Hello Baby Girl

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Jungkook stava cercando in tutti modi di non impazzire mentre camminava energico, avanti e indietro, per i corridoi solitari del suo liceo. Era pomeriggio ormai inoltrato quando il coach della sua squadra lo aveva convocato, attraverso gli altoparlanti, nell'ufficio per qualcosa di apparentemente troppo importante da poter aspettare le luci del giorno seguente.

Con il borsone in spalla ed una maglia grigia indossata velocemente al fine degli allenamenti, decorata inoltre con macchioline di sudore nascente, il quarterback bussò con le nocche delle dita sulla spessa superficie in ciliegio su cui una targhetta consumata e giallastra, con su inciso il nome dell'insegnante, vi era appesa. All'udire dell' 'avanti', sussurrato fra cenni di tosse forse causata dall'inalazione del fumo del classico sigaro consumato, Jungkook aprì la porta facendo il suo ingresso e salutando il coach con un rispettoso inchino.

"Jeon!" urlò il coach panciuto seduto alla sua scrivania "Vieni avanti figliolo, accomodati"

L'allenatore Lee, Jungkook notò, non era solo. In sua compagnia difatti, e seduto sulle scomode sedie dinanzi a lui, c'era un uomo di bell'aspetto, occhio e croce dell'età di suo padre, vestito in maniera sportiva, che rivolgeva lui un sorriso smagliante quasi riconoscente, come se di sua parte l'uomo fosse curioso di poter finalmente incontrare il Golden Boy di cui tutto l'istituto parlava.

"Voglio presentarti Hyun Cheong" annunciò l'uomo con orgoglio dipinto sul viso arrossato. "Procuratore sportivo ed attuale allenatore dei California Bears".

Il moro sgranò gli occhi all'udire di quel nome per lui a dir poco leggendario, volgendo lo sguardo scioccato ad ambe due le figure stanti ai suoi piedi. I California Bears erano i giocatori collegiali più forti e conosciuti di tutta l'America dell'ovest, e Jungkook neanche lontanamente immaginava che l'occasione di conoscere l'uomo che aveva portato quella squadra alla vincita di ben quattro tornei nazionali, un giorno gli si sarebbe parata davanti.

Il quarterback chiuse la bocca spalancata, deglutendo a fatica e strizzando più volte gli occhi nella speranza che quello che stava vivendo non fosse solo un sogno dettato dalla sua ingannevole coscienza. "È ... è davvero un onore per me conoscerla signore" mormorò Jungkook con voce tremante, allungando una mano per stringere quella dell'allenatore.

"Il piacere è tutto mio Jungkook-ssi, devo ammettere che ho sentito molto parlare di te, la reputazione in questa scuola senz'altro ti precede" rispose lui afferrando la sua calorosa stretta, "Ti prego, siediti, il coach Lee ed io stavamo discutendo di alcune progetti che sono certo ti interesseranno".

Con le ginocchia traballanti e il cuore scalpitante dall'emozione di avere di fianco un uomo cresciuto di solo pane e successi, Jungkook seguì le sue direttive e si sedette impaziente su una sedia di pelle scadente, iniziando a giocherellare nervoso con un anello di poco valore che indossava su una delle dita della mano. Improvvisamente però, prima ancora che il coach potesse proferire parola, nella tasca anteriore dei pantaloni il suo cellulare cominciò a vibrare interdetto. Il moro lo afferrò di tutta noia, guardando comparire sullo schermo il nome di sua madre accompagnato dall'immagine di una tenera fotografia scattata insieme.

"Jeon" disse l'allenatore Lee, richiamandolo all'attenti e invitandolo gentilmente a posare via il cellulare.

Il quarterback sapeva in cuor suo che se avesse risposto, quella sarebbe stata soltanto l'abituale - e a tratti noiosa - telefonata che la donna era solita rivolgergli ogni giorno al fine delle lezioni per conoscere la sua ora di ritorno a casa. Jungkook distolse così i pensieri dallo schermo ancora illuminato, pigiò sul tasto rosso di aggancio ed ignorò la chiamata facendo scivolare di seguito l'apparecchio tra le morbide tasche dei suoi pantaloni. "Mi scusi" accennò imbarazzato.

Strawberry & Cigarette ✧ JikookTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon