Capitolo 11 - ragazzina

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Ashley

«È un amore tuo fratello»
Gli dico non appena rimaniamo soli.
«Già. Mi spiace solo che non può avere un padre come tutti i suoi amici. Cerco di esserlo io ogni tanto ma so che non è lo stesso»
Và verso il frigo e prende una birra. Mi fà segno chiedendomi se la voglio anche io ma rifiuto.
«Lui ti vuole bene Ethan, gli si legge in faccia. Avete un bel legame»
Si siede sul divano e mi fà segno di fare lo stesso, quindi mi siedo al suo fianco.
Rimane zitto e forse so a cosa pensa. «Non è colpa tua Ethan se tuo padre non è qui. E non è nemmeno colpa di Matias, assolutamente. È solo colpa sua che è un uomo orribile. Senza offesa»
Lui ride leggermente. «Nessun'offesa»

Per qualche minuto regna il silenzio.
Si sente solamente il leggero rumore che emette quando beve.
«So che hai notato che con mia madre ero un po' freddo. Quando mi ha chiamato a telefono e anche prima»
Lo guardo ma non rispondo, lui guarda la tv spenta davanti a noi.
«Non ho niente contro di lei. Amo quella donna: è la più importante della mia vita, ma odio il fatto che debba lavorare così tanto perché l'uomo che ha sposato ci ha lasciato senza un soldo»
Sono felice che me lo abbia detto: vuol dire che con me si sente libero di parlare.
«Posso capirlo...»
«No non puoi. È una cosa che se non la provi sulla tua pelle non puoi capirla»
Dice con tono calmo.
Si ha ragione, non posso capire come si sente. Io posso solo lontanamente immaginarlo.
«Non saresti dovuta venire qui oggi. Non è così che volevo farti conoscere di mia madre. Per di più non posso riportarti a casa: non posso lasciare Matias da solo per un'ora, e non ti lascio tornare da sola»
«Non ti preoccupare, davvero»
Finisce la birra e poggia la bottiglia ai piedi del divano.
«Hai finito i servizi che dovevi fare a tua madre?»
«Si si, ci ho messo poco. Dobbiamo solo aspettare che torna e poi ti porto a casa, ma ci vorrà tempo»
«Se devi rimanere in piedi fino a tardi per me allora posso and-»
«No tranquilla. Sono abituato a fare le ore piccole» Mi interrompe. «Ti va se accendo la tv?»
«Certo.»
Troviamo un film appena iniziato (nonostante l'orario) quindi ci mettiamo a vederlo, anche se non lo stiamo seguendo: ognuno è immerso nei propri pensieri.
Passa giusto mezz'ora e inizio a sbadigliare. Sono davvero stanca, è stata una lunga giornata.
Senza rendermene conto poggio la testa sulla sua spalla... non dice niente quindi rimango così.
Sento il suo braccio circondarmi i fianchi e qualche minuto dopo sono già nel mondo dei sogni.

...

Il mattino dopo mi sveglio in una stanza non mia. Il sole mi dà fastidio agli occhi, guardo alla mia destra e infatti la finestra ha la tapparella alzata.
Mi guardo intorno e capisco di essere in camera di Ethan. Sono stesa sul suo letto che è grande quanto uno matrimoniale. Il cuscino e le coperte profumano di lui: di bagnoschiuma e colonia per uomo.
La sua stanza è molto semplice e il colore predominante è il nero.
Guardo l'orario sulla piccola sveglia posta sul comodino e vedo che sono le nove del mattino. Mio Dio è tardissimo! Mia zia sarà preoccupatissima!
Il mio cellulare è vicino alla sveglia ma è completamente scarico, non si accende nemmeno.
Velocemente mi alzo, metto le scarpe (che stanno ai piedi del letto) ed esco dalla stanza.

Vado in cucina e trovo Ethan in piedi rivolto verso il lavello della cucina con solamente un pantalone grigio della tuta addosso. La sua schiena muscolosa è in bella vista.
Cavolo...
Deve avermi sentita arrivare perché subito si gira e mi guarda. Ha i capelli scompigliati e gli occhi sono più verdi del solito. È così... un momento, ma che sto pensando?!

