CAPITOLO 6: ESSERI UMANI

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Capitolo 6: Esseri umani

Il Conte uscì dalla stanza da bagno lasciando dietro di sé una scia di vapore e caldo tepore che laconico lo stava avvolgendo nella sua stretta morsa. Roteò le pupille per poi ordinare alle sue statiche membra di raggiungere il salotto.

Nel frattempo, nella stessa camera, qualche istante prima, Finnian, aveva sistemato i carboni e la legna all'interno del camino e stava, con un tizzone e il suo convulso respiro, alimentando le fiamme per il padrone.

«Finnian credevo davvero che fosse giunta la nuova stagione, dobbiamo ancora proteggerci da un inverno latente? Chi ti ha ordinato di accendere il fuoco?» disse il giovane scrutando dall'alto in basso l'uomo.

«Beh, a dire la verità. Non sentite com'è battente la pioggia là fuori? Pare che la serata si farà gelata.» rispose così il fanciullo nella sua solita e apatica timidezza. La sua guardata ricordava quella di un marmo greco: stupenda, ma persa in un mondo diverso dal reale. Lui era un giovincello tutto d'un pezzo che aveva da poco compiuto la trentina. Era sempre assorto in strani pensieri, diceva di essere spesso vittima della letteratura.

Molte volte Ciel si era interrogato sul perché ad un umile figlio di servi analfabeti interessassero la poesia e la scrittura, mille altre lo aveva esaminato e studiato per scandagliare quell'animo così farraginoso. Non riusciva a spiegarsi come la sua mente fosse così dotta seppur non fosse stata nutrita a dovere dagli stessi insegnanti privati che lui stesso aveva consultato fino a quel momento. Alle volte lo aveva scoperto ad esercitarsi sui libri del suo defunto padre, lo aveva visto di sfuggita sforzarsi per riuscire a pronunciare correttamente i caratteri e contrarre le corde vocali con uno sforzo quasi balbuziente, lo aveva osservato mentre cercava disperatamente di acculturarsi all'insaputa di tutti. Aveva cercato di invasarsi dell'intera storia del mondo e la sua mente, come se avesse assimilato il frutto proibito, era pronta ad affrontare qualunque tipo di discorso. Non lo aveva mai rimproverato per questo, poiché né era rimasto incuriosito. Solitamente un padrone non dovrebbe permettere alla servitù di equipararsi a lui, eppure in quell'istante le voglie di imparare di un insulso paggio non gli avevano fatto alcun effetto.

Di tanto in tanto aveva trovato nelle tasche di Sebastian degli splendidi versi e delle pagine di romanzi meravigliosi scritti da lui. Un po' gli faceva invidia, ma non se ne preoccupava troppo data la classe sociale, piuttosto, non riusciva a comprendere come mai un uomo come quello sprecasse la sua vita ad inventarsi delle storie e ad immaginare differenti realtà che non avevano senso di esistere. Perché preoccuparsi della biografia di qualcun altro? Perché stare delle ore davanti ad un foglio ad impazzire per trovare le parole giuste? Per cosa? Avrebbe dovuto crucciarsi del fatto che fosse perennemente solo, che non avesse alcuni amici e nessuna donna, ma che si interessasse solo dei suoi insulsi personaggi nascosti in quei romanzi che non sarebbero mai stati pubblicati.

Non avrebbe lui stesso potuto biasimarlo dato che in fatto di signorine lui conosceva solo quella parte che non riguarda affatto il matrimonio.

Ad un certo punto, il conte, si appropinquò alla finestra e vide che oltre la vetrata magnifici cristalli navigavano sulle creste increspate dell'orizzonte. Si innamorò di quel momento e quasi non riuscì più a staccare lo sguardo da tale fredda magia.

«Finnian, le vedi quelle siepi?»

«Certo, mio signore»

«Tu lo sai cosa c'è oltre, dico oltre quelle siepi?»

«C'è il mondo intero, mio signore. C'è il vostro futuro, c'è la vostra vita, le persone che incontrerete e tutto quello che desiderate» Sorrise lievemente continuando a muovere quel grosso tizzone di ferro che aveva in mano.

WHEN THE STORM COMES (cielxalois/ SebastianxOc)Onde histórias criam vida. Descubra agora