Capitolo sette

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"Ok, guarda, sarò sincero con te, va bene?"
Louis annuisce lentamente, seduto ad una scrivania di fronte ad un Liam meditabondo. Il suo manager lo aveva trascinato nel suo ufficio poco prima che la squadra facesse una piccola pausa dall'allenamento. Il che fa schifo perché non vedeva l'ora di fare un bel pisolino sul suo divano preferito.
Invece, è seduto in quell'ufficio da almeno trenta minuti, ascoltando Liam parlare senza sosta. E il fatto che l'altro non abbia ancora iniziato a lamentarsi delle cose importanti, gli fa capire che Liam ha soltanto bisogno di sfogare tutte le sue frustrazioni prima di arrivare al punto della questione. Finora Liam ha affrontato enormi difficoltà come direttore generale, deve aver sopportato tantissima merda e dovrebbe sicuramente essere pagato di più per quello che fa e per lo stress a cui è sottoposto ogni giorno.
Louis non è del tutto sicuro di come Liam possa essere ancora più sincero di così, ma non se ne preoccupa troppo. Soprattutto perché sta ancora aspettando la parte che ha a che fare con lui, il motivo per cui è stato chiamato nell'ufficio del suo manager piuttosto che andare a dormire.
"Si, ok... certo, Liam." Louis attira di nuovo l'attenzione dell'altro. "Dimmi."
"È un incubo. Un grande incubo!" Geme Liam, camminando avanti e indietro dietro la scrivania con le braccia sollevate sopra la testa.
"Non sono sicuro di capire..." Louis aggrotta le sopracciglia, osservando il suo manager percorrere rapidamente l'intero ufficio.
"Ok, ecco cosa sta succedendo. Presumibilmente i soldi degli sponsor ed i nostri fondi sono stati compromessi. Parte di essi sono stati utilizzati per sostanze illegali che, ovviamente, non sono mai state approvate. Ci sono state molte voci e speculazioni a riguardo, ma ho cercato di tenerle a bada," spiega Liam, parlando velocemente e mangiandosi le parole. "Ma sembra che abbiamo usato tutti i nostri fondi per imbrogliare, e inoltre così sembra che siamo entrati nella Premier imbrogliando."
Louis si sveglia sentendo quella frase, spalancando gli occhi. "Che cosa? Ma non è vero, giusto? Non abbiamo davvero imbrogliato?
"No, non è affatto vero!" Smentisce Liam, le mani sollevate sopra la testa per tirarsi i capelli corti. Fa un respiro profondo, chiudendo gli occhi per calmarsi prima di continuare. "Uhm, comunque, per farla breve... l'EFL vuole squalificarci dal campionato."
"Cosa?! Ma non possono farlo, giusto?" Chiede Louis, sporgendosi in avanti. "Possono farlo?"
"Possono fare quello che vogliono! Gestiscono l'intero campionato, per l'amor di Dio!" Esplode Liam, non riuscendo a contenere la sua collera. "Sono riuscito a convincerli a non squalificarci e a fare prima un'indagine ufficiale. Non so da dove provengano le voci- ma qualcuno ha sul serio comprato sostanze illegali e imbrogliato per entrare nel campionato. Sospetto che sia qualcuno all'interno."
"Intendi qualcuno del nostro team? Ma perché? Chi farebbe una cosa del genere alla propria squadra?" Domanda Louis sotto shock. "Voglio dire, sembrano tutti così carini. Non riesco ad immaginare che qualcuno di loro possa fregare tutta la squadra. Soprattutto non per qualcosa di così importante come la Premier."
"Neanche io lo capisco, ma è tutto vero, la stampa ci si è buttata a pesce e questo è un casino. Un casino davvero enorme," geme Liam, premendo le dita contro le tempie. "L'indagine inizierà tra pochi giorni e la storia sarà ovunque. Cazzo. Anche se alla fine scoprono che è tutto falso, il danno ormai è fatto, l'opinione pubblica non ci vedrà più allo stesso modo. Nessuno vorrà che vinciamo il campionato con tutte queste accuse a nostro carico, potremmo anche abbandonare, a questo punto."
"Ok ok, calmati Liam. Respira e basta," prova Louis, osservando con occhi sgranati il suo manager che suda pesantemente. "Ci deve essere qualcosa che possiamo fare."
"Non lo so Louis, non lo so... non so come risolvere questo problema." Liam si accascia sulla sedia, appoggiando la faccia contro la scrivania. "E ti sto dicendo tutto questo in anticipo perché sei il capitano della squadra. Non mi aspetto che tu risolva questo problema, ma... non è che hai qualche idea di chi potrebbe essere?"
"No amico, scusami..." risponde Louis, desiderando di poter fare qualcosa di più.