«Buongiorno» Dice. «Vuoi fare colazione?»
Mi guardo intorno. «Siamo soli?»
«Si, mio fratello è a scuola e mia madre a lavoro»
Oh, bene.
«Scusa se mi sono addormentata ieri sera. Tu hai dormito...ehm» Indico la sua stanza senza riuscire a formulare la frase.
«Ho dormito sul divano» Si poggia con la schiena sul frigo.
C'è solo il tavolo da pranzo che ci divide.
Ha degli addominali così... e dei pettorali così... e le braccia sono così... basta devo smetterla.
«Potevi far stare me sul divano. Mi spiace»
«Tranquilla.»
«Comunque io dovrei andare, mia zia sarà preoccupata»
«Non vuoi mangiare niente?»
Guardo la porta e poi di nuovo lui. «Meglio di no, è già molto tardi e mia zia non ha notizie mie da ieri sera»
«Va bene, dammi solo il tempo di mettere una t-shirt e prendo le chiavi della macchina. Puoi aspettare qui, intanto»
«Ok.» Sussurro.
Và in camera sua e io mi siedo su una sedia. È stato imbarazzante...
Poco dopo torna e ha messo una t-shirt a giromanica nera.
«Andiamo?» Annuisco alzandomi e andiamo in macchina.

Il viaggio è silenzioso... ha acceso la radio che è l'unica cosa che spezza il silenzio.
Mezz'ora dopo siamo davanti casa mia e ferma l'auto nel primo posto libero che trova.
Faccio un sospiro e poi tolgo la cintura.
«Che hai?» Mi chiede.
«Mi ucciderà, me lo sento. Se non mi sentirai per due settimane sappi che è per questo»
Lui ridacchia. «Esagerata! In fondo l'avevi avvisata»
Già, ma ormai dopo mio zio lei è diventata più protettiva con le persone che ama.
«Si ma non che sarei tornata la mattina dopo. Ok, vado. Posso farcela»
«Fammi sapere se ti lascerà vivere o no» Mi prende in giro.
«Si ma non ho il tuo numero»
«Giusta osservazione» Prende il suo cellulare, lo sblocca e me lo passa.
«Me lo regali? Grazie ma ne ho già uno» Scherzo.
«Scema, segna il tuo numero così ti scrivo» Alza gli occhi al cielo sorridendo.
E così faccio, per poi ridarglielo.
«Come mi hai salvata?» Mi sporgo verso di lui e leggo il nome sul suo cellulare: "Ragazzina".
«Antipatico!» Lo guardo male e lui ride.
«Vabbè ora vado» dico.
«Va bene. Ci sentiamo più tardi»
«Se sarò ancora viva» Esco dall'auto.
«Si vedrà, magari sono fortunato» Sorride.
Lo guardo male, chiudo la portiera e mi avvio verso la porta di casa.

Non appena entro mia zia quasi mi si butta addosso. «Ma dov'eri finita? Mi hai fatta preoccupare tantissimo!»
«Scusami zia, hai ragione. Il cellulare è morto e non ho potuto avvisarti»
«Si può sapere che hai combinato? Ho iniziato a pensare al peggio!»
«Ethan aveva un problema a casa sua e mi sono offerta di aiutarlo, però si è fatto tardi e senza volerlo mi sono addormentata» Spiego brevemente.
«E sei andata a casa di un perfetto sconosciuto?»
Abbasso lo sguardo sentendomi in colpa. In effetti ha ragione. Se sapesse che è anche del Bronx ora darebbe di matto...
«Per questa volta la passi liscia, ma la prossima sappi che chiamerò tuo padre»
«Zia ma ho quasi 20 anni! Posso badare a me stessa!»
«Non mi interessa, sei sotto la mia responsabilità e New York è troppo grande e pericolosa, in particolare il Bronx»
«E ora cosa c'entra quel quartiere?»
«Non voglio assolutamente che ti ci avvicini»
«Non l'ho fatto e non lo farò! Lo sai bene» Mento.
«Buon per te»
E detto questo se ne và in cucina.
Non mi piace che mia zia mi rimproveri, non l'ha mai fatto prima d'ora.
Penso che sia normale, ha paura che qualcun altro a cui tiene possa farsi del male.
Salgo in camera mia e poco dopo mi arriva un messaggio da uno sconosciuto.

"Ancora viva?"

Sorrido capendo chi è e salvo il suo numero.

"Fortunatamente si, ma ho quasi rischiato"

Aspetto qualche minuto e subito arriva la sua risposta.

"Mmh peccato, dovrò sopportarti ancora per molto ragazzina"

Sorrido alzando gli occhi al cielo.
Esco dalla chat e mi metto alla tastiera a suonare qualche brano per rilassare un po' la mente.

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