Il posto più freddo.

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Ambra spense la sigaretta sotto la suola delle scarpe, quando vide un auto blu familiare, fermarsi a pochi metri da lei. Entrò dal lato dei sedili posteriori, sicura di non trovarlo alla guida. Ed ebbe ragione. Con la schiena appoggiata alla portella, il busto rivolto verso di lei ed un'espressione dura sul volto, Giuseppe la guardava. Deglutì, chiudendo la portiera. Lui non le rivolse la parola e fece un cenno all'autista, il quale partì.

"Giuseppe, posso spiegarti."

"Ne parleremo una volta arrivati a casa tua. Ora non proferire parola." Ambra ubbidì, cominciando a torturarsi le mani. Rivolse uno sguardo all'autista, il quale ricambiò con un sorriso d'incoraggiamento attraverso lo specchietto retrovisore. Eccezione fatta per Leo, Elisa e Casalino, a quanto pare, quell'uomo era l'unico a conoscenza della loro relazione, dimostrando una grande lealtà nei confronti del Premier, il quale si fidava di lui. Il viaggio verso il suo appartamento fu silenzioso, interrotto soltanto dalla suoneria del telefono di Giuseppe che lui ignorava o chiudeva, senza nemmeno rispondere. Teneva gli occhi chiusi, tenendosi, con le dita, il ponte del naso. Una volta arrivati davanti casa sua, lui si protese in avanti, per parlare con l'autista.

"Roberto, fai un giro. Ti avviso quando mi servi." L'uomo annuì, servizievole. Entrambi scesero dall'auto in religioso silenzio e allo stesso modo entrarono nell'appartamento. Una volta dentro, Ambra gettò la borsa per terra, spogliandosi del cappotto. Lui fece lo stesso, rimanendo solamente con la camicia. Lentamente si tolse i gemelli dai polsini e li infilò nella tasca interna della giacca che aveva appoggiato sul divano. Allo stesso modo cominciò ad arrotolarsi le maniche fino ai gomiti. Ambra lo guardava, senza proferire parola, così come faceva lui. Era furioso e la sua rabbia si percepiva nella piccola stanza. Finalmente si decise a guardarla, portandosi le mani sui fianchi, all'altezza della cintura.

"Spiega." Disse duramente, guardandola negli occhi. Lei deglutì e si appoggiò al tavolo.

"Avevo intenzione di dirtelo. Non volevo farti preoccupare." Giuseppe sbuffò e cominciò a ridere. Fu una risata carica di ironia ed amarezza.

"Avevi intenzione di dirmelo, ma, invece è stata Elisa a dirmelo."

"L'avrei fatto sicuramente. Ti ripeto: non volevo farti preoccupare ulteriormente. Non puoi perdere tempo dietro queste cose." Si giustificò, Ambra.

"Tu sei la mia ragazza, Ambra. Se non sono io a perdere tempo dietro queste cose, chi lo fa?" Il suo tono di voce si era notevolmente alzato, liberando quella rabbia che reprimeva da quando Elisa lo aveva chiamato preoccupata, parlando, senza un vero e proprio filo logico, di come quel professore ci avesse provato con Ambra, molestandola.

"Giuseppe..." Mormorò lei. L'uomo batté violentemente il palmo della mano contro il muro, provocando un rumore sordo, che la fece sussultare. 

"Ti rendi conto di quello che hai cercato di nascondermi? È una cosa grave, Ambra. E la cosa ancora più grave è che tu ci sia ritornata, in quell'ufficio." Quella volta stava decisamente urlando. Si passò una mano fra i capelli, nervoso, mentre camminava senza sosta.

"So che non è una leggerezza, Giuseppe. Ma sono in grado di farcela da sola, senza bisogno del tuo aiuto."

"Cosa è successo, Ambra? Ho bisogno che tu mi dica la verità. Almeno ora." Disse, fermandosi a guardarla.

Ambra sospirò e cominciò a parlare. Gli disse di come, durante il primo incontro lui avesse fatto notare il modo in cui si era vestita, mettendole le mani sulle spalle, su come, quel pomeriggio, invece, l'avesse costretta a togliersi il cappotto, di come l'avesse accarezzata e di come, alla fine, avesse fatto allusioni a qualcosa, senza renderlo troppo esplicito. Giuseppe ascoltò il tutto, in silenzio. La sua espressione non cambiò di una virgola, ma Ambra notò la sua mascella irrigidirsi e gli occhi assottigliarsi sempre di più, man mano che il racconto proseguiva. Fece un respiro profondo, quando ebbe finito. Aveva raccontato il tutto senza fare alcuna pausa, per paura di crollare in un inesauribile pianto, dettato dall'angoscia e dalla rabbia.

