47. L'abbraccio di una città

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Severus aprì gli occhi ed il bagliore di un timido fascio di luce lo colpì in pieno viso. Strabuzzò le palpebre per poter mettere a fuoco lo spazio circostante e dare un'immagine all'odore umido di pietra che percepiva. Lentamente le immagini si fecero chiare e si ritrovò un un grande atrio di sasso scolpito, illuminato solamente da pochi fasci di luce che provenivano da spaccature nel soffitto. Le persone che avevano viaggiato con lui avevano iniziato a sciamare fuori dalla piattaforma della passaporta e si affrettavano a presentare i documenti alla responsabile accanto all'uscita; Severus si mise in fila e mostrò i suoi, quindi passò.
Oltrepassata la porta del settore 'viaggi internazionali' si ritrovò in un corridoio abbastanza largo, ma piuttosto buio e con delle cavità lunghe e strette ordinate in verticale ed in orizzontale: si sviluppavano per tutto il basso corridoio. Non era esattamente un luogo arioso e luminoso, opprimeva e soffocava invece, ma i maghi e le streghe - nelle loro stravaganti e antiche vesti - che passeggiavano di lì sembravano straordinariamente a loro agio, sorridenti e tranquilli. Severus proseguì dritto per una trentina di metri ed arrivò all'Ufficio per la materializzazione su territorio nazionale; entrò e si mise in fila, attendendo il suo turno in silenzio.
Era strano e disorientante sentire parlare esclusivamente in italiano; i maghi e le streghe sembravano piuttosto spicci nelle conversazioni, muovevano le labbra in fretta - dalle quali uscivano fiumi di parole - e gesticolavano molto. Riusciva a seguirli a stento nei loro discorsi; capì solamente che il vecchio mago prima di lui aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a smaterializzarsi a Firenze e il ragazzo-impiegato che accoglieva la richiesta sembrava del tutto disponibile a dargli le più minuziose spiegazioni. Severus era stupefatto e non poté fare altro che invidiare quel sistema d'assistenza ai bisognosi di cui - nel Regno Unito - non aveva nemmeno sentito accennare.
-"Buongiorno" disse Severus in italiano quando fu il suo turno, poi rincarò la dose per far capire che non era di quelle parti biascicando l'accento più inglese di cui potesse disporre "Salve. Avrei bisogno di essere smaterializzato in una città"
-"Buongiorno... prima volta in Italia?" gli rispose il ragazzotto, fortunatamente in inglese, e Severus sospirò sollevato.
-"Sì" affermò, nella sua madrelingua.
-"Quale città?"
-"Bologna... non so come arrivarci e non ho molto tempo per viaggiare con i mezzi"
-"Ah! Niente mezzi, non perdere tempo con quelli! Ci pensiamo noi" sorrise, schioccando le dita e le pagine del registro che aveva sotto - piuttosto attempate - presero a voltarsi da sole "Il prossimo accompagnatore per Bologna ci sarà tra poco più di un'ora"
-"Ah, d'accordo, allora..."
-"Può sempre fare un giro nell'atrio principale e vedere dov'è l'ingresso del Ministero. Se è arrivato qui tramite passaporta non lo saprà di certo..."
-"No, infatti"
-"Allora si ripresenti qui tra un'oretta e la smaterializzeremo".
Severus abbozzò un ringraziamento ed uscì dall'ufficio, dirigendosi vero l'ingresso che era indicato da grosse frecce scolpite nei muri. Camminò a lungo e il panorama - tra i vari livelli - era molto simile, sempre con le fessure nei muri: ipotizzò - considerando il fatto di essere nel sottosuolo di Roma - che fossero delle catacombe occultate e quindi non accessibili ai babbani. A volte si sviluppavano affreschi pittoreschi e leggiadri di scene bucoliche, nei quali i protagonisti si dilettavano in arti magiche, riti di propiziazione e adorazione della terra; sembravano essere molto antichi, tuttavia erano conservati impeccabilmente, addirittura si potevano scorgere i particolari dei drappeggi delle vesti.
