Chapter 8

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>>>>>HARRY>>>>>HARRY>>>>>HARRY>>>>>HARRY


I lunedì sono decisamente più dolci senza dover andare a lavoro, ma Harry si sveglia con un buco nello stomaco e i nervi a fior di pelle. Sono passate due settimane e ne ha ancora altre due di ferie – ma poi, come concordato con il dipartimento Risorse Umane dell'ospedale, dovrà tornare a lavoro. Si prepara una tazza di tè, la casa è tranquilla visto che Niall è già andato a scuola. Riempie la tazza di fronte a lui, e osserva il telefono appoggiato sul tavolo, proprio accanto ad essa. Tutto quello che riesce a fare è fissare entrambi. "Dai," dice infine, incoraggiando se stesso e la sua mano ad allungarsi e afferrare il cellulare. Trova il numero dell'ospedale, conta fino a tre e fa partire la chiamata. Solo quando qualcuno risponde capisce di star trattenendo il respiro.
La chiamata dura all'incirca cinque minuti. La signora delle Risorse Umane è gentile e educata quando gli chiede come ha passato le vacanze e come si sente. Perfino con una domanda così banale Harry capisce che la donna non gli sta chiedendo semplicemente come ha passato il Natale e come sta in quel preciso momento, ma molto altro. Cerca di essere onesto: ha ancora degli incubi ma prendersi del tempo libero lo sta aiutando a capire alcune cose. "Pensi di tornare in ospedale alla fine del mese?"
Harry chiude gli occhi e si sente un perdente assoluto. Imbarazzato, risponde "Si, ci sto pensando." Le sue guance diventano rosse, non sa se sta mentendo o dicendo la verità. Gran parte di tutto questo lo fa sentire come un fallito e sente il cuore invaso dal caos.
La chiamata termina poco dopo ed Harry torna nella sua camera da letto per prendere il computer. Lo porta di sotto, nella cucina di Niall, e apre Google. Cambiare carriera a 27 anni è una cattiva idea? Digita sulla barra di ricerca e preme invio. Si aspetta che Google gli mostri delle pagine bianche o soltanto una che dice "Harry Styles sei un idiota," ma non succede. Invece, escono fuori decine e decine di risultati e quasi si ritrova a sorridere. Grazie a Dio. Alla fine della sua ricerca, pensa di aver letto anche fin troppi consigli sull'argomento.
Dopo alcune ore, quando comincia a vedere lo schermo del computer sfocato, si infila la giacca ed esce per fare una passeggiata – un tentativo di schiarirsi le idee. Iniziare qualcosa di nuovo gli sembra spaventoso, e cominciare una nuova carriera rientra proprio in questa categoria. Decidere di iniziare qualcosa di nuovo è un conto, ma scegliere cosa fare nello specifico e quale nuova carriera si vuole intraprendere è decisamente più difficile, ed Harry si sente sopraffatto dalla marea di possibilità che gli si aprono davanti.
Continua a pensarci anche quando inizia a cadere una pioggia leggera, e il suo volto si bagna di piccole goccioline anche se sta indossando il cappuccio. Sa che gli piacciono i bambini, gli piace aiutare gli altri - ma sa che non vuole diventare un insegnante. Capire come collegare le due cose è terribilmente complicato. Poi c'è il grande dilemma, e cioè decidere se rimanere a Chicago o tornare a Eugene ed iniziare qui qualcosa di nuovo. La sua mente è un casino assoluto, gli viene voglia di correre fino a quando non riesce a trovare una soluzione a tutti i suoi problemi.
Prima che riesca a capirlo, alza lo sguardo e scopre di essere finito davanti alla biblioteca di Louis. È come ritornare ad una vecchia normalità – cercare il maggiore quando la sua vita cade a pezzi. Gli ci vogliono alcuni minuti prima di convincere se stesso ad entrare all'interno dell'edificio, non sicuro di cosa ha intenzione di fare una volta aver attraversato le porte d'ingresso.
La risposta non diventa più chiara quando si ritrova circondato da libri, il ronzio basso di una fotocopiatrice in sottofondo. Lancia un'occhiata alla reception dove è seduta Lauren. La donna lo vede subito, socchiudendo gli occhi per studiarlo. Harry si sente un completo idiota quando, improvvisamente, gira su se stesso e lascia l'edificio subito dopo. Nonostante tutti i suoi casini, sa di non poter intromettersi nella vita di Louis in questo modo – non può semplicemente presentarsi sul suo posto di lavoro senza preavviso.
