Parte 46

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Entrai in quella casa come se stessi entrando in un posto sconosciuto eppure il profumo non mi sembrò per niente estraneo.
"Che bella!" Esclamai non appena notai l'arredamento.
"Grazie"
"Cosa volevi farmi vedere?"
"Vieni" Mi invitò a seguirlo.
Mi portò in una stanza con un pianoforte bianco, in torno, appesi a tutte le pareti tutti i suoi successi, mi avvicinai ad ognuno di loro analizzandoli come si fa in una mostra di quadri.
"Suoni anche?"
"Sì, da quando ero bambino"
"Mi ha rapita in maniera particolare il ballo delle incertezze, posso chiederti di suonarla?"
"Certo!" Era contento che glielo avessi proposto.
Iniziò a suonare e mi feci trasportare dalla melodia e dalla sua voce.
Mi piazzai a lato del pianoforte e osservai ogni suo movimento con attenzione, si vedeva che amava farlo, glielo si leggeva in faccia.
"Amo l'acuto finale che fai" Dissi una volta conclusa l'esibizione.
"Quale?"
"Quando dici chiunque ha, davvero, te lo farei fare all'infinito"
Rise e mi ringraziò.
"Dovresti sentirlo nella canzone originale, non fatta al pianoforte"
"Posso cercarla?"
"E me lo chiedi? Certo"
Mi uscì subito appena digitai il titolo, risentii una ventina di volte quel pezzo, mi ero perdutamente innamorata di quell'acuto.
"La finisci di sentirlo?"
"No, sai l'orgasmo? Ecco, uguale"
"Se ti basta un acuto per orgasmare ragazza sei messa male"
"Ma vai a fanculo va"
Amavo questi momenti, quelli dove ci prendavamo in giro e ci insultavamo senza un vero e proprio motivo.
"Ti faccio orgasmare io fra poco"
"Cosa?"
"Niente, dicevo solo che sei bellissima" Sorrise.
"Niccoló!" Lo ripresi.
"Cazzo mi chiedi cosa ho detto se mi hai sentito?"
"Speravo di aver capito male"
"O cerci di convicere te stessa a non capire quello che ti dico per non eccitarti?" Mi fece l'occhiolino.
"Ma possibile che in un modo o nell'altro noi finiamo sempre a parlare di questo?"
Si alzò e si avvicinò a me.
"Sai" Mi spostò una ciocca di capelli che mi era ricaduta davanti agli occhi. "Dovresti ringraziare che tengo troppo a questo pianoforte altrimenti ti avrei fatta mia anche qui" I brividi mi percossero tutto il corpo.
"Non iniziare.." Balbettai.
"Hai la pelle d'oca" Passò una mano sul mio braccio destro scoperto.
"Niccolò per favore" Trattenevo a stento il controllo.
"È l'ultima sera che stiamo insieme, non mi dire che non hai voglia" La sua espressione faceva notare quanto lui sapesse che quello che stava dicendo non era reale.
"È che.."
"È che cosa Chantal?" Infilò una mano sotto il tessuto della mia maglietta accarezzando tutto il mio profilo.
"Il pianoforte" Bisbigliai.
"Cosa?" Rise "Ti rendi conto che stai dicendo parole a caso senza un filo logico?"
"C'è il pianoforte, hai detto che ci tieni troppo" Il volume del mio tono di voce si alzò con una nota di nervosismo nelle parole.
"Non tirare fuori gli artigli solo perchè ti faccio notare che non riesci manco a dire una frase se ti sto a malapena sfiorando"
"Perchè mi fai tutto questo effetto?"
"Se non lo sai tu come potrei saperlo io"
"La odio questa cosa, mi sento impotente ogni volta che la tua pelle viene a contatto con la mia è come se fossi legata e non potessi muovermi"
"È bello sentirtelo dire però"
"Perchè?"
"Perchè capisco quanto tu sia realmente mia"
"Non penso che riuscirò mai a provare queste cose con qualcun altro"
"Anche in quel caso capiresti che una parte di te mi appartiene lo stesso" Aveva ragione, lo sapevamo entrambi che comunque sarebbe andata ci saremmo sempre appartenuti, che qualcosa sarebbe sempre rimasto, non ci saremmo mai scordati realmente del tutto.
"Possiamo spostarci da qui?"
"Andiamo in cucina a preparare qualcosa da mangiare?"
"A dir la verità io intendevo in camera da letto" Lo baciai appassionatamente.


Spazio autrice
Mi sento in dovere di chiedere scusa per l'assenza ma sto davvero passando un periodaccio e non riesco a trovare sempre il tempo di scrivere.

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