Capitolo 66: Fusi orari incasinati

123 13 1
                                    

Girai e rigirai nel letto senza sosta per ore.

Filippo al mio fianco dormiva beato, indisturbato dal mio tarantolare sotto le coperte. Non riuscivo a prendere sonno, in nessun modo. Doveva per forza essere a causa del fuso orario e del jet lag.

Dopo tortuose peripezie, mi convinsi che non sarei stata capace di dormire, per lo meno non subito. Rimpiansi di non essermi portata dietro le pastiglie di melatonina, quelle che abitualmente utilizzavo in Italia nei periodi di forte stress.

Mi alzai dal letto per non disturbare oltre il bambino. Se si fosse svegliato mi sarebbe dispiaciuto troppo.
Raccolsi il mio pacchetto di sigarette dal tavolo della cucina ed uscii di nuovo in terrazzo.

Toronto era illuminata come fosse giorno.
Mi ero informata molto, prima di partire. Edoardo risiedeva nel quartiere di Glen Park, uno dei migliori di Toronto. Era proprio per questo motivo che Elisa l'aveva scelto per inaugurare la propria attività, senza contare il fatto che a Glen Park il numero di italiani residenti era il più alto della città. Vendere prodotti italiani a dei connazionali era il miglior modo per portare all'estero un po' di tradizioni natali.

Riflettevo ancora su certe congetture, quando sentii la porta aprirsi alle mie spalle.

《Che ci fai qui? Non riesci a dormire?》Edoardo doveva avermi sentito uscire in terrazzo. Non ero l'unica ad essere ancora sveglia.
Si appoggiò alla ringhiera e guardò il paesaggio insieme a me.

《Bello, eh? Delle volte penso che non tornerei mai in Italia. 》

Mi spezzò il cuore. Rimasi a guardarlo in attesa che giustificasse ciò che aveva appena detto.

《Amo Toronto, amo questo quartiere. Potrei iniziare a lavorare quì seriamente. Tu e Filippo potreste pensare di restare. Ci sono scuole buone, ottimi hotel... potremmo anche prendere una casa più grande. 》

《Lo sai che non posso. 》parlai al singolare, ma chiaramente mi trovai a far riferimento anche a Filippo. Non lo avrei mai trattenuto a così tanta distanza dal padre.

《Potresti. Tutto si può fare. Il problema è che non vuoi. 》

Stavamo per addentrarci in una discussione scomoda che non ci avrebbe portato da nessuna parte.

《Pensi sia così semplice? forse perché tu hai mollato tutto e te ne sei venuto quì, così. Io ho delle responsabilità in Italia. Mio figlio lì, ad esempio, ha un padre. Ho una madre vedova, un cane anziano, un lavoro stabile che, tra le altre cose, mi piace e non vorrei perdere. Sì, forse hai ragione. Non voglio.

Ero certa di averlo colpito. Edoardo non mi rispose. Fui certa mi avesse capita.
Cercai di addolcirmi, mi resi conto di essere stata rude.

《Se dovessi seguire il cuore, resterei quì per sempre. Ci sono cose che non posso omettere, persone che hanno bisogno che io sia vicina. 》

Mi prese tra le braccia.
La notte di Toronto iniziò a farsi sentire sempre più fredda, tagliente. Iniziai a tremare.

《Ti va una tazza di the? 》

Accettai di buon grado. Del resto, bere del caffè in piena notte non avrebbe fatto bene alla mia insonnia.

Accoccolati sul divano, tornammo a discorsi scomodi. Non solo il fuso orario stava torturandomi, ma anche le brutte notizie sempre dietro l'angolo.

《Non so come dire a Elisa che nostro padre sta arrivando. 》

Per poco la tazza di the non mi scivolò dalle dita. Di certo, quella non fu un'ottima notizia.

《Da quanto lo sai?》

《Da prima che arrivassi tu. 》

Mi prese una morsa allo stomaco. Io e il signor Berghi non vantavamo un bel rapporto, non dopo il suo compleanno festeggiato in Italia.

