Dottoressa

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Erano passate tre settimane
Tre settimane estenuanti, trascorse tra pensieri opprimenti, tazze di caffè, decine di mail e musica ascoltata di notte, l'unico momento in cui Irene si prendeva una pausa dalla stesura della tesi e lasciava vagare la mente ma, cosa ancora più pericolosa, lasciava vagare il cuore.

Ogni tanto Clarissa entrava nella sua camera proponendole di vedere un film, o presentandosi con cioccolata e vino, a volte si sedeva semplicemente accanto a lei e guardavano le stelle, quelle poche che si riescono a vedere nonostante l'inquinamento luminoso.
Clarissa sapeva che pensava a lui, non importava quanto avesse inziato a negarlo, riconosceva gli occhi tristi della sua amica, sapeva interpretare i suoi sguardi, i suoi gesti, le sue emozioni. Non per niente si considerava una sorella per lei.

Finalmente era arrivato il tanto atteso giorno della laurea, la corona d'alloro che aveva sognato per anni sarebbe stata finalmente sulla sua testa l'indomani.
"Sei nervosa?" le aveva chiesto Clarissa e Irene aveva negato, si ripeteva che non poteva essere nervosa per una cosa a cui era destinata da quando era appena una bambina.
Cercava di ostentare una felicità che non possedeva, sorseggiava vino bianco con la sua amica mentre chiacchieravano del grande evento che l'avrebbe aspettata il giorno dopo.

Tutto era già pronto: il suo completo era appeso con cura, il colore rosso la faceva da padrone smorzato sa una camicetta bianca.
Si era impuntata che tutto dovesse essere rosso, il colore degli studenti, del sacrifico, della passione.
Per un attimo osservando gli abiti per la sua laurea pensò all'abito che mesi prima Giuseppe le aveva regalato, al biglietto in cui le aveva scritto che quel colore le donava, alla loro prima notte insieme, follemente innamorati e felici.

Scacciò via quei pensieri tornando ad ascoltare Clarissa che mostrava tutto il suo entusiasmo.
A lei il rosso piaceva anche prima di Giuseppe, era ora che si riprendesse i suoi spazi, non tutto poteva contenere un suo ricordo, non tutto poteva avere il sapore dei suoi baci, l'odore della sua colonia, il suono della sua risata.
Il rosso era il suo colore preferito anche prima di quel maledetto vestito e le stava divinamente anche prima che Giuseppe glielo facesse notare.

Quando Clarissa si fu congedata da lei per andare a dormire, Irene si sedette sul letto, infilò le cuffie e decise di ascoltare una canzone simbolica. Scorse per un po' la sua playlist fin quando non le venne in mente la canzone perfetta per quella notte: "Notte prima degli esami"

Sorrise non appena sentì le prime note del pianoforte, si ricordò della sua vera notte prima degli esami, prima della tanto sudata ed attesa maturità. Lei e i suoi compagni si erano ritrovati davanti ai cancelli della scuola a cantare a squarciagola, a pieni polmoni, per far sapere a tutti che quella era la loro notte, che loro erano i maturandi.
Si sentivano potenti, col mondo fra le mani e al contempo terribilmente spaventati.
Fragili e sfrontati come solo gli adolescenti sanno essere.

Quella sera, prima della sua laurea, del coronamento dei suoi desideri, non sentiva gli stessi brividi lungo la schiena, non sentiva la pelle tremare assieme al cuore per quel traguardo raggiunto con tanto impegno e dedizione.

Era emozionata eppure sentiva un vuoto incolmabile stringerle il petto in una morsa.
Quante cose erano cambiate in quegli anni, avrebbe tanto voluto parlare con la piccola Irene liceale e spiegarle che il peggio doveva ancora venire e che doveva tenersi stretti gli anni del liceo.
Ma, se avesse avuto davvero l'occasione di parlare con l'Irene della notte prima degli esami, forse non le avrebbe detto niente per non guastare quel momento iconico.
Se avesse potuto tornare indietro nel tempo si sarebbe seduta in un angolo a vederla ridere, terribilmente felice e temeraria.
Nonostante il dolore, nonostante le cicatrici, nonostante tutto.

"Gli esami sono vicini
E tu sei troppo lontana dalla mia stanza"

Ed eccolo di nuovo lì, Giuseppe. In ogni canzone, in ogni momento, in ogni sprazzo di malinconia.
Era dentro il suo cuore e non c'era rimedio a quello.

Mr President in love || Giuseppe ConteWhere stories live. Discover now