C'è una panchina accanto alla biblioteca, asciutta nonostante la pioggia che cade dal cielo. Si lascia cadere su di essa, sconfitto. Questa mattinata sembra aver innescato qualcosa in lui, e finire per ritrovarsi in biblioteca gli ha fatto capire di essersi spinto troppo oltre. Non può continuare a fuggire dalla sua vita, deve prendere una decisione. Non ha più diciassette anni, è molto più vicino ai trenta con una carriera avviata che lo spaventa terribilmente. È tutto ciò che non avrebbe mai pensato potesse succedergli, ma è la sua vita ormai – e ne ha solo una. Restare ad Eugene temendo tutto ciò che accadrà in futuro non lo porterà da nessuna parte. Deve tornare a Chicago e affrontare i suoi demoni a testa alta.
"Ehi."
Forse è un segno – non è sicuro per quale motivo – ma improvvisamente Louis è in piedi sulla porta della biblioteca, cercando di tenerla aperta con il gomito. "Mi cercavi?"
Harry apre la bocca per poi richiuderla, imbarazzato. Un lieve rossore colora le sue guance. Peggio che avere una crisi è il fatto che qualcun altro possa vederlo. "Uh," borbotta.
"Lauren mi ha detto che ti ha visto entrare per poi sederti qua fuori."
Lauren. Ecco spiegato tutto. "L'ho fatto," dice subito dopo, a bassa voce.
"Ma non volevi vedermi?"
"No no, non è per quello," Harry si passa una mano tra i capelli. "Sono finito qui per caso, immagino. Non lo so."
Louis socchiude gli occhi. "Sei finito qui per caso ma non vuoi non vedermi?"
Harry impiega un momento per analizzare ciò che ha appena detto. "Si, praticamente è così."
Louis annuisce in modo gentile, più di quanto Harry si aspetterebbe da una situazione simile. "Giusto. Hai pranzato?"
Harry scuote la testa. "No," non sa nemmeno per quanto tempo ha camminato – o se l'ora di pranzo è già passata.
"Neanche io, mi aspetti che prendo il cappotto? C'è un posto nuovo qua vicino che voglio farti provare."
Harry sbatte le palpebre lentamente perché non si aspettava che andasse a finire in questo modo. "Certo."
Aspetta seduto sulla panchina mentre Louis torna all'interno, la sua mente continua a pensare a ciò che ha letto qualche ora prima su Google. Non è sicuro di cosa volesse fare prima di incontrare Louis - non è sicuro di niente. Probabilmente il maggiore lo rende ancora più ansioso del solito, cosa di cui non ha assolutamente bisogno. Tuttavia, vuole che sia Louis a mettere a tacere i suoi demoni. Ruota l'anello sul suo indice e fissa il pavimento bagnato.
"Pronto?"
Harry alza lo sguardo. "Si, naturalmente." Si alza e cerca di rinchiudere i suoi pensieri nella parte posteriore della sua testa; quelli che gli dicono di non dipendere troppo da qualcuno che non sarebbe mai più stato suo.
"Sono stato qui solo una volta," dice Louis dopo aver camminato per un paio di isolati. "Ma in realtà ho pensato subito a te. So che ti piacerà."
Sembra imbarazzato dopo averlo detto, ma Harry gli sorride incoraggiante. Almeno, pensa di aver fatto un sorriso incoraggiante: più Louis gli racconta ciò che ha fatto negli ultimi nove mesi, più lo stomaco di Harry si restringe. "Perché?"
Louis fa spallucce e infila le mani nelle tasche della giacca. "Ricordi che avevamo sempre voglia di cucinare ma non di lavare i piatti?"
Harry sorride. "Si, è sempre stato così."
"Ecco, questo ristorante rispecchia un po' questa tradizione."
"Cioè devi pagare per cucinarti il cibo da solo?"
"Vedrai," sussurra Louis con un sorrisetto compiaciuto.
La confusione di Harry diminuisce mentre si avvicinano ad un edificio anonimo. Ci sono alcuni graffiti sul lato destro e nessun cartello che indica il nome del posto. "Questo è inquietante."
"Mi sono mai sbagliato prima d'ora?"