《Devi dirglielo. Non puoi lasciare che tuo padre arrivi qui senza che Elisa lo sappia. Deve almeno essere preparata. Se saprà che tu già ne eri a conoscenza, si arrabbierà anche con te. 》

《Lo so, hai ragione. Sarà quì dopodomani, in serata. Domani prenderò coraggio e glielo dirò. 》

Edoardo posò la tazza sul tavolino ai piedi del divano.

《Ora, però vorrei non pensare a domani. 》

Mi sollevò per i fianchi e mi adagiò a cavalcioni sulle sue gambe.
Con una stretta sicura mi cinse la vita e assaggiò il mio collo.

Dall'ultima volta in cui avevamo fatto l'amore ci avevo pensato molto a come sarebbe stato trovarmi di nuovo su di lui, con lui.
Ogni mia aspettativa era sempre molto diversa dalla realtà, era sempre tutto più emozionante del previsto.

Gli sfilai la maglietta, lasciandolo a torso nudo.

Avremmo potuto benissimo andare nella stanza da letto, ma nessuno dei due pensò di spostarsi dal salotto.

Nel silenzio della notte, Edoardo si prese ogni centimetro della mia pelle.
Stringemmo i pugni, ci contorcemmo per non produrre rumori, tutto per non svegliare Filippo che dormiva nella stanza a fianco. Da un lato, forse la trovammo anche una cosa eccitante.

Restammo uniti sul divano per minuti che ci sembrarono ore.
Sul corpo di Edoardo fui in grado di sentire emozioni, sensazioni, che non sarei mai stata in grado di spiegare a parole.

Le nostre bocche si cercarono più volte, come si stessero rincorrendo nella gara della vita. Che fosse uno o l'altra ad arrivare prima, avremmo vinto entrambi lo stesso.

《Mi sei mancata da morire. 》 sussurrò. Teneva la testa adagiata sul mio seno, esausto. Non ebbi altro da fare, se non accarezzare i suoi folti capelli ed assaporarne ancora l'odore di shampoo.

《Mi sei mancato anche tu. 》

Una parte di me iniziò a pensare all'eventualità di chiedere ad Edoardo semmai, terminata la nostra vacanza canadese, fosse tornato in Italia con noi.
Temevo così tanto una papabile risposta negativa da spingermi ad evitare di chiedere. Avrei forse rovinato uno dei momenti più belli che io e Edoardo avevamo vissuto nell'arco della nostra relazione.

《Dovrei tornare con Filippo. Se si sveglia e non ci sono, non vorrei si sentisse spaesato. 》

Edoardo si convinse del fatto che il nostro ritaglio di tempo privato fosse finito.
Avevo scelto di venire con Filippo, non potevo fare o pensare come se lui non ci fosse.

Ci rivestimmo in silenzio, ma senza toglierci gli occhi di dosso. Ci scambiammo boccacce e occhiatacce, sorridendo. Ogni momento era buono per scherzare di noi.

《Promettimi che domani parlerai con Elisa di vostro padre. 》

《Giuro che lo farò. Temo si incazzerà lo stesso, ma hai ragione. Non posso tacere oltre. 》

Filippo giaceva nel lettone ancora abbracciato al suo orsacchiotto di peluche preferito, l'unico che si era portato dietro. Senza di esso non sarebbe mai stato capace di dormire.
Mi accoccolai al suo fianco e lo strinsi tra le braccia, lui di rimando si fece più piccolo e mi prese la mano.

In quel momento di romanticismo con mio figlio, iniziai a sentire la stanchezza farsi avanti sovrana. Gli occhi pian piano si chiusero, i muscoli tornarono a rilassarsi.

La notte era ancora giovane e, sebbene io e Edoardo avessimo speso molto tempo insieme, avevo ancora molto agio per restare nel lettone con il mio bambino.

Mi addormentai, stretta a lui, come non avevamo fatto mai.
Lo sentii mio fino in fondo, fin sotto la pelle, dentro il cuore, oltre il concetto di madre e figlio.

Una parte di me, la migliore.

Per lui, solo per lui, non avrei mai potuto o voluto valutare l'opzione di trasferirci all'estero.

La parte migliore di me urlava sull'altra, la più egoista.
La vita di Filippo non sarebbe mai stata stravolta a causa di un mio capriccio.











Te Lo Voglio Raccontare [COMPLETA]Where stories live. Discover now