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"Rinascita della Fenice"

Il giorno dopo mi sento uno schifo, ma poi mentre facciamo colazione in silenzio Harry mormora: «Corri con me fino alla palestra?».

Annuisco.

Sembra che mi guardi come se non sapesse cosa fare con una granata appena esplosa. Anch'io sto cercando di capire cosa fare con me stesso. Non mi sono mai sentito così consumato dalla gelosia e dal dolore, dalla rabbia e dall'odio verso me stesso in tutta la mia vita. Ho la nausea, e a colazione non riesco a mangiare niente, mi limito a bere un succo d'arancia, poi mi metto i leggings da corsa e le scarpe da ginnastica, e cerco di non vomitare mentre mi lavo i denti.

L'Arizona oggi è un inferno, e sul sentiero fuori dal nostro albergo mi metto il berretto e faccio un po' di stretching, cercando di concentrarmi sulla seconda cosa che amo di più al mondo dopo Harry: la corsa.

Lo so che mi farà stare bene... Se non proprio bene, almeno un po' meglio.

Non ne abbiamo parlato.
Non ci siamo baciati.
Non ci siamo toccati.

Da quando ieri sera ho pianto come un idiota fra le sue braccia.
Quando mi sono svegliato lui stava guardando fuori dalla finestra con un'espressione indecifrabile, e quando si è girato, come se avesse percepito che mi ero svegliato, ho dovuto chiudere gli occhi, perché avevo paura che se fosse stato gentile con me sarei crollato di nuovo.

Adesso saltella sul posto mentre faccio allungamento. Indossa una felpa col cappuccio e pantaloni della tuta grigi: dalla testa ai piedi incarna il pugile corridore per cui moriresti. Uccideresti. Per cui lasceresti alle spalle la tua vita a Seattle.
«Va bene», sussurro, annuendo.

«Andiamo». Mi dà una leggera pacca sul sedere e cominciamo a correre, ma la notte insonne non mi permette di avere la velocità che vorrei. Harry invece non sembra granché stanco: corre in silenzio accanto a me e muove i pugni su e giù a ritmo con la corsa.

Continuo ad aspettare che le endorfine entrino in circolo, ma oggi il mio corpo non è dalla mia parte, né lo sono le mie emozioni. Vorrei soltanto acquattarmi in un angolo e ricominciare a piangere, finché non esaurisco tutte le lacrime e non farà più male, finché non sarò più arrabbiato con me, o con lui, per aver detto di sì a tutto, ma proprio tutto, ciò su cui poteva mettere le mani mentre per mesi ha rifiutato di mettere la mani su di me.

Mi fermo e mi appoggio sulle ginocchia, inspirando a fondo per calmarmi. Harry rallenta e muove i pugni su e giù mentre torna indietro. Vorrei imprecare per come mi sento di merda quando lui ha un aspetto più che decente. Si ferma vicino a me, e uso il berretto per nascondere la mia stupida faccia.
«Se dobbiamo correre fino alla palestra faremmo bene ad arrivarci prima di stasera», sussurra divertito, allungando una mano per alzarmi il berretto. Mordo forte il labbro inferiore mentre mi osserva, sforzandomi di sostenere il suo sguardo.

Mi sorride, e le fossette compaiono non appena lo guardo. Un po' arrogante, un po' eccitante, Harry Styles, l'uomo dei miei sogni. Con quella felpa grigia. Gli occhi verdi che mi scrutano. È così aerodinamico durante la corsa; anche quando è stanco sfida le leggi della gravità. Le spalle, dure come roccia, tendono il tessuto della felpa mentre corre.

Vi prego, che qualcuno mi uccida ora.

«Credo che camminerò», gli dico, inginocchiandomi per fare un altro nodo alle scarpe, così da poter guardare le mie Nike e non lui. «Va' avanti senza di me, io ti raggiungo».

Mio | Versione LarryWhere stories live. Discover now