La prima cosa che gli viene in mente è un ricordo distinto di Louis che lo accompagnava ad una lezione di sushi dove, come Harry aveva imparato subito dopo, avrebbero dovuto uccidere e tagliare il pesce per il loro pasto. Harry aveva finito per buttare il tutto in un bidone della spazzatura mentre Louis aveva assunto una strana tonalità di verde.
"Non rispondere," continua Louis tenendo la porta aperta.
Harry fa un passo cauto all'interno. Si domanda se il maggiore abbia avuto lo stesso flashback. "Sushi?" Domanda incerto.
Louis sorride sorpreso. "Mi ero quasi dimenticato di quel giorno. Stavo pensando al Groupon che ho comprato, in realtà."
Harry quasi inciampa sui suoi stessi piedi mentre ride, una sensazione di felicità lo invade mentre cerca di riprendere fiato. "Mi ero dimenticato di quel Groupon."
Louis aveva comprato un Groupon per un doppio appuntamento come modo per incontrare altre coppie e fare amicizia. Era stata una cena decisamente sensuale con una coppia etero che non avevano mai incontrato prima, e c'era voluta un'ora per capire che erano finiti in un appuntamento per scambiare le coppie. Harry ricorda ancora il senso di protezione e gelosia che aveva provato quando l'altro uomo aveva messo la mano sul ginocchio di Louis come se lo possedesse. Non erano mai fuggiti da un ristorante così in fretta.
"Sì, beh, quella serata resterà sempre nella mia memoria, non preoccuparti." Ridacchia Louis, e c'è una leggerezza negli occhi dell'altro che Harry adora con tutto se stesso. Come se il maggiore lo avesse notato, prova ad attenuare leggermente il sorriso. "Per la cronaca, stiamo andando all'entrata posteriore, ecco perché è così brutto. Si fa prima da qui venendo dalla biblioteca."
"Capito."
Louis conduce Harry lungo un corridoio buio e poi giù per una serie di vecchi gradini di metallo nero che si muovono ad ogni passo. Harry sta per dire che dubita della decisione di Louis quando arrivano nel bel mezzo di un ristorante perfettamente civilizzato.
"Eccoci da Pietro," esclama Louis, indicando l'ambiente circostante.
Ci sono lunghi tavoli di metallo in file ordinate con diversi banconi pieni di ingredienti, un forno a legna lungo la parete laterale. L'odore è appetitoso ed Harry osserva un uomo con un grembiule bianco tirare fuori una pizza meravigliosa dal forno. "Pizza?"
"Pizza," conferma Louis. "Partiamo da lì, prendiamo l'impasto, poi scegliamo i vari condimenti e infine la facciamo mettere in forno."
"Incredibile."
"Davvero?" Louis inclina la testa di lato. "Non sapevo se ti sarebbe piaciuto, visto che ormai abiti a Chicago dove fanno una pizza buonissima."
Harry fa una smorfia. "In realtà non è così buona. O meglio, non è così buona quando il tuo cuore si trova da tutt'altra parte."
Probabilmente ha reso la situazione troppo drammatica, ma Louis annuisce come se capisse il suo punto di vista. "Andiamo, allora?"
È il miglior pranzo infrasettimanale che Harry riesce a ricordare. Mentre prendono l'impasto per la pizza, riempiono di farina i loro vestiti; Louis ha già scelto come condire la sua mentre Harry è eccitato per le infinite opportunità che gli si presentano davanti, quindi finisce per metterci sopa un po' di tutto. Alla fine della preparazione, passano la pizza al cuoco che le mette nel forno e gli consegna un numero in modo che possano aspettare il loro ordine seduti a tavola. "Hai abbastanza tempo per aspettare e mangiare?" Domanda Harry dopo aver ordinato due bicchieri d'acqua. "Non intendevo rubarti per pranzo."
Louis scuote la testa. "Sono il capo di me stesso, in questi giorni. Inoltre, non capita sempre di avere un amico che viene da lontano. Mi capiranno."
Harry annuisce, sentendo la bocca improvvisamente secca. "In realtà ci ho pensato parecchio ultimamente... a cosa fare nel futuro."
Louis alza leggermente il mento per fargli capire che sta ascoltando. È come il giorno prima quando si sono incontrati per caso al panificio. Louis è tranquillo e costante, mentre il cervello di Harry si perde.
