Capitolo 17

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Harry's Pov
Da piccoli non vedevamo l'ora di diventare grandi per provare la sensazione di essere potenti e indipendenti, ma poi, quando diventavamo grandi volevamo solo ritornare piccoli, rivivere quei momenti di ingenuità e di spensieratezza, senza problemi e senza preoccupazioni. Ma ora ogni volta che mi svegliavo volevo solo ritornare indietro e rivivere quei momenti spensierati all'infinito, in cui l'unico mio pensiero era quale avventura immaginaria mi sarei introdotto. Ma invece l'unico mio pensiero era se il giorno dopo sarei sopravvissuto. Avrei voluto nascere senza le crisi di panico per il troppo pensare, senza incubi o scatti di rabbia, però ero inghiottito da tutto quello. Come faceva una persona normale a sopportare tutto questo dolore? Come facevo a sopportare tutto questo? Se la facessi finita sarebbe tutto più facile, come staccare una semplice spina, ma c'era qualcosa che mi fermava, una forza esterna che mi impediva di compiere questo gesto estremo. Mi alzai con fatica dal letto. Ogni giorno era una fatica. Continuare a vivere lo era. Mi accesi la mia solita sigaretta mattutina. Mia madre odiava quando fumavo in camera, ma non me ne importava e lei sapeva che si doveva arrendere su tale faccenda. Mi vestii velocemente e presi una decisione che mi avrebbe cambiato la giornata, e forse, anche i miei pensieri. Quando arrivai davanti a casa sua mi sentii sopraffatto, come se tutti i miei pensieri mi stessero schiacciando. Feci un grosso respiro cercando di rilassarmi, e quando la vidi uscire di casa, scesi dall'auto.
"Jane!" gridai per attirare la sua attenzione
Vidi che si voltò e mi guardò con occhi impauriti.
Mi sentii male in quel momento. Odiavo farle paura, odiavo farla soffrire, ma ne avevo bisogno, necessitavo di tenerla lontana da me, anche se sentivo la sensazione di aver bisogno di lei. Jane venne verso di me a piccoli passi, come se stesse venendo incontro alla morte, anche se in verità la ero.

Tu hai ucciso Kimberly!
No, non è vero!
Si, se non si fosse fidanzata con te ora sarebbe viva!
Tu sei la morte sulla terra

Era vero, io ero la morte: ero colui che con un tocco distruggeva tutto, ero colui che portava con se solo sofferenza e dolore. Ero il male sulla terra. E intanto stavo distruggendo tutti quelli che amavo, tutti quelli che mi erano accanto, e alcuni li avevo anche uccisi, solo per bloccare le voci nella mia testa. Avrei voluto essere diverso, avrei voluto essere normale, senza il dolore che mi consumasse fino alle ossa e i ricordi a trafiggermi il cuore, ma ero nato come mostro, e non potevo cambiare questo fatto. Non sapevo perché fossi nato, perché fossi venuto al mondo, ma sapevo che ero pieno di un odio e di una sofferenza che mi consumavano dentro e che mi facevano paura, ma ero certo che sarei morto da solo, perché la gente come me morirà da sola, come fanno i mostri.
Le aprii la portiera e le feci il gesto con la testa di salire.
"Andiamo." dissi solamente senza guardarla negli occhi
Non riuscivo a reggere il suo sguardo, mi distruggeva tutte le barriere che mi ero costruito. Aveva uno sguardo che mi perforava l'anima. Fece un cenno con la testa e salì senza dire niente, senza guardarmi in faccia.

Perché ti faccio così paura?
Perché sei un mostro e tutti hanno paura dei mostri

Partimmo e ci dirigemmo verso l'unico posto in cui entrambi eravamo connessi da un sottile filo che univa entrambe le nostre anime. Durante il viaggio c'era una certa tensione tra di noi, Jane continuava a sfregarsi le mani e a fissare il vuoto, come faceva sempre. A scuola la vedevo camminare lentamente per i corridoi  con sempre lo sguardo perso nel vuoto e la testa rivolta al pavimento, come se avesse paura di incontrare lo sguardo degli altri

Nei tuoi occhi vedevo una sofferenza oscura
Anche lei soffre come soffri tu

Quando arrivammo parcheggiai vicino a un parco, un po' lontano dalla vera destinazione, per cercare di prendere del tempo e mettere in ordine tutti i pensieri. Mentre camminavamo c'era un silenzio assordante, i miei pensieri erano in lotta tra di loro e io avrei voluto chiederle cosa la stava tormentando; avrei voluto conoscere i suoi pensieri, le sue paure, i suoi desideri. Avrei voluto conoscere tutto di lei, ma era distante anni luce da me, come due poli che si attirano ma che sono troppo lontani per stare insieme. Avrei voluto stringere la mano con la mia, ma mi limitai a sfiorare la sua mano, che era fredda rispetto alla mia, e da quel gesto una forte una scossa mi colpì dentro. Cercai di non abbracciarla, baciarla o di stringerla a me, ma bloccai questi forti istinti che non sapevo da dove venissero e continuai a camminare. Quando arrivammo davanti al cancello Jane si bloccò e mi guardò spaventata, come se avesse visto un fantasma
"Perché siamo qui?" mi chiede guardandosi intorno
"Voglio farti vedere una cosa." dissi fissandola per la prima volta

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