"Immaginavo, ma dovevo chiedertelo," Liam espira profondamente. "Beh, ti terrò aggiornato. Ma non dire a nessuno di questo casino, per ora, okay?"
"Sì, certo Liam," Louis annuisce. "E se mi viene in mente qualcosa te lo farò sapere."
Un leggero bussare alla porta interrompe la conversazione.
"Avanti." Sussurra Liam, alzando debolmente la testa e appoggiando i gomiti sulla scrivania.
Niall introduce la testa dentro la stanza, prima di entrare nell'ufficio. "Uhm, Louis... mi dispiace disturbarti ma hai un... uhm... ospite che ti aspetta."
"Oh veramente? È il mio ragazzo? O Harry?" Louis spera davvero che per un qualche miracolo sia Harry. Non sa cosa sia successo esattamente il giorno prima, ma Harry non risponde nemmeno ai suoi messaggi. Inizialmente Louis ha pensato che il cellulare non avesse inviato i messaggi o qualcosa del genere. Fino a quella mattina, quando ha inviato il quindicesimo messaggio al riccio e ha visto che Harry l'ha letto. L'amico lo sta semplicemente ignorando e Louis non sa cosa fare.
Niall lancia uno sguardo goffo a Liam, si schiarisce la gola più volte e giocherella nervosamente con gli occhiali. "Si uhm... lui sta aspettando."
Louis si acciglia, ancora confuso da chi possa essere quel 'lui' che lo sta aspettando. Proprio quando sta per chiedere a Niall di chiarire, il suo assistente si allontana dall'ufficio e scompare. Louis fa spallucce, salutando un Liam scoraggiato e uscendo dalla stanza.
Vuole che sia Harry, anche se Louis non sa assolutamente cosa dirgli. Ovviamente potrebbe iniziare con delle scuse di qualche tipo, ma non sa per cosa si dovrebbe scusare e questo è semplicemente imbarazzante. Louis si ritrova a camminare velocemente lungo il corridoio verso il suo ufficio e quando arriva spera quasi che sia Raphy il visitatore misterioso. Almeno in questo modo avrà più tempo per capire come affrontare la situazione con il riccio.
Apre la porta e invece di vedere lunghi riccioli color cioccolato del suo migliore amico o i riccioli corti del suo ragazzo, tutto ciò che vede sono capelli biondi, lisci e sporchi. Gli stessi capelli biondi che sembrano appartenere al manager dell'Arsenal.
"Um... Jack? Sei Jack, vero?" Prova a dire Louis, entrando nell'ufficio e offrendo la mano per salutare. "Mi dispiace, non sono bravo con i nomi."
"Ha ha, molto divertente," Jack sorride, gli occhi che non lasciano mai i suoi mentre l'uomo si avvicina. Prende la sua mano, facendo scorrere delicatamente il pollice sulla sua pelle.
"Uhm...?" Louis ritira immediatamente la mano, mettendosela in tasca. Aggrotta le sopracciglia incuriosito e confuso. Louis non vede Jack dal gala, quando si è presentato col marito senza essere invitato. E non conosce molto quell'uomo, quindi non riesce a capire per quale motivo avrebbe dovuto venire nel suo ufficio. "Quindi... uh, posso aiutarti in qualcosa o...?"
"Sì, certo," risponde Jack con voce bassa e roca, avvicinandosi di qualche passo. Louis istintivamente si sposta all'indietro. "Sono venuto qui solo per te. Non puoi credere a quello che ho dovuto fare per entrare qui dentro."
"Ok?" Louis è sia impressionato che disinteressato, allontanandosi di nuovo da quell'uomo. "Ma... perché?"
"Perché?" Domanda Jack preoccupato, l'espressione leggermente ferita. "Cosa intendi con perché? Non ti stai tirando indietro dal nostro accordo, vero?"
"...il nostro accordo?" Domanda Louis, perplesso. Cosa sta blaterando quell'uomo? Questo non è nemmeno il suo posto. Non può essere normale per un manager di una squadra avversaria entrare nello stadio, e soprattutto negli uffici, dei suoi rivali.
"S', lo sai..." Jack sorride maliziosamente. "Io ti aiuto, tu mi aiuti."
Louis guarda accigliato l'uomo. "Aiutare... in che modo?"
Jack si avvicina sempre di più, guardandolo in un modo così intenso che Louis si sente come una preda indifesa. Jack deve ancora spiegare le sue intenzioni, ma dal suo sguardo Louis riesce a capire che non deve essere niente di buono.
"Oh, penso che tu lo sappia." Jack appoggia una mano sulla sua vita.
Louis abbassa lo sguardo verso i loro corpi che si toccano; quel gesto l'ha preso così alla sprovvista che non sa nemmeno come reagire. C'è qualcosa di inquietante in quell'uomo. Anche quando l'aveva incontrato per la prima volta al gala, non gli era piaciuto il modo in cui l'aveva guardato Jack. E ora eccolo qui, totalmente addosso a lui e con una mano appoggiata sul suo fianco. "Cosa stai facen-"
Jack si muove improvvisamente e preme le labbra contro le sue.
"Sei sposato!" Ansima Louis, spingendo Jack lontano dal suo corpo e portandosi una mano sulla bocca, completamente sbalordito.
"Questo non ci ha mai fermato prima," sorride Jack, facendogli l'occhiolino.
"Sei sposato, cazzo! Con il mio fottuto rivale!" Ripete Louis disgustato mentre scuote la testa. Sapeva che c'era qualcosa di strano in Jack, lo sapeva cazzo. Più pensa a ciò che è appena successo, più la realtà lo colpisce duramente, prendendo forma e significato nella sua testa. Adesso gli è tutto più chiaro.
E un traditore. Louis è un traditore.
"Beh, non sarà il tuo rivale ancora a lungo, e poi sto divorziando da Marcelo, te l'ho detto." Jack scrolla le spalle come se non gliene importasse.
"Questo non rende la cosa migliore!" Grida Louis rabbiosamente, portandosi le mani nei capelli. Sente il panico invaderlo, il senso di colpa minaccia di soffocarlo.
"No davvero, abbiamo chiuso," promette l'uomo. "Lo giuro. Io voglio solo te, non mi interessa più di Marcelo."
"E quindi, visto che hai finito con lui vuoi rimpiazzarlo con un modello più giovane? Al diavolo, è tuo marito! Tu mi fai schifo, questo non può essere vero..." Louis respira pesantemente, tirandosi i capelli mentre avverte la sua frequenza cardiaca aumentare notevolmente. "Oh mio Dio, oh mio Dio."
Louis non riesce a crederci. Sta tradendo Raphy! Il ragazzo più dolce, attento e amorevole che abbia mai conosciuto. E con un uomo sposato, per di più! Un uomo che non è soltanto il capo della squadra avversaria, ma anche il marito del calciatore più premiato e pagato dell'Inghilterra.
Che tipo di persona è diventato? Dov'è la sua morale? Perché Louis sa cosa è giusto e sbagliato, ma il sé più anziano sembra non averne la minima idea? Louis ha voglia di vomitare, sente la nausea risalirgli lungo la gola. È caduto veramente in basso.
Ci sono così tante domande che turbinano nella sua mente mentre cerca di fare i conti con la persona che sta rivelando di essere. Quante volte Louis ha invitato quest'uomo vile nel suo ufficio? O a casa sua? O Dio solo sa dove? Quante volte ha tradito il suo ragazzo e gli ha mentito? Da quanto va avanti questa storia? Quanto deve essere infelice e triste per fare qualcosa del genere?
I pensieri di Louis tornano al suo povero ragazzo, ignaro di tutto. Non merita di essere tradito in questo modo. Raphy è gentile e premuroso e lo tratta come un re. Adora Louis e sa che potrebbe chiedere qualsiasi cosa a Raphael e l'altro lo accontenterebbe senza pensarci due volte. E questo non è niente, ma mostra solo quanto sia davvero una persona straordinaria. Perché il suo sé trentenne ha deciso di giocare con il cuore di quel poveretto? Sapendo anche che, se Raphael avesse scoperto qualcosa, ci sarebbe rimasto malissimo. È una cosa crudele ed egoista.
"Dai, andiamo tesoro." Insiste Jack, lanciandosi contro di lui. "Ti farò sentire meglio."
"Allontanati da me, figlio di puttana! Io non sono e non sarò mai il tuo tesoro!" Urla Louis, dandogli uno schiaffo sul viso. "Non so che tipo di accordo ho fatto con te, ma puoi andare all'inferno! Dovresti vergognarti di te stesso, come io mi sto vergognando di me. Sei un uomo disgustoso."
Jack si strofina la mascella, uno sguardo sorpreso sul volto. "Louis, piccolo, dai. Cosa ti è preso? Ricordi di cosa abbiamo parlato?" Si avvicina di nuovo, sembrando convinto di poter in qualche modo influenzare Louis.
"Non me ne frega un cazzo! Ho detto che mi deve stare lontano, stronzo," Louis gli lancia un calcio tra le palle, osservando Jack cadere a terra emettendo un forte gemito. "Quale parte non ti è chiara?"
Detto questo, Louis si precipita fuori dal suo ufficio, rifiutandosi di guardarsi indietro. Non sa dove sta andando, ma sa che non può fermarsi perché quando si fermerà andrà in pezzi. Spinge la porta sul retro e non appena l'aria fresca lo colpisce in viso, comincia ad urlare. Si rannicchia nel parcheggio vuoto, le mani sulle ginocchia mentre ansima per respirare correttamente. Chiude gli occhi e cerca di respirare correttamente.
Non può essere questa persona. Non può essere una persona che ha rovinato il matrimonio di un altro uomo. O una persona che sacrificherebbe tutti i suoi valori morali per puro guadagno. Non può essere una persona che manca di rispetto al proprio fidanzato. Louis non accetta molte cose della sua vita attuale, ma questo è inaccettabile. Come diavolo può convivere con se stesso?
Louis non sa a chi rivolgersi. E di sicuro non riuscirà nemmeno a guardare più Niall in faccia per la vergogna. Non c'è da meravigliarsi che l'assistente si sia comportato in modo così strano nell'ufficio di Liam; ovviamente sa tutto e si sente a disagio per l'intera situazione. Il povero Niall ha saputo la verità per tutto questo tempo ed è stato costretto a mantenere il segreto. Louis non sa come riuscirà a parlarci di nuovo.
Adesso però ha bisogno di sfogarsi con qualcuno, qualcuno di cui si può fidare. Sa che finirà nella merda per aver saltato il resto dell'allenamento, ma non può sopportare l'idea di tornare dentro lo stadio. Deve allontanarsi da quel posto.
Prende il telefono dalla tasca e chiama il suo autista, come gli ha mostrato Niall qualche giorno prima in caso avesse bisogno di un passaggio e lui non fosse disponibile. Dopo dieci minuti, un elegante macchina nera entra nel parcheggio. Louis fornisce all'autista l'indirizzo di un appartamento in cui non è mai stato prima, un indirizzo che ha ricevuto dal suo assistente durante il suo primo giorno da trentenne.
Louis si sente male per tutta la durata del viaggio, è ansioso e irrequieto e sul punto di vomitare o scoppiare a piangere. Quando l'auto si ferma di fronte ad un condominio, salta fuori dalla macchina prima ancora che sia ferma. Si intrufola velocemente nell'atrio del palazzo approfittando di un uomo che ha appena aperto la porta principale, per poi guardarsi nervosamente intorno per cercare le scale. Saltella sulla tromba delle scale, facendo i gradini due alla volta fino a raggiungere il terzo piano. Arrivato lì, trova finalmente la porta dell'appartamento corrispondente al suo indirizzo. Mentre bussa contro il legno, non riesce ad impedirsi di sentirsi ansioso e agitato.
"Per favore, dimmi che sei a casa, per favore dimmi che sei a casa," borbotta Louis disperatamente, fissando la porta di fronte a lui. "Per favore, per favore, per favore..."
Quando finalmente la porta si spalanca, invece che la faccia del riccio, si ritrova davanti Zayn.
"Oh, ciao Louis," sorride Zayn educatamente, appoggiandosi allo stipite con un'espressione leggermente perplessa. "Che sorpresa."
"Uh... ciao Zayn." Louis saltella sul posto, cercando di non far notare la sua delusione. "Mi dispiace essermi presentato così... ma, uh... c'è Harry in giro? Ho bisogno di parlare con lui."
"È appena uscito, amico."
"Oh," Louis espira, cercando di evitare di mostrare a Zayn il suo sguardo dispiaciuto.
"Ci sposeremo tra meno di due settimane e proprio ora è andato in negozio a provare il suo smoking," ridacchia Zayn affettuosamente, scuotendo la testa.
Louis cerca di sorridere, prova a mostrarsi contento, ma non ci riesce. Non è divertente. Niente di tutto quello che sta succedendo è divertente. La sua vita è una merda, niente è come dovrebbe essere.
"Ma gli farò sapere che sei passato," mormora il moro.
"Sì, grazie," borbotta Louis, voltando le spalle alla porta.
"Ci vediamo presto, Louis!"
Louis non riesce a mostrarsi altrettanto entusiasta e vorrebbe soltanto mettersi a piangere. Vorrebbe buttarsi a terra e piangere disperatamente. Questo è solo un altro promemoria di quanto sia patetica la sua intera vita. Tutto ciò che vuole è soltanto parlare con Harry, ma non può fare nemmeno questo. Harry non è più il suo migliore amico, Harry non fa parte della sua vita. La sua vita è composta da ricchezza, fama, scandali e tradimenti.
Si rende conto di non avere amici con cui poter parlare di questo problema. Ora che ci pensa bene, Louis non ha nessun amico in generale. Liam è il suo manager e non potrebbe mai raccontargli una faccenda così delicata e così grave. Sarebbe un enorme conflitto di interessi e Liam deve già occuparsi delle indagini. Scoprire della sua relazione con il direttore generale dell'Arsenal non aiuterebbe sicuramente a risolvere la questione del campionato.
Rusty è soltanto un suo compagno di squadra stronzo. Oltre al fatto che Louis non può fidarsi di quel tipo, Rusty lavora per i Rovers, quindi sarebbe ugualmente un conflitto di interessi. Non che abbia la capacità emotiva o fisica di offrire a Louis un qualsiasi tipo di conforto o aiuto.
Per quanto Louis ami Niall, il suo assistente non è il suo terapista e non può raccontargli quello che ha fatto. Il poveretto ha già dovuto tenere segreta la sua relazione con Jack, Dio solo sa quali e quante altre cazzate ha fatto il suo sé trentenne che Niall ha dovuto nascondere a tutti.
E Raphy, il suo caro e dolce fidanzato è una vittima inconsapevole di tutto ciò, quindi non può scaricare i suoi problemi su di lui. Louis non è abbastanza forte per qualcosa del genere, in questo momento. In effetti, pensare a Raphael non fa altro che angosciarlo ancora di più, mandandogli fitte al cuore. Può anche non essere innamorato di Raphy, ma gli importa di lui e non vuole ferirlo. E sapere che l'ha tradito, che è lui a ferire Raphy... Louis non si è mai sentito una persona di merda come in questo momento.
L'unico posto che potrebbe farlo sentire meglio, è il posto in cui sarebbe dovuto andare fin dall'inizio.
Quando Louis scende dell'auto per la seconda volta nell'ultima ora, si trova nel suo posto preferito, lungo un marciapiede a lui familiare. Quel posto contiene così tanti ricordi e si trova tra la vecchia casa di Harry e quella di Louis. Il posto dove si nascondevano nei giorni di pioggia, condividendo un ombrello. Il posto in cui calciavano le foglie cadute che si erano raccolte durante la notte; il posto in cui avevano diviso un pacchetto di FunDip e riso quando avevano fatto un pasticcio di zucchero per terra. Il posto in cui si salutavano ogni pomeriggio, scribacchiando sui palmi delle loro mani quelle due paroline e scambiandosi dolci e caldi sorrisi.
La vista di quel luogo, sebbene familiare, è diversa. Fa più freddo, il calore che Louis ha sempre associato a quel luogo è svanito. Guarda le due case davanti a lui, classificando i cambiamenti nella sua mente. Sia la sua casa che quella di Harry hanno subito diverse ristrutturazioni, nuova vernice e rifiniture, nuove porte e finestre. A prima vista sembrano fantastiche, finchè Louis non si rende conto che c'è qualcosa di strano.
L'albero. La grande, vecchia quercia piena di ricordi, Martha Green. È sparita.
Louis cammina verso il punto in cui si trovava il tronco della quercia, in mezzo alle due case, un collegamento tra la stanza del riccio e la sua. Ora tutto ciò che rimane è un moncone triste, segato e levigato sulla parte superiore. Riesce a malapena a credere ai propri occhi mentre fissa le radici di Martha, inginocchiandosi per toccare la sua superficie ruvida.
Forse perché è già in uno stato d'animo scoraggiato, ma Louis sente il bisogno di rendere omaggio all'albero, piangerlo nel modo corretto. Per chiunque altro può sembrare soltanto una vecchia quercia, ma lui ed Harry la adoravano, e la sua scomparsa sembra un altro promemoria del fatto che ormai anche la loro amicizia è ormai sparita, persa per sempre.
Louis si strofina le mani sul viso e si trascina verso il portico della sua casa d'infanzia. Esita un istante prima di bussare, il pugno appoggiato contro il legno della porta d'ingresso. È terrorizzato dal fatto che potrebbe non aprirgli nessuno, ma è anche terrorizzato dal fatto che qualcuno potrebbe farlo. Sono cambiate molte cose nel corso degli anni, e Louis non sa cosa troverà dietro quella porta. Se tutto è diverso, perché casa sua e le persone che la abitano ora dovrebbero essere un'eccezione?
Dopo diversi minuti di attesa, Louis immagina che la casa sia vuota. E a dir la verità un po' se lo aspettava, visto la giornata di merda che sta passando. Non c'è mai nessuno disponibile quando ha bisogno di aiuto. Ma perché gli altri dovrebbero aiutarlo? Sembra che il Louis trentenne pensi soltanto a se stesso, non può aspettarsi che gli altri lo trattino diversamente.
Sospira pesantemente, infilandosi le mani in tasca, quindi si siede sugli scalini della veranda. Si china e appoggia la testa sulle ginocchia, cercando di non scoppiare a piangere proprio qui. Sta per chiudere gli occhi per non pensare a nulla, quando nota la vecchia fioriera arrugginita alla base del portico. È il vaso dove sua madre era solita tenere una chiave di scorta per quando Louis le dimenticava a casa.
Si alza rapidamente, sposta il vaso e scopre che la chiave è ancora lì, come sempre. Non sa se ridere o piangere per il fatto che, anche dopo tutti questi anni, sua madre tiene ancora una chiave aspettando che lui torni a casa.
Tiene la piccola chiave nel palmo della mano per diversi minuti, cercando la forza di volontà per aprire la porta. Proprio come all'esterno, l'interno della casa è completamente diverso e ristrutturato. È bellissimo e ben arredato, ma è cambiato così tanto che non sembra più casa sua.
Louis sale di sopra, vagando per i corridoi verso la sua camera da letto. Non sa cosa aspettarsi mentre gira la maniglia della porta, ma decide di entrare ugualmente.
L'intera camera è irriconoscibile. È ancora la stanza di un ragazzo, ma di un ragazzo molto più giovane di lui rispetto all'ultima volta che ci è entrato. La stanza è stata ridipinta e arredata, una gigantesca E è appesa sul muro sopra un letto matrimoniale coperto da lenzuola con motivi di cartoni. Ci sono giocattoli dappertutto, camion, lego automobili, treni.
Mentre Louis si guarda intorno, si domanda come sia il suo fratellino. Ovviamente è un grande amante dei treni, il che è davvero bello. Non ha mai incontrato Ernest, ma in un certo senso desidera poter giocare con lui in questo momento, conoscerlo un po'. Ha sempre desiderato un fratello e ora che finalmente ne ha uno, lo conosce a malapena. E la parte triste è che non è perché è diventato improvvisamente un trentenne, ma perché il suo se più vecchio non si è preoccupato di costruire una relazione con il fratellino.
Non trovando alcun conforto nella sua vecchia camera da letto, Louis si dirige verso l'altro posto della casa dove era solito rifugiarsi quando era un ragazzino. Scende le scale fino al seminterrato, non sorpreso di trovare anch'esso completamente diverso. Sospirando, si avvicina all'armadio, la porta traballante continua a scricchiolare quando la apre. Odora ancora di muffa ed è pieno di roba vecchia e inutile, anche se non ci sono più cose sue. Ci sono tonnellate di giochi per bambini, giochi da tavolo, vestiti e scarpe.
Louis guarda tra i vari oggetti, finché i suoi occhi non vengono catturati da qualcosa di interessante. Mette da parte alcune scatole, introducendosi nell'armadio per riuscire a raggiungere uno scaffale polveroso.
"Ducky," sussurra, trattenendo un sorriso.
Louis ha voglia di piangere fin da quando è uscito dal suo ufficio, ma vedere il suo ricordo d'infanzia preferito, oltre a ricordargli tutte le cose che ha amato in passato, lo spinge oltre il limite. Abbraccia il morbido dinosauro al petto, inspirando il suo profumo e soffocando un singhiozzo quando scopre che ha ancora lo stesso odore. Louis scivola contro l'armadio e si rannicchia sul pavimento, si tira le ginocchia al petto e dondola avanti e indietro, mentre finalmente inizia a piangere.
Niente gli sembra giusto nella sua vita. Non c'è una sola cosa che gli vada bene e Louis si sente incredibilmente sopraffatto e solo. Non sa come adattarsi a tutto questo o come accettare ciò che è diventata la sua vita da adulto. Tutto quello che riesce a fare è restare seduto su quel pavimento duro e freddo e colpire ripetutamente la testa contro l'armadio, mentre singhiozza in modo incontrollabile.
Louis non sa con certezza da quanto tempo è seduto per terra, rannicchiato su se stesso. Non ha idea da quanto tempo sta piangendo contro il peluche consumato di Ducky. Ma quando alza lo sguardo vede la maniglia della porta muoversi, prima che essa si apra lentamente emettendo uno scricchiolio familiare.
"Mamma." Ansima Louis tra le lacrime, guardando Jay entrare nella stanza.
"Oh, Louis," sussurra la donna. Non gli chiede perché sta piangendo o cosa stia facendo accasciato sul pavimento del seminterrato o perché sia lì a casa sua. Avvolge semplicemente le braccia attorno a lui, sollevandolo in piedi. "Lou, piccolo, sei a casa."
"Mamma, mi sei mancata così tanto," piagnucola Louis, seppellendosi tra le braccia della donna.
"Oh, mi sei mancato anche tu, amore." Sussurra Jay contro i suoi capelli. "Mi manchi sempre."
Louis si aggrappa a sua madre, gli occhi chiusi. È così bello essere di nuovo tra le sue braccia. Quel senso di conforto e sicurezza di cui ha disperatamente bisogno lo inonda tutto in una volta.
"Dai tesoro, ti farò una tazza di tè," mormora Jay contro la sua guancia dopo qualche minuto.
Louis annuisce, infilandosi sotto il braccio di sua madre. È cresciuto un po' dall'ultima volta che l'ha fatto, ma ciò non gli impedisce di raggomitolarsi contro il corpo della donna.
Jay lo conduce su per le scale verso la cucina. Si separano in modo che lei possa preparare il tè mentre Louis si siede su uno sgabello ai margini dell'isola della cucina.
"Sono così felice che tu sia venuto a trovarmi. Sono tutta sola questa settimana," dice Jay per riempire il silenzio tra loro. "Dan è fuori per lavoro e Doris ed Ernie sono al campo estivo. Sono diventati grandi ormai, non sono più i miei bambini. Ho sempre da fare quando sono a casa, ma ora che se ne sono andati non so come occupare il tempo e mi sento sola. Sono dei bambini così curiosi, e anche molto iperattivi, proprio come lo eri anche tu."
Louis la ascolta in silenzio, le gambe che penzolano dallo sgabello. È così bello sentire di nuovo la voce di sua madre, è bello essere insieme a lei. Parlavano sempre di tutto e di niente allo stesso tempo e Louis era solito sedersi in cucina per ascoltarla, proprio come sta facendo in questo momento. Probabilmente era l'unico modo per farlo restare fermo da bambino, ascoltare la voce rilassante di sua madre.
"È così bello averti a casa, Lou." Dice Jay tranquillamente, guardandolo negli occhi. E Louis capisce dal tono della sua voce che averlo lì significa molto per lei. Sua madre è una donna forte e sicura di se, ed è protettiva quando si tratta dei suoi figli. Tuttavia, c'è una nota triste quando lo guarda negli occhi, un desiderio sincero di averlo vicino.
Lei lo fissa per un momento prima di fare un breve respiro per poi tornare a preparare il tè. Louis esamina la cucina, i suoi occhi cadono sul frigorifero in acciaio inossidabile, coperto da un vasto assortimento di disegni colorati, ritratti di famiglia e ricordi felici. Ma tra le foto, i progetti artistici dei bambini e adorabili foto, non nota mai se stesso. Le tracce della sua esistenza sono davvero misere.
Le poche cose presenti sono articoli di giornali e riviste che trattano della sua carriera e del suo successo. In un certo senso tutto ciò riscalda il cuore di Louis, il fatto che sua madre tenga traccia di quello che fa quotidianamente e si senta orgogliosa di mostrare i suoi successi a tutti quanti. Ma allo stesso tempo gli spezza il cuore, perché capisce che non fa realmente parte di quella famiglia, visto che non è mai presente nelle foto.
Non ci sono foto di se stesso da adulto insieme alla famiglia dopo aver vinto una partita, né foto di se stesso mentre trascorre del tempo con i suoi fratelli. Non c'è nessuna foto di Louis insieme a sua madre in occasione di eventi importanti della sua carriera, oppure foto di se stesso mentre celebra i compleanni delle sorelle. Louis manca in ogni evento importante, ogni festività, ogni piccola riunione di famiglia, tutto. È come se non facesse nemmeno parte di questa famiglia.
"Mamma..." sussurra, sentendo la bocca secca come segatura, mentre distoglie lo sguardo dal frigo.
"Hmm?" Risponde Jay mentre posa una tazza di tè caldo davanti a lui.
Louis alza la testa per guardarla, ma quando apre la bocca per parlare, non riesce a trovare le parole adatte. Al posto di parlare, abbassa lo sguardo sul tavolo, stringendo a sé il suo vecchio peluche per trovare un po' di conforto.
Jay avverte il suo disagio e si sistema accanto a lui. "Oh mio Dio, è Ducky? Non lo vedo da anni, pensavo fosse finito in mille pezzi. È rimasto nel seminterrato per tutto questo tempo?"
Louis fa un cenno con la testa in silenzio, abbracciando il peluche al petto per confortarsi. Solleva di nuovo la testa, girandosi lentamente verso Jay. "Mamma, io..." prova a dire, la voce debole e spaventata. "Io solo-"
Se è confusa dal suo comportamento insolitamente adolescenziale, non lo fa vedere. Jay si allunga per strofinare in modo incoraggiante la sua spalla. "Prenditi tutto il tempo che ti serve, tesoro."
"Sono... sono così confuso mamma," sospira Louis, costringendosi a dire qualcosa, qualsiasi cosa. "Non capisco, io... uhm, non so se puoi rispondere o no, ma... cosa mi è successo?"
