Amicizia

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"Un vero amico è quello che pensa che tu sia un buon uovo persino se sa che il tuo guscio è un po' incrinato."
– Bernard Meltzer

Queenie stava bene. Fu questo che Newt riuscì a dedurre appena entrò nella carrozza di Owen, dove lei era stata portata dopo essere stata ferita dalla freccia di T. Quando si era svegliato, quella nuvolosa e pigra mattina dopo i folli eventi che lo avevano portato a vedere un uomo lanciarsi da un burrone e al conseguente distacco da parte del suo più caro amico, dopo aver passato l'intera nottata a piangere per i suoi Asticelli, Newt si era reso conto che non era andato ad accertarsi della salute della Legilimens nemmeno una volta, così aveva deciso di rimediare; era andato a cercarle dei fiori, impresa non troppo semplice in un campo acquitrinoso come quello in cui si trovavano, ed era andato da lei. Appena arrivato, si rallegrò nel trovare Queenie seduta su un materasso, probabilmente uno di quelli che i trapezisti usavano per non farsi male durante le prove, con la schiena appoggiata contro la parete della carrozza, intenta a leggere "Orgoglio e Pregiudizio". La radio era accesa a volume basso e alcune note di Jazz appena accennate riempivano la stanza con la loro allegria. La strega aveva la mano completamento avvolta in candide fasce, che dovevano essere state appena cambiate, ma il suo volto era molto più rilassato rispetto a quando Newt l'aveva vista l'ultima volta. Lei dovette accorgersi immediatamente della presenza del Magizoologo, ma chiuse il suo libro solo dopo qualche secondo, poi sorrise, alzando lo sguardo verso Newt.
— Vedo che Owen ti sta trattando bene, — disse il mago, non sapendo bene come iniziare la conversazione.
— Puoi scommetterci! — esclamò Queenie in risposta. — Mi ha persino portato il mio cioccolato preferito, aromatizzato alla vaniglia! Te ne avrei lasciato un po', se avessi saputo che saresti venuto...
— Jacob non sarà geloso? — scherzò Newt, porgendole il modesto mazzo di fiori che aveva raccolto per lei.
— Di Owen? Possibile... — la strega rise e annusò i fiori. — Sono deliziosi, ti ringrazio!
— Non potevo venire a mani vuote, — disse Newt, abbassando timidamente lo sguardo.
— Ti prego, Newt, smettila! — esordì Queenie dopo l'istante di silenzio in cui si alzò per sistemare i fiori dentro un vaso. — Sono felice di vederti, ma devi smetterla di fingere che vada tutto bene. So già tutto —.
— Cosa?
— So che stai male. Questa maledetta freccia mi ha indebolita, ma sono ancora perfettamente capace di leggere i tuoi pensieri! Mi dispiace così tanto per i tuoi Asticelli, dev'essere stato terribile —.
Come se avesse intuito l'argomento della conversazione, Pickett emerse di qualche centimetro dal taschino di Newt e poi salì sulla sua spalla. Aveva assunto un colore leggermente più scuro e, a causa della tristezza che provava, le sue foglie pendevano verso il basso, non più verdi e rigogliose come una volta ma quasi rinsecchite.
— Non so come tu faccia a riposare o addirittura leggere, nella tua mente dev'esserci un trambusto che non oso immaginare! — disse il Magizoologo, cambiando prontamente argomento per evitare di scoppiare di nuovo in lacrime.
Queenie, con il solito tatto che dimostrava nelle relazioni umane, lo assecondò: — Per chi non ha mai conosciuto il silenzio, il rumore non è un problema. Anche se qualche volta mi piacerebbe non essere me per qualche secondo. Posso entrare nella mente di chiunque, ma non nascondo che qualche volta vorrei poter seguire solo il filo dei miei pensieri, senza avere altri mille fili da districare...
  Il Magizoologo rifletté a fondo su quelle parole e inevitabilmente si ritrovò a pensare a quello che gli aveva detto Jacob il giorno prima. — Almeno tu non sei condannata a provare pietà per chiunque. Sai di per certo chi è buono e chi no —.
  — Oh, non è così semplice. Raramente troverai persone cattive nella tua vita, — spiegò saggiamente lei, e dalla sua espressione si sarebbe detto che stesse meditando su ciò che ne era stato di sua sorella. — solo persone con obiettivi diversi dai tuoi. Almeno questo è quello che ho imparato dopo venticinque anni passati a leggere le persone.
— Ma Jacob...
— So cosa ti ha detto Jacob. O meglio, cosa non ti ha detto. Tu sai che lo amo più di chiunque altro al mondo, ma devo dare ragione a te in questo caso. Non devi vergognarti della tua bontà, perché quella è la tua forza. La pietà non è la virtù dei deboli, è la virtù dei forti. Vedi, io ti invidio: tu a differenza di molti altri non hai bisogno di vedere la sofferenza per sentirti migliore, anzi, questa ti fa stare male. Se Jacob è davvero tuo amico, e credo lo sia, lo capirà — affermò Queenie con certezza, con la stessa leggerezza nella voce che si sarebbe potuta riscontrare se stesse parlando di cucina o di shopping. Lei era fatta così: il suo potere le aveva conferito col tempo una certa ragionevolezza che lasciava intravedere di tanto in tanto, della quale tuttavia sembrava a malapena rendersi conto. Forse perché da sempre era stata presa in considerazione per il suo aspetto, più che per la sua mente.
— Suona come una cosa che direbbe Owen, — notò Newt.
— Dovrei sentirmi lusingata perché mi reputi alla pari della sua saggezza oppure offesa perché non mi consideri abbastanza saggia per formulare un pensiero del genere da sola?
— Io... non intendevo questo... — balbettò Newt, temendo di aver ferito i suoi sentimenti.
— Lo so benissimo, — sorrise la Legilimens, — sto solo scherzando! Non devi prendere così sul serio le persone. Però ammetto che per certi versi hai ragione. Owen viene qui spesso e conversare con lui è parecchio stimolante. So che sembro fatta solo di frivolezze a un occhio poco attento, ma mi piace parlare di cose profonde —.
— Per essere in convalescenza hai uno spirito niente male
— Conosco un detto che dice: "nessuno mette KO Queenie Goldstein!"
— Non credo di averlo mai sentito
— Lo credo bene, l'ho appena inventato!

