24- SVEGLIAAAAAAAA!!!!

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Vuoto. Un immenso, denso vuoto.
Sconcertata, provo a guardarmi attorno, ma vedo solo, se così si può dire, il nulla più totale.
In effetti, non mi sembra neanche di avere una superficie sotto i miei piedi; è come se stessi semplicemente fluttuando.

Ma all'improvviso la temperatura cala drasticamente e mi sento sprofondare in una caduta che sembra perpetua.
Urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni, nella paura incondizionata per il prossimo schianto, che però sembra non arrivare mai.
E mi ritrovo a cadere all'infinito, senza più neanche sapere dove sia il basso e dove l'alto, dove sto andando e da dove vengo.
Mentre qualche sporadica lacrima solca le mie guance, lancio un ultimo grido disperato.

Ed è allora che mi sveglio, tirandomi su con il busto in un istante, madida di sudore, con gli occhi stralunati e il respiro mozzato.
Lentamente cerco di riprendermi e regolarizzare il respiro.
Appoggio la fronte sulle mie mani, i gomiti sulle ginocchia, chiudendo gli occhi.

Che schifo di incubo.
Di solito, quando faccio un incubo, è sempre qualcosa che, in qualche modo, posso combattere. Che si tratti di una situazione particolarmente spiacevole, o di un mostro che mi perseguita, c'è sempre qualcosa che posso fare, al limite correre via.

Ma, questa volta, ero impotente.
Costretta a cadere all'infinito, senza neanche la possibilità di sapere se quella caduta mi avrebbe portato a schiantarmi, prima o poi, e morire miseramente, o se ero destinata semplicemente a restare imprigionata in quel supplizio per l'eternità.

Quando finalmente il mio respiro è tornato più o meno alla normalità e il battito è decelerato, alzo lo sguardo.
Nel buio della casa, riesco a scorgere la figura del letto di Percy, con mio fratello che dorme beatamente.
Per fortuna non l'ho svegliato.
Anche se penso che neanche se in quel momento fosse comparsa una masnada di bambini strillanti delle elementari quella Testa d'Alghe avrebbe interrotto il suo sonno.

Un piccolo sorriso mi sorge spontaneo, facendomi rilassare per un attimo.
Lascio cadere lo sguardo sull'orologio, che segna le 4 di mattina da poco passate.
Con l'ansia che ho addosso in questo momento, difficilmente riuscirei a riprendere sonno, quindi opto per fare una passeggiata tranquilla.

Lentamente mi infilo le scarpe e una giacca di jeans leggera, lego i capelli in una coda spettinata ed esco, stando attenta a chiudere la porta senza fare il minimo rumore.
Appena fuori, mi lascio guidare dai miei piedi, non sapendo bene dove andare.
In breve tempo mi ritrovo in spiaggia, su un piccolo pontile.
Raggiungo il limite e mi siedo sul bordo, facendo pendere le gambe proprio sopra la superficie marina.

Prendo un grande respiro e trattengo il fiato, come a cercare di metabolizzare la brezza marina in me, per poi espirare.
Mi sento subito meglio, quasi come se non fosse successo niente, anche se il ricordo di quell'orrendo incubo resta impresso a fuoco dietro le mie palpebre.

Resto per un po' lì seduta, ad ammirare la tavola dell'oceano davanti ai miei occhi, nelle sue sfaccettature sempre più variegate, mano a mano che il sole si avvicina a sorgere, e la luce cambia lentamente, senza fretta.

All'improvviso sento un rumore leggero, quasi un fruscio dietro di me.
Mi volto in fretta, ritrovandomi davanti Theo.
Okay, non me l'aspettavo.

Nemmeno io. Che diamine ci fa lui qui?

Bella domanda.
Con un sorriso gentile indica lo spazio accanto a me e, a un mio cenno di assenso, si siede alla mia destra.
Alla mia espressione interrogativa risponde con una breve alzata di spalle.
T: "Non avevo troppo sonno. Tu?"
Aly: "Idem."

Torno con lo sguardo sull'acqua, nonostante ci metta poco a rendermi conto che i suoi occhi sono fermamente puntati su di me.
Non mi volto nemmeno a guardarlo, anzi continuo ad ammirare la bellezza del mare, mentre schiudo la bocca.
Aly: "Cosa c'è?"

Underwater - Figlia di PoseidoneWhere stories live. Discover now