Dopo essere salito cinque piani, Severus superò un grosso portale in pietra e dovette stringere gli occhi per il radioso bagliore solare che gli tediava la vista; lentamente si abituò all'invasività dei raggi e aprì gli occhi. Dinanzi a lui c'era uno spazio vastissimo incorniciato da un candido colonnato; il soffitto era formato da una cupola ampia, spaziosa e decorata da bassorilievi di foglie d'acanto, nella parte centrale invece era presente un ampio foro dal quale filtrava la luce abbagliante - probabilmente frutto della magia. Severus abbassò lo sguardo e notò una mastodontica composizione statuaria umana: erano quattro coppie di uomini e donne posti in cerchio, vicini l'uno all'altra, coesi dalla materia e dall'immagine. Severus avanzò lentamente e studiò la prima coppia, bendata sugli occhi, che stringeva alla staffa principale una grande bilancia sulla quale era scritto 'Iustitia'. La seconda impugnava un triangolo dentro al quale ve ne era un secondo più piccolo e con la punta verso il basso sul quale era scritto 'Veritas'; la terza reggeva un libro aperto sul quale era inciso 'Sophìa'; l'ultima coppia, invece, si stringeva la mano tenendola alzata verso il foro nel soffitto, intorno ai polsi era legata una coccarda che scendeva morbidamente - seppur in marmo - sulla qualche era inscritto 'Tolerantia'. [1] Tutto il complesso statuario si trovava sopra una grossa roccia quadrangolare immersa in una fonte termale cristallina, su ogni lato era scolpita la stessa data: 1871. [2]. Severus, mentre studiava ed ammirava quello spettacolo di architettura e scultura, spalancò la bocca dalla meraviglia, abbassando lentamente gli occhi e notando la "piazza" gremita di streghe e maghi dalle vesti e cappelli stravaganti. Seguì le indicazioni per l'uscita dal lato opposto dello spiazzo e s'infilò in una lunga rampa di scale di marmo; non contò i minuti necessari a uscire dal Ministero, ma non ci mise troppo tempo. Una volta giunto alla fine del percorso, lasciò che una strega dietro di lui lo superasse e che uscisse: appoggiò la mano sull'unica porzione di muro in mattoni rossi quindi si aprì una fessura. Severus s'infilò oltre la grossa crepa e pestò il manto erboso illuminato dalla luce naturale; quando uscì definitivamente e si voltò per osservare che l'ingresso prevedesse la stessa prassi dell'uscita poi osservò lo spazio intorno a lui.
Si trovava in un bassopiano erboso poco sotto una strada e sormontato da una passatoia in mattoni, molto simile ad un ponte stretto. Attraversò la striscia di prato e, tramite una piccola scalinata, giunse sul marciapiede di una piazzetta; voltandosi notò una lunga fila di pini marittimi che sorgeva sopra le mura basse, oltre questi - stringendo gli occhi - scorse delle porzioni di un enorme edificio antico in mattoni, sormontato da quella che sembrava una statua bronzea di una figura alata che impugnava una lunga spada, puntandola verso il basso. Alzò gli occhi: il cielo era così azzurro, così dissimile da quello del Regno Unito, che gli sembrò di non aver mai osservato il firmamento prima di quel momento. L'aria era tiepida e il sole autunnale era comunque più caldo ed infuocato di quanto lo fosse stato nella sua terra d'origine; era tutto incredibilmente magnifico e Severus si sentì mancare il fiato per la meraviglia.
Svoltò a sinistra e una folata di vento gli solleticò le narici con l'odore dell'acqua di fiume: poco più avanti - dietro un capannello di gente, presumibilmente babbana, che passeggiava a bocca aperta - c'era un parapetto in pietra che dava sicuramente sul Tevere. Avanzò ancora, inesorabilmente lento, e il grande edificio in pietra alla sua sinistra si fece più altero, grande e vicino al cielo; era stupendo, ma i turisti osservavano stupefatti la direzione opposta, scattando foto con grosse macchine fotografiche, restando fermi in completa adorazione. Severus non capiva cosa potesse attirare di più l'attenzione di quel gigantesco castello, quindi fece pochi altri passi e lo stupore dell'universo si proiettò proprio dinanzi a lui.
-"Per la barba di Merlino..." boccheggiò, sentendo le spalle cedere, le gambe tremare e il cuore palpitare furioso nel petto; sgranò gli occhi, aprendoli a dismisura e ringraziando ogni entità trascendente di godere di un'ottima vista da lontano. La cupola di San Pietro era un capolavoro che andava ben oltre l'immaginazione, al di là del genio umano; Severus non riusciva a capacitarsi di come un gruppo di babbani avesse potuto immaginare e progettare un simile splendore architettonico che sembrava tutto il frutto della magia. Era impossibile, inspiegabilmente impossibile, eppure si stagliava fieramente nel firmamento, quasi solleticando l'unica, minuta e candida nuova spruzzata nell'infinito azzurro. Fece un passo indietro e scattò la testa in direzione dell'entrata al Ministero, poi osservò ancora la grande chiesa del mondo: distavano l'uno dall'altra solo poco più di cinquecento metri. Severus non riuscì a pensare ad altro che:
-"Ma questi sono pazzi" mormorò, pensando ai maghi e le streghe scellerati che avevano voluto il Ministero della Magia italiano proprio sotto il naso della sede della Santa Inquisizione, ovvero coloro che nei secoli avevano umiliato, picchiato, torturato, seviziato, arsi vivi nelle piazze, fatti a pezzi, impiccati decine di migliaia di streghe e maghi... Esattamente sotto il loro naso, senza alcun timore, come se fosse la cosa più naturale e giusta al mondo. 

La storia del PrincipeWhere stories live. Discover now