— Non è nemmeno in rima, lo sanno tutti che i detti migliori sono in rima! — si intromise una voce dietro di loro. I due si voltarono immediatamente e videro Jacob sulla soglia, che si guardava le mani come se aspettasse qualcosa. Poi sembrò finalmente prendere una decisione, si chiuse la porta alle spalle e zoppicò verso Newt, abbracciandolo fin quasi a stritolargli le costole, al punto che Pickett fu costretto a spostarsi per non finire schiacciato. — sono un cretino, perdonami, — disse poi.
— Non essere così duro con te stesso — lo rassicurò Newt.
— Sì, lo sei — asserì Queenie nello stesso momento, in tono scherzoso. — Sei il mio cretino preferito —.
— Oh, vieni qui — Jacob si avvicinò all'amata, stampandole un bacio sulla guancia e provocando un immediato rossore sulle guance di Newt, che abbassò lo sguardo come se si sentisse di troppo. — come stai oggi, tesoro?
— Quasi non mi fa più male... — rispose la strega.
— Molto bene. Continua a riposare, d'accordo? — le raccomandò lui, tornando poi a cercare lo sguardo di Newt. — Ascolta, amico mio. Mi sono comportato uno schifo, però l'ho fatto solo perché in quel momento potevo solo pensare al fatto che ero venuto ad aiutarti e tu non mi avevi affatto considerato, eccetera, eccetera... hai voluto fare di testa tua e... mi sono un po' arrabbiato, ecco!
— No, Jacob — Newt scosse il capo, vergognandosi di aver fatto sentire così il suo amico. — Alla fine avevi ragione tu, quel maledetto ti ha colpito, tutto a causa mia... sono io quello che deve scusarsi —.
— Non potevi saperlo. E poi adesso sto bene, ho solo la caviglia un po' dolorante, ma presto sarò perfettamente in forma!
— Quindi... — mormorò il Magizoologo, — è pozione passata?
— Ti sta chiedendo se è acqua passata — si affrettò a tradurre Queenie, notando la sua espressione confusa.
— Ma certo che è pozione passata! — esclamò lui. — Anche perché adesso abbiamo cose più importanti a cui pensare... tipo il messaggio di Tina che penso di aver appena decifrato —.

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