Lettera a Silente

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Siediti lungo la riva del fiume e aspetta,
prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico.
(Proverbio cinese)

Se i tre avessero saputo che qualcuno li stava ascoltando, probabilmente avrebbero evitato di parlare così liberamente. Ma in tempi come quelli le pareti avevano occhi e i pavimenti si disponevano all'ascolto, e la minima imprudenza poteva costare molto cara. Questo accadde ai tre sventurati, le cui parole vennero intercettate da un volto ben noto: si trattava di Greefoz, l'allegro e ingenuo Greefoz. La sua espressione di solito gentile era ora deformata in un ghigno mentre apprendeva proprio ciò che aveva bisogno di sapere. La fortuna era finalmente dalla sua parte. Si smaterializzò, e l'attimo dopo era faccia a faccia con Gellert Grindelwald in persona. La porta si chiuse alle loro spalle mentre Greefoz esponeva dettagliatamente tutto ciò che aveva sentito, rivelando ogni cosa. Grindelwald sorrise come chi si rende conto di avere la vittoria in pugno e già ne pregusta il dolce premio. L'aveva visto accadere nel futuro, e ora tutto si spiegava: stavano arrivando. E a quel punto non sarebbero mai più stati un problema. Doveva affrettarsi a trovare Thunder e fare ciò che per tanto tempo aveva atteso. In un primo momento pensò che non avrebbe mai dovuto permetterle di lavorare per lui, ma appena quell'idea lo sfiorò si accorse che quella sciocca pensava di imbrogliarlo, ma gli aveva solo fatto un enorme favore. Appena la vide, le sfiorò la spalla e la fissò per qualche istante, negli occhi, con un sorriso appena accennato. Quegli attimi parvero interminabili.
— Pensavi davvero di ingannarmi? — sussurrò poi, avvicinandosi al suo orecchio.
— Signore... — disse Thunder con calma glaciale. Un brivido le attraversava la schiena.
— So cosa stai architettando. So che i tuoi patetici amici stanno venendo qui a salvarti. Speravi di battermi, ti credevi intelligente, ho ragione? Pensi di avere il controllo, ma non capisci quanto ti sbagli. Che vengano pure. Noi li accoglieremo come si deve, non è vero? — Grindelwald allungò la mano e con le dita pallide accarezzò i capelli di Thunder, che non ebbe la forza di parlare. — Mi sei stata utile in questi giorni. Temo però che la tua anima si sia macchiata invano. Addio —.
A Grindelwald bastò alzare un dito. Due dei suoi seguaci giunsero, Thunder fu privata della sua bacchetta e scortata a una cella. Non ebbe la forza di opporsi. Le sbarre si chiusero davanti a lei e lì rimase, con una lacrima che le scorreva sulla guancia.
In tempi come quelli la minima imprudenza poteva costare molto cara. Fu una lezione che anche Grindelwald avrebbe appreso; non si era infatti accorto della pozione che Thunder aveva bevuto poco prima.

