Colpa dellʼalcol - I Atto

2.9K 144 10
                                    

Avevo passato una settimana intera a trangugiare zuppe per tentare di riscaldarmi, guardare film d’amore e ascoltare a ripetizione sempre le solite tre canzoni.
Mia madre aveva capito che mi era successo qualcosa, erano giorni e giorni che mi vedeva triste e mogia in ogni mio momento libero, sul divano con la mia copertina e i fazzoletti per via delle pellicole tratte dai romanzi Nicholas Sparks, e, accompagnata da mio fratello mi ripeteva “ma cos’hai?” ogni quarto dʼora.
Milo aveva quindici anni, e avevo sempre pensato che il legame che ci univa fosse qualcosa di unico e solo nostro.
Era più piccolo, ma si era sempre comportato come se avesse voluto difendermi dal mondo, forse perché vedeva i suoi compagni di scuola avere questo tipo di atteggiamento nei confronti delle loro sorelline minori, o semplicemente perché gli veniva naturale. 
Non sapeva tutto di me, non gli parlavo di ogni singola cosa che mi accadeva come facevo con Tommaso e Celeste, sopratutto per via della differenza dʼetà, che, seppur fosse poca, aveva sempre influito negli argomenti di conversazione, ma nonostante questo, lui mi conosceva meglio di tutti quanti. Non cʼera bisogno di raccontargli delle mie cotte, delle mie sbronze o delle mie disavventure, perché quando stavamo insieme io ero esattamente me stessa. Ci piacevano tanto i giochi da tavolo, e quando me ne stavo lì, seduta in veranda, con lui di fronte, avevo la sensazione che nulla potesse farmi del male.
Milo era la mia casa, lo era sempre stato, fin da quando gli avevo insegnato ad allacciarsi le scarpe e a fare le addizioni.
Non mi aveva mai visto tanto strana, probabilmente, e non la smetteva di fissarmi da sotto le sue lunghissime ciglia, e di pizzicarmi i fianchi, poiché sapeva che lo odiavo.

“La pianti? Voglio sentire.” Mi lamentai, indicando il televisore.

“Sembra la stessa cazzata strappa lacrime di ieri, hanno solo rigirato un poʼ la minestra e cambiato nome ai personaggi. Da quando ti piacciono queste schifezze da pappe molli?”

“Non possono piacermi dei film dʼamore perché altrimenti sono una pappa molle? Che cliché del cazzo.”

“Tu non sei il tipo di persona da fazzoletti e tre ore di paroline romantiche." Proseguì, rubandomi il telecomando.

“Milo, rimettilo subito qui! Ma che-Milo!” Gridai, quando premette il bottone rosso, spegnendo tutto quanto. Ma si era bevuto il cervello? “Riaccendi subito, coglione, e sparisci. Voglio vedere!”

“Senti, io non ficco mai il naso nei tuoi affari e sai che nemmeno mi piace farlo, ma sei strana, proprio strana, in questi giorni. Ora, io non so se hai litigato con Tommaso, o se Celeste ti ha rubato lo smalto nero e non vuole più resistiturtelo, oppure se ti sei fidanzata in segreto e lui ti ha mollato, ma qualsiasi cosa sia, non la risolverai guardandoti questa merda e mangiando i popcorn al caramello. Non è da te.”

Sembrava davvero che io mi fossi lasciata da una relazione? Se avesse saputo che ero uscita con la persona in questione soltanto una volta, probabilmente mi avrebbe riso in faccia.
Eppure… la sensazione che avevo provato quando mi aveva guardata quel giorno, il modo che aveva di ragionare, come se venisse da un altro pianeta, e quel  calore che avevo percepito tra le sue braccia, non mi volevano lasciare in pace.
Pensare che mi stava addirittura antipatico.

Mi aveva chiamata, molte volte, mi aveva scritto altrettante, ed io avevo quasi ceduto a rispondergli, ma stavo cercando di tenere duro, sebbene fosse difficile. E forse parlare giorno e notte per messaggio con Lele non aiutava, ma non potevo farne a meno, mi ero legata a lui in un modo speciale, e non avrei rinunciato a quell’amicizia per colpa del maledetto nano che continuava a stuzzicare i miei pensieri.

“E cosa, esattamente, sarebbe da me?” Domandai, lanciando addosso a mio fratello la scatola di plastica vuota dei popcorn al caramello di cui si era appena lamentato.

“Gridare al telefono per delle ore, o sparire e tornare alle sei del mattino con il mascara che ti arriva per terra e i capelli combinati come se avessi preso la scossa. Oppure prendertela con noi qui a casa, semplicemente perché sei nervosa e ti viene spontaneo odiare chiunque si metta sul tuo cammino.” Mi spiegò, gesticolando. “Non devi dirmi cosa succede, però è chiaro che non stai bene.”

Paper Houses Where stories live. Discover now