Azzurro

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Passo una mano sullo specchio per togliere il vapore che si è creato sulla sua superficie e poi rimango a guardare il mio viso riflesso. Mi sento uno schifo, gli occhi sono infossati e le occhiaie ben marcate e vedere nuovamente tutto ciò che mi ricorda il mio vecchio me sul mio volto, non mi piace affatto.

Prima era la normalità, niente di speciale. Ma da quando sono arrivato non ho mai esagerato e non ho mai oltrepassato il limite.

Sbuffo. Mi asciugo velocemente e poi con l'asciugamano legato in vita torno in camera per vestirmi. Prendo le prime cose che trovo, fregandomene se i colori o i tessuti non andranno d'accordo tra loro, perché tanto a nessuno frega un cazzo di quello che indosso in questo posto.

Quando scendo lo trovo seduto dove fino a poco fa c'era il mio corpo, con in mano un bicchiere di limonata che sicuramente gli avrà offerto mia nonna, vantandosi del fatto che la sua è la miglior limonata del paese.

"Hei" lo saluto attirando su di me i suoi occhi.

"Ciao!" mi saluta lui con il suo solito sorriso a milletrecento denti. "Andiamo?" mi chiede, indicando la sua bicicletta appoggiata alla veranda.

Andiamo dove? Ma soprattutto, come? Dato che io sono a piedi per il momento?

Lo guardo spaesato e sembra capire che non ho capito un tubo.

"Ti riporto a prendere la bici!" mi dice come a voler evidenziare quello che era ovvio.

Non lo conosco, non so niente di lui e il fatto che abbiamo scambiato due parole ieri sera non fa di noi degli amici. Anche perché io non so nemmeno come sia essere amico veramente di qualcuno.

"Posso andare anche da solo" cerco di trovare una via d'uscita.

"E' domenica! Non ho niente da fare per cui mi fa piacere accompagnarti" mi dice lui gentile.

Sento gli occhi di mia nonna puntati addosso e dall'intensità dello sguardo so che mi sta ordinando di accettare la mano che mi viene offerta. Sospiro e poi alzo gli occhi al cielo.

"Ok!" gli dico e per una frazione di secondo nel suo sguardo ho visto passare qualcosa che non conosco.

Allungo il braccio verso i tre scalini d'uscita, come a volergli cedere il passo e quando mi passa a fianco, sento un leggero profumo di gelsomino passarmi sotto il naso.

Lo vedo salire in sella e poi tirarsi dritto. "Sali?" mi chiede.

Lo guardo allibito. Non mi sta chiedendo di sedermi sul ferro sul serio, vero?

"Io non credo che sia il caso" perché a malapena so andare in bicicletta da solo, figurarsi stare seduto tra le sue braccia!

Mi guarda. "Ti ho portato a casa sano e salvo sta notte ed eri sicuramente meno stabile di adesso!" sorride.

Non posso credere di essermi fatto portare a casa in questo modo, ma è anche vero che tutto questo possa essere vero.

"Io..." inizio a dire, ma poi mia nonna si mette in mezzo.

"Non avrai mica paura adesso che sei sobrio!" dice lei sfottendomi gratuitamente per poi sorridere angelica.

"Ti giuro che non ti tocco!" aggiunge Claudio.

"Oh! Sono sicura che gli..." sento mia nonna parlare, ma la blocco prima che possa finire quello che voleva dirgli.

"Salgo!".

E prima di andare a sedermi su quel pezzo di ferro che mi incute terrore, mi volto verso mia nonna e portando l'indice al naso le faccio segno di rimanere in silenzio. Non voglio che si sappia il mio orientamento sessuale. Non voglio che per questo motivo possano iniziare a giudicarmi ancora prima di conoscermi. E sembra capire perché in risposta ottengo un occhiolino da parte sua.

Prendo un gran respiro e poi appoggio il mio culo su quel mezzo infernale e porto le braccia sul manubrio, girandomi di lato.

Lui si abbassa su di me e dopo aver salutato mia nonna, inizia a pedalare.

Il suo petto sfiora continuamente la mia spalla e il profumo che prima avevo sentito solo lievemente, ora invade ogni mio pensiero. Maledizione.

"Paura?" mi chiede quando arriviamo sulla strada principale.

E la sua voce è così vicina al mio orecchio che sembra entrarmi direttamente dentro al cervello.

"Mi fido" ammetto e stranamente le parole che dico, rispecchiano esattamente il mio stato d'animo.

Sentire l'aria che colpisce il viso e il suo calore che mi protegge mi fa sentire bene.

Inizia a fischiettare ed è come se tutto questo per lui fosse pura gioia e quotidianità. E ancora una volta non riesco a capirlo.

"Perché sei venuto qui se lì avevi tutto?" mi chiede mentre passiamo sopra il ponte dove ci siamo incontrati la prima volta.

"Ho fatto un casino" confesso a metà.

"E quindi sei scappato?".

Rifletto. "No".

Sento il suo corpo muoversi e poi il suo viso sul mio. "Sei il classico cattivo ragazzo?" mi chiede scavando dentro il mio sguardo.

Ci guardiamo mentre lui continua a pedalare sull'ennesima strada dritta e circondata solo da alberi e tra di noi è come se succedesse qualcosa. Di bello, di strano, che non comprendo.

"Solo stupido" gli rispondo.

"Stupido va bene!" e mi sorride come solo lui ha mai fatto, con quel sorriso che non sopporto ma che ho iniziato ad accettare.

Arriviamo in città e lo sento salutare alcune persone, ma mai una volta ha pensato di farmi scendere o spostarsi da me, non che poi potesse farlo più di tanto. Ma è come se il farsi vedere assieme a me, vicino a me, non gli importasse più di tanto. E se a lui va bene, a me va benissimo.

Scendiamo lungo la leggera discesa e usciamo dal centro abitato, fino a raggiungere il locale dove mi sono ubriacato ieri sera.

"Non ti ho nemmeno ringraziato" gli dico dal nulla mentre ci avviciniamo.

"Oh! Lo hai fatto!".

"Sul serio?" perché non ricordo assolutamente nulla di quello che ho fatto.

Mugugna in risposta e poi parla. "Sei stato convincente!".

E per quanto in apparenza sembri rilassato, in questo preciso istante mi vien da pensare che abbia voluto portarmi fino a qui, lontano da tutti, per prendermi a legnate con qualche pezzo di legno abbandonato dietro al pub.

"Cos'ho fatto?" chiedo cauto.

Ridacchia. "Niente!".

"E allora perché non ti credo?" perché ora sul serio mi sto chiedendo che cazzo ho fatto.

"Hai detto che era un segreto e che per niente al mondo avrei dovuto ripetere quello che hai detto o fatto ieri sera e ora sto solo rispettando i tuoi voleri!" dice Claudio mentre se la ride sotto i baffi.

E se prima mi chiedevo cosa avessi fatto, ora inizio ad esserne preoccupato.

"Ma lo diresti al diretto interessato!" gli faccio notare.

"No, no!".

Mi volto a guardarlo e quando lo faccio mi ritrovo troppo vicino al suo viso, ma non arretro.

"Per piacere?!" gli dico tra la domanda e una mezza supplica.

"Ho dato la mia parola!" e poi abbassa gli occhi su di me.

E quando mi accorgo che siamo fermi a guardarci, mi chiedo da quanto tempo è che siamo immobili così.




IMPREVISTI D'ESTATEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora