二 Saibo •

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Joji non dormiva così comodamente da una vita! Quando aprì gli occhi notò i raggi chiari dell'alba che illuminavano il pavimento, distavano solo qualche centimetro da lui. Si stiracchiò e sbadigliò; quando la sua mente iniziò ad attivarsi per iniziare la giornata, anche la preoccupazione tornò a fargli compagnia, la sua presenza gelida e indesiderata nella sua mente lo fece sbuffare.

Poco dopo, qualcuno fece scorrere le porte della sua camera e i suoi sensi si attivarono d'istinto; mente e corpo in modalità sopravvivenza. Ma non aveva nessun motivo di stare in allerta, perché ad aprire la porta fu una giovane ragazza Saibo che lo fissava con i suoi occhi viola luminosi, ma inespressivi. Sorrideva leggermente, ma sembrava che le avessero scolpito il sorriso sul volto, come se fosse una statua. Dei brividi percorsero la schiena di Joji e gli venne la pelle d'oca. La temperatura era fresca tra quelle mura e quelle vesti.

La donna fece un inchino senza far muovere uno solo degli oggetti presenti sul vassoio di legno che trasportava.

«Le porto la colazione, signor Joji.» disse con una voce femminile e atonica. Joji rimase perplesso non sapendo esattamente cosa dire o fare e la ragazza si limitò a spostare il capo leggermente verso la sua sinistra, come un gatto che osserva qualcosa di suo interesse.

«Ho il permesso di entrare?» chiese subito dopo, allungando di poco il vassoio verso l'interno della camera. Joji annuì e la lasciò entrare. La ragazza, a piccoli passi, perché impedita dal taglio stretto del suo vestito, percorse la stanza, si sedette con un'eleganza che Joji non aveva mai visto e posò il vassoio, senza fare il minimo rumore, sul basso tavolino presente al centro della camera.

Davanti a Joji c'era la sua colazione, accompagnata da un un paio di bacchette sottili che non sapeva a cosa potessero servire. Le osservò curioso e le lasciò dove le aveva trovate, prese a mangiare con le mani. Visto che era abituato spesso a rimanere senza cibo per molto tempo, si era talmente tanto abituato alla fame, che la maggior parte delle volte si ricordava di essa solo quando il cibo toccava le sue labbra, o l'odore di esso stuzzicava il suo naso. Ecco perché mangiò con foga tutto quello che gli era stato portato. La ragazza sembrò non farci caso.

Era rimasta seduta accanto a lui, ad occhi bassi, senza perdere il sorriso e senza muovere un solo muscolo.

Joji si sentiva a disagio in sua presenza, non era sicuro che stesse respirando. Aveva incontrato Robotsu più emotivi delle donne Saibo. Non aveva la sensazione di trovarsi accanto a qualcuno con un cervello umano, ma ad una macchina che funzionava a circuiti ed elettricità.

Però, vista la sua presenza, decise di approfittarne per farle qualche domanda. Forse interagire con lei gli sarebbe tornato utile.

«Come ti chiami?» le chiese senza aver completamente ingoiato quello che stava masticando.

«Atsuko.» rispose lei alzando leggermente la testa. Quel sorriso stava diventando fastidioso per Joji e non si trattenne dal farglielo notare.

«Perché sorridi così? Non sembra tu lo voglia fare.» affermò e subito dopo bevve avidamente la bevanda che gli fu portata; con quest'ultimo atto aveva finito la colazione. La ragazza continuò a sorridere e gli rispose.

«Una donna Saibo ha la fortuna di non desiderare nulla. Vive una vita senza causare problemi e senza ritrovarsi con problemi.» affermò senza nessuna emozione nella voce. Joji affilò lo sguardo confuso e cercò di comprendere quella affermazione.

«Ma cosa siete voi, per l'esattezza? Saibo o Robotsu? Cosa avete nella vostra testa: carne o metallo?» chiese seriamente confuso e a braccia conserte. La donna, di nuovo, non cambiò il suo stato di perenne indifferenza e gli rispose.

«Gli uomini Saibo cambiano il loro corpo per essere più forti. Le donne Saibo cambiano il loro cuore. Nella mia testa c'è carne, ma essa è controllata e limitata per il mio bene da un cambio. Non conosco la rabbia, la tristezza, il dolore od altre cose negative. Questo mi permette di vivere una vita tranquilla e senza preoccupazioni.» ora per Joji era tutto più chiaro. Questa realtà lo spaventava ulteriormente e rendeva i Saibo più corrotti e maligni di quanto precedentemente li avesse giudicati.

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