Giuseppe si passò una mano sul viso, affranto. Un lungo sospiro uscì dalle sue labbra.

"Perché non me ne hai parlato prima? Avrei potuto fare qualcosa." Mormorò, con una voce così bassa che Ambra faticò a sentirlo.

"Lo volevo fare, quando è successo la prima volta. Ma, poi, tu mi hai parlato così bene di lui, l'hai elogiato e avevo paura che sminuissi il tutto." L'uomo chiuse gli occhi, inspirando. Si appoggiò al bracciolo del divano e si grattò la tempia.

"Non avrei mai sminuito il tutto, Ambra. Sei la mia ragazza ed un uomo... non intendo dire un altro uomo, non voglio che passi come una scena di gelosia. Un uomo ha pensato fosse normale toccarti in quel modo, senza il tuo consenso." Deglutì. "Avrei potuto fare qualcosa." Ripeté.

Ambra scosse la testa.

"Non avresti potuto fare nulla, Giuseppe. E lo sai benissimo."

"Sì, invece. Avrei potuto chiamarlo, minacciarlo, ucciderlo, non lo so." Aprì le braccia, esasperato.

"No, non potevi. Non potevi chiamarlo. Avresti messo a rischio la nostra relazione e la tua posizione."

"Ambra."

"Non potevi fare nulla, Giuseppe. Siamo in una situazione in cui nulla è permesso. E questo perché tu, dopo mesi, ti ostini ancora a voler mantenere segreta questa situazione." Lei alzò la voce e l'uomo accusò il colpo, abbassando lo sguardo. "Sono passati tre mesi, Giuseppe. Ed ogni volta che affrontiamo l'argomento tu mi chiedi di aspettare." Continuò, sfogando la rabbia su di lui. Ambra si avvicinò a lui, e si chinò, appoggiandosi sui talloni per poterlo guardare in faccia. Lui alzò lo sguardo su di lei. Aveva gli occhi lucidi e colpevoli.

"Che stupido che sono. Come penso di poterti proteggere se sono io stesso a metterti in questa situazione?" Ambra sostenne il suo sguardo, sentendo i sensi di colpa mangiarla. Aveva alzato la voce contro di lui, che voleva soltanto aiutarla. Deglutì nuovamente, sentendo la rabbia scemare.
"Giuseppe." Mormorò, prendendogli il viso fra le mani. Lui le prese fra le sue.

"Ambra, mi dispiace così tanto. Sono pessimo. Me ne sarei dovuto accorgere da solo. Ma quando ho ricevuto quella chiamata mi sono sentito tradito, stupido e..." Le parole gli morirono in gola. Si guardava attorno, le pupille che cercavano un punto su cui appoggiarsi. Alla fine, chiuse gli occhi, evitando lo sguardo di Ambra. Lei si alzò, costringendolo a fare lo stesso e lo abbracciò. Giuseppe si accasciò in quell'abbraccio, stringendola ancora di più. Lei gli sorresse la testa, inclinandola sulla sua spalla. 

"Mi dispiace così tanto, Ambra. Sono pessimo." Continuava a ripetere, in una litania di tortura che si stava infliggendo da solo. Lei lo baciò delicatamente, tranquillizzandolo.

"Giuseppe, non sei pessimo. Per favore." Gli sussurrò, accarezzandogli via il dolore e il senso di colpa.

Lo abbracciò ancora, cercando di calmarlo.

"Ti prego, rimani con me." Mormorò lui, baciandola. Appoggiò la fronte sulla sua, guardandola negli occhi. Gli leggeva dentro tutta la tristezza di cui un essere umano era capace. Ambra annuì, baciandolo di nuovo.

"Rimango con te." Gli rispose, conducendolo in camera da letto. Lui la baciò di nuovo, insinuando le sue mani sotto la maglia, in un tentativo disperato ed urgente di averla con sé, più vicina. Lo spogliò della camicia e dei pantaloni e fecero l'amore, nella penombra di quella camera da letto, con lui che non smetteva di baciarla. Quando ebbero finito, rimasero abbracciati a lungo.

Ambra guardò la pioggia, fuori, abbattersi su tutta Roma. In quel momento era sicura che il posto più freddo del mondo fosse qualunque posto lontano da lui. Si strinse ancora a lui e lo guardò negli occhi, specchiandosi nei suoi occhi, mentre la accarezzava.
Lei aveva fra le braccia la creatura più fragile che avesse mai visto e vederlo così, nella sua fragilità, con le sue preoccupazioni e le sue paure le confermò tutto l'amore che provava per lui.

Una versione diversa di Giuseppe. Più umana, fragile, sensibile.
Please, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo. Mi è piaciuto molto scriverlo🥺

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora