Santa Klaus - Capitolo 6

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«Il 1° ottobre 1989, 43 donne in tutto il mondo partoriscono contemporaneamente, nonostante nessuna di loro mostri alcun segno di gravidanza fino all'inizio del travaglio. Sette dei 43 bambini vengono adottati dall'eccentrico miliardario Sir Reginald Hargreeves, il quale li addestra attraverso quella che lui chiama "Umbrella Academy", formando così una squadra di supereroi. Hargreeves dà ai bambini numeri anziché nomi, ma alla fine vengono conosciuti come Klaus, Luther, Diego, Allison, Ben e Vanya, tranne il Numero Cinque che non viene mai denominato con un nome proprio.» Sembra una voce registrata, Klaus racconta tutto quasi in maniera automatica, poi beve un sorso di caffè e torna per un attimo con gli occhi su di me. «Gli esperimenti condotti da nostro...Padre» pronuncia questa parola come fosse una bestemmia. Io darei tutto quello che possiedo per rivedere il mio solo per altri cinque minuti e lui, che ancora ce l'ha, che potrebbe rivederlo, parlarci, chiarirci lo tratta con disprezzo e odio. Ironia della vita. «Erano terribili, quei fottuti esperimenti. Certo fin quando sei bambino vedi tutto come se fosse un gioco, anche se di svago avevamo solo un'ora alla domenica e una al sabato. Ci addestravamo separati, se devo essere onesto non ho troppi ricordi fin quando il giorno del mio ottavo compleanno...» esita, deglutisce, beve di nuovo. La sua voce riparte con un leggero tremore di spinta: «Il giorno del mio ottavo compleanno papà disse che aveva costruito una stanza tutta per me in cui avrei potuto giocare senza che gli altri mi disturbassero.» Mi guarda abbozzando un sorriso amaro: «Era una tomba.»

Mi accascio con la schiena all'indietro come se fossi stata colpita da un proiettile invisibile.
Vanya ha omesso parecchie cose sul suo libro.
Mai mi sarei aspettata una confessione simile.
Adesso capisco perché ha tutto quest'odio nei confronti del padre...Cavoli, chi perdonerebbe un genitore simile?

«Avevo paura della morte.» Riprende Klaus dopo un lungo respiro: «Papà sosteneva che un essere perfetto, un supereroe come noi della Umbrella Academy, non doveva avere paura di niente così mi chiuse per tre giorni dentro quelle maledette pareti, una prova per superare le mie fobie con la "tecnica con confronto", la chiamava lui. Io li vedo ancora...» porta le mani al viso, ogni elenco è un piagnucolio: «Quei volti, quelle facce disperate e arrabbiate, quegli occhi di fuoco e le urla...Le urla disperate.» Silenzio. Ancora. Pesante come i macigni che hanno composto la tomba in cui il bambino dentro Klaus è morto a soli otto anni. «Tre giorni dopo il vecchio tornò a prendermi, avevo superato la prova e glielo dissi cercando di essere il più convincente possibile. Sai cosa rispose?» scuoto appena la testa in cenno negativo. «Altre tre ore.»

Mi sento male. Come può un genitore fare così del male ad un figlio? Adottato, ma pur sempre un figlio. Non oso immaginare cosa sia toccato agli altri fratelli e forse non voglio saperlo.

«Ora sai perché non voglio farlo. L'unico modo per tenere a bada quelle...Quelle cose, è cancellarle con una sana autodistruzione.» Abbozza un sorriso amaro: «Da piccolo avevo paura di morire. Adesso non vedo l'ora che succeda.»

No.
No, no, no.
Ero partita con l'idea che Klaus mi avrebbe salvata dai sensi di colpa, ora so che è il contrario.
Se sta così male non può aiutarmi.
Dentro di me, anche se lo conosco a malapena da un giorno, sento che siamo complementari, che io devo essere la sua colonna portante e lui la mia.

Mi alzo di scatto e vado a prendere il cellulare, sotto lo sguardo stranito e interrogativo del mio ospite (e iniziando ad avere una discreta fame) chiamo il mio locale di fiducia ordinando una pizza gigante.
E, perché no, quattro birre.

Klaus sorride e alza le braccia esultando all'idea che finalmente tornerà a bere dell'alcol, mi sento in colpa ma quando sussurra un «Grazie» ad occhi chiusi tutte le brutte sensazioni provate poco fa scivolano via.

Klaus Trilogy - The Umbrella Academy fanfiction - Alice Gerini -Where stories live. Discover now