Nella sua valigia, il Magizoologo Newt Scamander era intento a riflettere. Si trovava lì già da ore, al punto che aveva rifiutato persino il pranzo. Andava avanti e indietro, vagava per tutti gli habitat, usciva dal capanno e poi rientrava, volgendo di tanto in tanto lo sguardo al foglio di pergamena che aveva appoggiato sulla scrivania per scrivere la lettera a Silente. Lo avrebbe fatto subito, ma sentiva di dover prima riordinare le idee.
Sulle prime non ci aveva pensato, ma se il messaggio di Tina era stato tradotto correttamente, gli attacchi di Grindelwald non erano che all'inizio, e questo significava solo una cosa: altre sofferenze. Era già sfuggito a lui prima, ma sapeva che non avrebbe avuto molte speranze questa volta. Era stata Tina a duellare per ben due volte con il Mago Oscuro più potente che il mondo avesse mai conosciuto, adesso però lei non c'era, anzi, sapeva che probabilmente avrebbe dovuto puntarle una bacchetta contro al più presto. Non riusciva a immaginarselo.
Quella storia per lui aveva sempre meno senso; non aveva mai cercato né fama né potere, come si era ritrovato dunque con un Mago Oscuro alle calcagna pur facendosi semplicemente gli affari suoi? Anche se questa volta era lui a inseguire quello stesso Mago Oscuro per riprendersi la persona che stava iniziando a capire di amare, si sentiva il fiato sul collo di continuo.
C'era anche l'assassino di Creature Magiche che gli aveva portato via parte della sua famiglia a preoccuparlo. Ormai era morto, in più aveva la certezza che non si trattava di Tina, il che era un sollievo, ma qualcosa ancora non quadrava in quella storia. E non solo le sue Creature erano a rischio, ma anche la sua famiglia umana, che si era ritrovata nel bel mezzo di una guerra. E se Grindelwald fosse andato a cercarli per arrivare a lui? Se avesse torturato tutti loro, sua madre, suo padre... Theseus? Come se lo sarebbe perdonato? Decise che sarebbe andato a trovarli. Del resto, casa sua non distava molto dal luogo in cui si trovavano. Prima però doveva sistemare la faccenda del messaggio.
Si costrinse a prendere posto alla scrivania e intingere la penna nell'inchiostro. Di certo Albus Silente avrebbe saputo cosa fare di quell'informazione e sarebbe stato in grado di elaborare un piano e trovare una soluzione, come faceva sempre. Il Magizoologo, però, si sentiva un po' in imbarazzo a scrivere al suo vecchio professore dopo tanto tempo, e forse era stato questo, più che i pensieri, a spingerlo a procrastinare tanto. Gli aveva sempre messo un certo timore parlare con i suoi insegnanti, ma con il professor Silente il suo disagio era ancora più accentuato: in lui aveva sempre visto qualcosa di... strano. Era un professore fantastico e quasi tutti i suoi studenti lo amavano, Newt compreso. Era sempre stato d'accordo con i suoi compagni di scuola sul fatto che sapesse il fatto suo, ma lui era sempre stato abituato a osservare e aveva capito. Non sapeva cosa, ma era sicuro di aver afferrato qualcosa, qualcosa che non era mai stato in grado di comprendere del tutto. Albus Silente era un mistero, e agli occhi di Newt era chiaro che ci fosse molto più di quanto si raccontava in lui, anche se non avrebbe saputo dire se in senso positivo o in senso negativo. Nonostante fosse ormai adulto, questo timore reverenziale non si era mai dissolto del tutto, e si faceva vivo più che mai proprio ora che gli toccava scrivere. Fu costretto a riscrivere la lettera almeno una decina di volte prima di essere soddisfatto; voleva spiegare ogni cosa in maniera più chiara possibile, ma allo stesso tempo lo faceva sentire terribilmente insicuro addentrarsi troppo nella sua sfera privata e parlare del suo punto debole, che tuttavia non poteva in alcun modo essere omesso: Tina. Trovava complicato esporre la parte più personale di quella faccenda senza lasciarsi andare e dire troppo o troppo poco. Dopo un tempo più lungo del previsto, si arrese all'idea che non poteva strappare fogli all'infinito e arrotolò la lettera, legandola con dello spago prima che potesse cambiare di nuovo idea. Affidò la lettera a uno dei suoi gufi, il meno riconoscibile, e sperò che tutto andasse per il meglio. Accarezzò il folto piumaggio del semplice gufo grigio, gli lanciò uno scarafaggio e poi si arrampicò sulla scala con un piede solo e allungò un braccio per aprire la valigia. Il gufo sfrecciò all'esterno immediatamente. Newt lo guardò volare via finché non sparì dalla sua visuale. Quel gufo era ormai la loro unica speranza: con Silente dalla loro parte avrebbero fermato di nuovo Grindelwald.
Quando distolse lo sguardo prese un secchio con un movimento automatico, quasi senza accorgersene, e iniziò da capo il suo solito giro per controllare che tutte le sue Creature stessero bene e dar loro da mangiare. Regalò una moneta allo Snaso, che quel giorno era stato bravo e sembrava non aver rubato nulla, sorrise a Luna e Dougal che si rincorrevano gioiosamente e appoggiò due fiori sui rami che fino a poco tempo prima erano abitati da Titus e Finn, gli Asticelli che T aveva brutalmente assassinato. Rimase in silenzio per alcuni minuti, versò qualche lacrima e poi andò a cercare il piccolo Aragog per accertarsi che la sua nuova casa gli piacesse. L'Acromantula, però, non era lì, e non si vedeva da nessuna parte.
— Aragog! Aragog! — chiamò più volte. Ma Aragog era ormai troppo lontano per sentirlo.

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