"Ho pensato sempre di più alla possibilità di rimanere qui ad Eugene," dice Harry con lo sguardo verso il basso, perché anche se vuole togliersi quel peso dal petto, non sa se ce la fa a vedere la reazione del maggiore alla sua affermazione.
"Okay," risponde il castano, lento e misurato. "Vorresti fare di nuovo l'infermiere? Potresti tornare all'ospedale di Eugene e vedere se cercano personale."
Harry si prende un momento per riprendere fiato. Per qualche strana ragione non si aspettava di parlarne così tranquillamente. "Non lo so," dice, alzando lo sguardo. Nota quindi che Louis lo sta già fissando, gli occhi concentrati su di lui mentre lo ascolta. "Ho pensato di più al fatto di cambiare lavoro, allontanarmi dall'ospedale e dalla carriera di infermiere."
Ancora una volta, Harry si aspetta che Louis resti confuso e sorpreso dalla sua decisione, invece l'altro si limita ad annuire. "È un grande passo."
Harry annuisce nuovamente. Sente il petto pesante anche dopo aver ammesso che potrebbe voler cambiare lavoro e trasferirsi. Non è anche questo un fallimento? Ammettere che i tuoi sogni non erano abbastanza e che hai sempre fatto delle cattive scelte? "In realtà è difficile persino dirlo ad alta voce."
Louis stringe le labbra ed Harry deve distogliere lo sguardo. Amici o no, ex o no, ammettere queste cose non è facile. "Ma è un inizio," insiste Louis.
"Che cosa?"
"È difficile risolvere le cose nella tua testa, giusto? Quindi a volte devi iniziare col dirle ad alta voce per capirci qualcosa. Non significa che devi per forza fare qualcosa una volta che le hai dette, ma almeno sembra tutto più reale."
Non è affatto quello che si sarebbe aspettato di sentire, ma in qualche modo è quello di cui ha bisogno. Il problema è che ogni volta che Louis fa qualcosa del genere, Harry non riesce a ricordare le ragioni per cui l'ha lasciato mesi prima. "È proprio quello che volevo sentirmi dire."
"Grazie," risponde il giovane, sorridendo. "Ci provo ad aiutare gli altri."
Harry ride e sente il cuore più leggero dopo quella conversazione. C'è sollievo nel riuscire a ridere, nell'avere qualcuno con cui parlare dei casini che affliggono il suo cervello.
"Hai pensato a cosa ti piacerebbe fare invece che l'infermiere?"
Harry si schiarisce la gola. Alcune cose non è sicuro se ha voglia di dirle ad alta voce – anche se sa che non le renderà meno reali – e questa è una di quelle. Fa un respiro profondo e decide di parlare. "La mia passione è quella di aiutare i bambini, continuo a pensare a questo. Volevo diventare un infermiere per entrare in pediatria ed aiutare i più piccoli."
"Per salvare il mondo," dice Louis sottovoce.
Harry fa una breve pausa ma Louis decide di non ripetere l'ultima frase. Quindi continua. "Penso che la mia testa si stia aprendo alla possibilità che esistano tantissimi altri modi per aiutare i bambini, oltre ad aiutarli quando sono malati, no?"
Louis annuisce. "Non devi indossare un camice per salvare il mondo."
Harry apre la bocca meravigliato. "Si, esattamente." Cosa significa tutto quello e cosa farà del suo futuro, deve ancora capirlo ma, come ha detto Louis, dirlo ad alta voce è già un passo avanti.
La loro pizza arriva qualche minuto dopo e quella di Harry è deliziosa, proprio come aveva immaginato. "Dammene un pezzo," esclama Louis quando Harry ha messo in atto uno spettacolino per far capire che la sua pizza è strepitosa. Harry ridacchia e ne taglia una fetta per passarla al maggiore. Questo è ciò che gli è mancato della sua vecchia vita, pensa, pranzare in un ristorante con un amico e ridere per ogni piccola cosa. Tranne il fatto che è consapevole che quella situazione significa molto di più, perché non si tratta di un amico. È Louis. Louis gli è mancato in modi che non ha mai ammesso nemmeno a se stesso, ma il maggiore riesce a riempire quegli spazi che sono rimasti vuoti dentro di lui. In quel preciso momento si sente bene e decide quindi di godersi ogni cosa, una soluzione temporanea fino a quando non avverrà la rottura definitiva.



Bitter Tangerine (Italian Translation)Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum