e lui.
Gli aveva fatto la doccia.
"Ciao Mia, stai benissimo" mi disse Malcom facendomi un sorriso sincero, lo ringraziai e così ci lasciò soli dicendoci che tra venti minuti dovevamo scendere di sotto.
Guardai Alvin, indossava una camicia celeste enorme che però gli stava molto bene e una tuta nera.
Era veramente bello, gli sorrisi ma lui era incantato su di me.
"Firenze era stupenda ma tu lo sei ancora di più con questo vestito. Sembri una Dea scesa in terra per portarmi all'inferno. E ti seguirei volentieri mia amata." Le sue parole mi fecero avvampare subito, ero sorpresa, innamorata e vogliosa di stringerlo e baciarlo per sempre.
"Alvin! Mi fai arrossire!" Esclamai ridendo come una bambina, lui mi sorrise.
"Arrossisci pure amore, sei una Dea e sono felice di viverti" i miei occhi si inumidirono.
"Smettila che mi metto a piangere e lo sai"
"Lo so tesoro, ma devi capire che sei perfetta"
Mi avvicinai a lui con gli occhi lucidi e gli accarezzai una guancia sussurrando:
"Si?"
Lui annuì sorridendomi raggiante, si stava sciupando sempre di più ma quel dannato meraviglioso e splendido sorriso che amavo tanto era sempre lì a incorniciare quelle labbra che un tempo erano carnose che erano diventate sottili e screpolate.
"A cosa pensi?" Mi domandò dolcemente, mi asciugai le lacrime e mormorai:
"A te"
"Beh, spero tu stia pensando al mio cazzo" ridacchia nervoso, apprezzavo così tanto che volesse farmi ridere in un momento così di merda e così feci un piccolo sorriso e gli sussurrai all'orecchio:
"Quello sempre, amore" lo sentii gemere e boccheggiò, gli baciai il pomo di Adamo e così ansimammo e mormorai:
"Ricordi quanto amavi quando ci passavo la lingua sopra?" Lui annuì stringendomi un fianco, la presa era forte ma debole.
Sentimmo qualcuno tossire e così mi girai imbarazzata e sua madre ridacchiò.
"Scusatemi ragazzi, dobbiamo andare in aereo, sennò lo perdiamo" annuimmo e mi schiarii la voce sussurrando arrossendo:
"Arriviamo"

Arrivammo in aeroporto, Alvin stava parlando con suo padre che lo ascoltava attentamente.
Stavano parlando di calcio, mentre io non capivo niente di ciò che dicevano.
"Questi maschi eh" esclamò Amanda facendomi ridacchiare e annuii ammirando Alvin che sorrideva come un bambino.
"Già, questi maschi" mormorai triste, lui incontrò il mio sguardo e mi mandò un bacino.

Salimmo in aereo, Malcom e Amanda erano tre file dietro di noi, Alvin si era accoccolato a me.
"Cosa vuoi fare amore?"
"Quello che voglio fare, non si può fare" mi disse alzando le spalle e così sorrisi triste.
"Ma sei un maiale eh" volevo farlo ridere.
"Lo so piccola, ma tu ami quando sono un maiale" amavo sempre quel ragazzo e lui lo sapeva, amava sentirselo dire.
Lo faceva sentire importante, lo faceva sentire vivo, me lo aveva detto qualche volta.
"Io ti amo sempre, coglione" mormorai mentre la sua mano giocava con l'elastico della tuta facendomi ridacchiare.
"Sai cosa vorrei fare?" Chiese maliziosamente.
"Cosa Alvin?" Domandai curiosa.
"Vorrei infilarti la mano dentro agli slip e farti venire come se non ci fosse un domani"
Trattenni un gemito stringendo le gambe e lui sorrise triste baciandomi la punta del naso.
"Continua" ansimai e così lui sussurrò con la voce roca al mio orecchio ogni cosa che volevo sentirmi dire.
"Ti piace quando faccio il maiale eh? Vorrei entrarti dentro e muovere così veloce il bacino così da farti urlare a squarciagola quanto ce l'ho grosso, piccola maialina" gli strinsi un braccio magro, prima era diverso, mi attaccavo come una cozza ai suoi bicipiti affondando le unghie nella sua carne urlando di piacere.
"Con-ti-nua" e lui lo fece, continuò fino a portarmi al culmine del piacere, nascosi la testa nell'incavo del suo collo e ansimai.
"Grazie" sussurrai piano piano cercando di riprendere il controllo di me stessa, lo vidi sorridere e poi mi abbracciò e si addormentò.

Arrivammo a Los Angeles e rimasi allibita da quella città, era gigantesca ed era veramente meravigliosa.

La visitammo mentre la nostra guida turistica (Alvin) ci spiegava ogni cosa riguardante quella città facendoci ridere, divertire e stare bene.

Mangiammo fuori, Alvin voleva continuare a girare ma eravamo stanchissimi e così ci fermammo qualche minuto.
"Guarda che gnocca che è quella!" Urlò un ragazzo passandoci accanto e indicandomi come un maleducato, roteasti gli occhi nervosa.
"Stronzi. Se potessi andrei subito a spaccargli la faccia" ringhiò il mio fidanzato, gli accarezzai una guancia e scossi la testa.
Non valeva la pena fare quelle scenate.
Sapeva che ero innamorata di lui.
"Dai amore, tranquillo" mormorai pregandolo.
"Mi fanno innervosire" rispose infastidito.
"Lasciali parlare Alvin" disse suo padre posando la mano su una sua spalla e lui sembrò rilassarsi e annuì.
Ringraziai suo padre e feci mangiare Alvin.

Appena arrivammo in hotel, eravamo tutti stanchissimi, Malcom aveva preso Alvin in braccio che si era addormentato.
"Mi dispiace ma non abbiamo due stanze" disse il signore e Malcom lo guardò malissimo.
Alvin mugolò nel sonno e così gli accarezzai una guancia sussurrando:
"Ora si va a nanna amore mio"
Era tardissimo e avevamo tutto sonno, ci diede una camera a quattro al decimo piano, e non c'era nessuna ascensore.
Così Malcom portò suo figlio su, piano piano senza mai lamentarsi.

Appena entrammo in camera andai a farmi una doccia.

Ritornai con il pigiama e vidi che Malcom stava accarezzando il viso di Alvin, era una cosa così dolce che non volevo disturbarli.

Si accorse di me e mi sorrise triste alzandosi dal letto e mi venne davanti, mi posò una mano su una spalla e disse:
"Alvin è fortunato ad averti"
"Alvin è fortunato ad avere un padre come te"
Ammisi e lui si asciugò le lacrime andando in bagno, Amanda si era addormentata, si era messa su un letto singolo e sull'altro c'era la roba di Malcom.
Ci avevamo lasciato il letto matrimoniale.
Mi misi sotto le coperte e abbracciai Alvin che sussurrò:
"Ha ragione. Sono fortunato ad averti amore"
Chiusi gli occhi lucidi e mi addormentai.

Dieci giorni di te e di me Место, где живут истории. Откройте их для себя