Affogare nel Po

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“Non ci credo che l’hai detto a papà.”

“Onestamente nemmeno io, ma doveva succedere.”

Era stato diverso parlarne a lui rispetto che a mamma o a Milo, perché nella testa di papà io non ero mai davvero cresciuta.

Certo, mi lasciava libertà, mi lasciava i miei spazi, mi lasciava la mia vita, ma era come se tutto quello che succedeva fuori da quella porta non fosse reale, perché una volta sorpassata la soglia di casa io tornavo ad essere la piccola Luce che si lanciava sul divano a guardare i cartoni con un bicchiere di latte tra le mani, e quella era realmente una parte di me.
Peccato che fosse anche però all’incirca l’unica che lui riuscisse a vedere. Perciò, sentirsi dire “ti devo presentare il mio ragazzo” quasi gli aveva fatto venire uno scompenso cardiaco.

“Il...cosa?” Aveva chiesto, allentandosi i bottoni della camicia attorno al collo.

Portava i capelli lunghi fino alle spalle, aveva della barba abbastanza evidente ed era diverso da qualsiasi altro papà che avessi mai conosciuto.
Quando veniva a prenderci a scuola, da piccoli, tutti quanti si giravano a guardarlo perché nessuno era come lui, con gli stivali a punta, le numerose collane e i suoi strambi cappelli.
Ma una come mia madre avrebbe potuto innamorarsi solamente di un uomo come lui, nettamente riconoscibile, diverso, unico nel suo genere.

E, ops, a me era successa la stessa cosa.

“E dopo essersi strozzato cos’ha fatto?” Continuò mio fratello, palesemente divertito da tutta quella situazione.

“Niente, che vuoi che abbia fatto. Mi ha domandato perché fosse stato l’ultimo ad essere informato, ha giocato un po’ a fare l’offeso, dopodiché mi ha minacciato. Esattamente come mi aspettavo.”

“Ti ha minacciata?”

“Non proprio a me.” Risposi, guardando il soffitto. “Tancredi.”

“Ah, be’, abbastanza prevedibile. Qualunque cosa abbia detto papà, io rilancio di dieci volte. Se ti vedo di nuovo stare male come la scorsa settimana gli strappo la carne a morsi, avvertirlo pure.”

“Scordatelo, Mini. Credo sia già sufficientemente spaventato.”

E lo era.
E mi divertiva.
E probabilmente ero una cattiva persona.

Ma quando mi sarebbe mai ricapitato di lasciare che si mostrasse così recidivo e palesemente ansioso? Probabilmente mai, dovevo approfittarne, oltre che vendicarmi, così, quando quel pomeriggio mi chiamò in preda al panico, decisi che gli avrei rinfacciato proprio tutto.

“Ora finalmente mi capisci, mh? Non fai più lo splendido come quando eravamo dai tuoi e mi prendevi per i fondelli perché tremavo come una foglia?”

“Guarda che è proprio tutto un altro tipo di situazione.” Tentò miseramente di pararsi il culo, senza riuscirci, perché non gli avrebbe creduto neanche un mollusco. “Tu sei la prima figlia femmina, tuo padre a quest’ora starà comprando un lancia fiamme.”

“Non è affatto diverso.” Insistetti, infilando nel carrello una bottiglia di vino mentre mantenevo il cellulare schiacciato tra l’orecchio e la spalla. “Tu sei l’unico figlio maschio, credevo che Serena mi avrebbe mangiata viva e invece mi manda quotidianamente il buongiorno e la buonanotte.”

“Okay, primo, non ne avevo idea, e questa cosa deve finire il più presto possibile.”

“Piantala.” Lo ammonii, sorridendo. “So che adori il fatto che andiamo d’accordo. Il secondo punto invece?”

“Il secondo punto è che sono il primo, tu non lo eri. Invece tuo padre mi vedrà come una specie di lupo cattivo che ha rubato la tua virtù e ti ha portato nel mondo degli adulti.”

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