Ottavo Giorno

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Appena aprii gli occhi non vidi Alvin, così mi alzai di scatto dal letto e mi guardai intorno preoccupatissima.
La sedia a rotelle non c'era e così mi misi velocemente le scarpe e urlai a squarciagola con le lacrime agli occhi.
"Alvin!" Corsi verso il bagno, era lì, stava tremando, seduto sulla sedia a rotelle.
"Non urlare.." mormorò con la voce bassa, corsi subito vicino a lui, mi inginocchiai.
"Che hai..?" Lui non mi guardò nemmeno.
Stava male.
Lo stavo vedendo, ogni giorno stava sempre più male ed era la cosa più straziante che potevi provare.
Il mio fidanzato stava morendo, piano piano.
"Mi sento ... solo male"
"Stai tremando" ero preoccupata e così mi alzai da terra e lo portai in camera, lo aiutai ad alzarsi e lo feci mettere sul letto.
"Sono qui amore, sono qui" ammisi e gli accarezzai una guancia e lui chiuse gli occhi mormorando:
"Voglio dormire"
Annuii baciandogli una guancia.
"Mancano pochi giorni" la sua voce tremava come tutto il suo corpo, gli posai una mano sulla fronte, scottava tantissimo.
"Ssh resta in silenzio, ssh" non volevo parlare di cose brutte, sarei scoppiata da un momento all'altro e non volevo incazzarmi.
"Quando morirò" disse aprendo gli occhi.
"Per favore Alvin.. smettila" lo pregai con gli occhi lucidi ma lui non mollò la presa.
"Voglio che mi ascolti."
"Non voglio ascoltarti." Ammisi mordendomi il labbro inferiore cercando di trattenere le lacrime ma uscirono.
"P-per favore" scossi la testa piangendo, lui mi accarezzò una guancia guardandomi negli occhi e così mi alzai di scatto incazzata come una iena e sibilai:
"Non fare così. Mi fai più male. Lo capisci?"
"Lo capisco che ti sto facendo male ma non posso farci niente. Ecco perché ti chiedo di ascoltarmi, ti prego" Lo guardai malissimo.
"Potevi fare una cosa." Esclamai ridendo con nervosismo, lui annuì e domandò:
"Non drogarmi?"
"Esatto. Potevi non drogarti. Potevi pensare a me." Risposi guardandolo con delusione.
"Mi dispiace"
"Alvin." Dissi, non volevo più ascoltare quelle sue scuse inutili.
"Mi dispiace Mia" disse guardandomi negli occhi, persi la pazienza, cominciai ad urlare.
"DIRMI CHE TI DISPIACE NON TI FARÀ NON MORIRE! MORIRAI ED IO RIMARRÒ DA SOLA COME UNA SCEMA INNAMORATA!" Non riuscivo più a trattenere tutta quella rabbia, quella delusione che stavo provando da mesi.
Non dovevo fare così ma doveva sapere cosa mi aveva fatto, lui mi guardò negli occhi e deglutì.
"Mia.."
"Non voglio ascoltare le tue parole" borbottai stringendo forte i pugni, non volevo incazzarmi ma oramai ero andata.
"Ascolta il mio cuore"
"Non voglio ascoltarti. Mi sento solo triste. Non voglio rovinare questi ultimi giorni." Sussurrai.
"Morirò"
Lo so che morirai! PENSI CHE NON LO SAPPIA?! PENSI CHE IO NON PIANGA OGNI FOTTUTO GIORNO!?" Tirai un pugno sul letto e le lacrime scendevano con così tanta forza.
"E allora ascoltami!"
"Non voglio Alvin! Non ti reggi nemmeno più in piedi! Potresti morire da un momento all'altro!" Non volevo più litigare, non riuscivo più a farcela, non volevo rovinare quei giorni.
"E sarebbe meglio!" Lo guardai schifata.
"Ma meglio per chi!? Idiota! Sei un demente."
"Smettila." Mi disse innervosito, non erano cose che pensavo sul serio, erano cose dette dalla rabbia e non potevo smettere.
"Ma smettila che!? Smettila che Alvin!"
"Di urlare."
"Urlo quanto cazzo voglio. Fottiti. Me ne torno a casa." Risposi infastidita prendendo la valigia, lo vidi cercare di mettersi seduto ma non ci riuscì e così deglutii.
"Mia." Mi chiamò, ma non mi girai.
Stavo piangendo.
"Che cazzo vuoi?" Chiesi asciugandomi le lacrime, lui sospirò.
"Io ti amo" quelle parole mi fecero bene.
"No. Non mi ami." Sapevo che mi amasse ma faceva male tutta quella situazione.
"Si invece e mi fa male che tu pensi il contrario, Mia. Perché io ti amo" 
"Cosa dovrei pensare?"
Ti prego, voglio solo che ascolti ciò che voglio dirti." Mormorò con voce tremante, lo guardai preoccupata e mi misi seduta sul letto, lo guardai negli occhi e scoppiai a piangere come una bambina e lo abbracciai forte.
Lui mi accarezzò delicatamente la schiena.
"Mi dispiace così tanto, amore mio" la sua voce era debole, cauta.
"Scusami se sono scoppiata" cercai di scusarmi ma lui scosse la testa posando le labbra sulla mia fronte, le sue labbra erano screpolate.
"Hai fatto bene ad urlarmi contro. È solo colpa mia." Non dissi niente, non potevo dire niente.

Arrivammo a Roma, non avevamo più parlato di ciò che fosse successo e Alvin era felice come un bambino, visitammo Roma ma fu davvero stancante visitare ogni cosa che voleva Alvin.

Quando ci riposammo lui mi guardò negli occhi e mi sorride debolmente, mi accarezzò una guancia e così gli diedi un bacino sulla guancia.
"È bellissima, vero?" Domandò felice, annuii.
"Si, moltissimo" ammisi facendolo ridere.

Appena andammo in hotel mi buttai sul letto.
Ero esausta, Alvin voleva dormire con i suoi genitori per una volta e a me andava bene.

Dieci giorni di te e di me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora