58. Sola

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Isabelle

Entro in sala con mia sorella dietro di me. Tutti hanno preso posto intorno al lungo e rettangolare tavolo elegantemente apparecchiato. Mio padre a capotavola, mia madre alla sua sinistra, a destra Spencer e vicino a lui vi è Mike.
Tutti spostano lo sguardo nella nostra direzione. Il loro modo di osservarmi mi infastidisce.
Avere gli occhi di Spencer puntati addosso mi fa gelare il sangue nelle vene. Mi fa contorcere le budella nello stomaco. Deglutisco a fatica il groppo che ho in gola.

Mi avvicino a piccoli passi al tavolo e prendo posto vicino a mia madre. Sono di fronte a quello che fino a pochi mesi fa era l'uomo che avrei dovuto sposare. Alzo i miei occhi su di lui solo per un istante. Mi sta fissando con uno sguardo che non riesco a decifrare o forse semplicemente non ho voglio di farlo. Rivederlo non mi crea nessun senso di benessere, nessuna emozione piacevole. Solo un enorme e, forse immotivato, fastidio.
Perché lui non dovrebbe essere qui.
Perché al suo posto dovrebbe esserci Devlin.

Mio padre esordisce con qualche frase di circostanza alla quale io non presto la minima attenzione. Mia sorella seduta vicino a me mi accarezza una coscia. Un gesto lieve e fraterno, che mi conforta almeno un po'. Che mi dice "io ci sono".

Nonostante ciò sento un vuoto allo stomaco. Perché lui non c'è, invece. Lui non è qui con me. Non ci sono le sue mani, non c'è il suo abbraccio caldo e rassicurante, che mi protegge e mi fa sentire al sicuro da Spencer e dal mondo intero, la sua voce profonda, i suoi occhi maliziosi, ma sinceri.
So che se lui non è qui con me la colpa è per la maggior parte mia. Io ho voluto tutto questo. Io non sono stata abbastanza forte da stargli vicino, quando probabilmente ne aveva più bisogno. Io mi sono arresa senza combattere più dello stretto necessario.
Io.
Io.
Solo Io.

«Signorina LaCroix, pensa di ritornare a lavorare al casino Versailles dopo questa lunga assenza?» La voce fredda e greve di Spencer si insinua tra la cortina dei miei pensieri.

Perché si ostina a rivolgermi la parola nonostante io faccia di tutto per evitarlo?
Sono certa provi un sadico piacere nel mettermi in difficoltà.
Alzo i miei occhi e li punto dritti nei suoi.
Taglienti. Glaciali. Beffardi, ora mentre mi rende protagonista della sua malsana attenzione.

Tutti gli occhi sono puntati su di me. In attesa di una mia ipotetica risposta. Gli occhi compassionevoli di mia sorella. Quelli spaventati di mia madre. Quelli  spietati di mio padre. Quelli curiosi di Mike.
Cerco di modulare la respirazione, anche se il mio intero essere trema sotto l'attenta analisi di quell'uomo meschino, che si diverte nel vedermi arrancare verso il minuscolo appiglio nella cima più alta e ripida della mia sicurezza.

Mi gira la testa. Ho lo stomaco aggrovigliato. La nausea mi toglie il respiro. Piccole goccioline di sudore mi imperlano la fronte. Rendono viscide le mie mani. Le sfrego forte sulle cosce coperte dal vestito.
Troppi sguardi curiosi. Pieni di aspettative.
I suoi occhi di ghiaccio non mi lasciano neanche per un istante. Studiano ogni mio più singolo movimento. Mi soppesano calmi. Un sorriso graffiante affiora sulle sue labbra.

La lama affilata di un coltello.
Un dito sulle labbra, intima il mio silenzio.
Uno squarcio.
Sangue.
Sangue ovunque.
Bagna le mie scarpe.
I mie vestiti.
Il mio viso.
Due occhi neri, mi fissano ormai esanimi.

Il cuore batte sordo dentro alla cassa toracica, quasi a volermi squarciare il petto. Non sento più niente. Non vedo più niente.
Non ce la faccio.
Mi manca l'aria.
Devo alzarmi.

Perché ho un'improvvisa voglia di gettarmi tra le braccia forti e rassicuranti di Devlin. Di farmi cullare dal suo respiro profondo e dalla leggera vibrazione che produce il suo corpo quando mi parla con la sua voce profonda.
Dio se solo lui fosse qui.

Mia per vendettaWhere stories live. Discover now