"Oh piccolo, solo tu puoi rispondere a questa domanda." Sospira Jay con tono triste. "Ma sospetto sia stata una combinazione di cose."
"Tipo cosa?" Chiede Louis piano, impaurito dalla possibile risposta. "Niente è come dovrebbe essere, mamma. Non sono nemmeno più amico di Harry."
"Hai parlato con Harry?" Chiede Jay con tono speranzoso. "Lo vedo ogni tanto quando torna a casa per vedere Anne. Non dimentica mai di passare a trovare anche me, mi porta sempre dei fiori. È diventato così bello."
Louis sorride dolcemente. Anche se non sono amici da adulti, Harry non ha mai smesso di trattare Jay come se fosse sua madre, includendola nelle sue abituali visite familiari. Non è obbligato a farlo, ma il fatto che lo faccia ugualmente dimostra che tipo di persona è.
"Sono così felice per il suo fidanzamento," continua Jay, sorseggiando il tè. "Sto aiutando Anne con le decorazioni per il matrimonio. Penso che sarà fantastico."
Louis annuisce, sentendo un'ondata di sofferenza abbattersi su di lui. Deve essere l'unica persona al mondo che non si sente felice per il fatto che Harry si sposerà. Ha provato tante volte ad essere contento per il riccio, ha fatto finta di essere felice e ha sperato che il suo cervello accettasse la cosa. Ma non riesce a mentire a se stesso, non riesce ad essere felice.
"Mamma, sai perché io e Harry non siamo... sai, più noi?" Chiede Louis, chinando la testa per evitare gli occhi della madre. Se qualcuno può capirlo, è sicuramente sua madre: lei ed Anne hanno visto il loro legame crescere di giorno in giorno. "È così chiuso con me... e io... non posso... lui..." la sua voce si affievolisce e si sente sopraffatto. "Solo... ho sempre pensato che saremmo stati amici per sempre. Non avrei mai pensato... non avrei mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui non saremmo stati insieme. Non so cosa fare... non so cosa ho fatto."
Jay allunga una mano per stringere la sua, strofinando il pollice sulla sua pelle. "Beh amore, non conosco la storia completa, non so esattamente cosa sia successo tra di voi e non penso che sia compito mio parlare di come si sente Harry nei tuoi confronti."
Louis annuisce tristemente, sapendo che sua madre ha ragione. Nessuno può rispondere a quella domanda tranne Harry stesso. Ma considerando la persona che sembra essere diventato, Louis non è sicuro di voler conoscere la storia.
"Ma per tutto il resto?" Chiede di nuovo, non riuscendo a smettere di fare domande. "Voglio dire... perché non vengo più a casa? Perché non vedo te, le ragazze e i gemellini? Sono così lontano da tutti e... non capisco perché."
"Beh, eri davvero arrabbiato quando Mark se ne è andato," spiega Jay, tenendo le mani intorno alla tazza. "Non sei rimasto sorpreso, non credo, ma soltanto deluso. E non hai voluto parlarne con nessuno, nemmeno con me. Prima, quando avevi dei problemi, sapevo che se non ne avessi parlato con me avresti parlato con Harry, lui ti ha sempre aiutato." Jay sorride, l'espressione si ammorbidisce. "Ti ha aiutato in tantissimi modi e gliene sarò sempre grata."
Questo è vero, Louis lo sa. Ha sempre raccontato ad Harry ogni cosa; non c'era nulla che il suo migliore amico non sapesse di lui. Era una cosa reciproca, e quando erano tristi si supportavano a vicenda. Harry poteva presentarsi nella stanza di Louis piangendo per qualcosa, e lui si sarebbe messo a piangere a sua volta. Louis poteva parlare per ore di qualcosa che lo turbava ed Harry si sarebbe arrabbiato altrettanto, anche se quella cosa non aveva nulla a che fare con lui.
A volte sembrava che Harry fosse l'unica persona che lo avesse mai veramente capito. Poteva dire al riccio qualsiasi cosa e sapeva che l'altro non l'avrebbe mai giudicato o preso in giro. Beh, Harry lo prendeva in giro, ovviamente, ma mai in modo serio, lo faceva soltanto per rallegrare Louis. È questo che fanno i migliori amici, si sostengono a vicenda in qualsiasi momento.
È una cosa rara trovare qualcuno così, Louis lo sa. È una cosa rara e magnifica.
Il sorriso nostalgico di Jay svanisce. "Ma non avevi più Harry e i tuoi nuovi amici... beh..."
"Cosa, mamma? Dimmi," la esorta Louis, sapendo che la madre sta soltanto cercando di proteggerlo.
"A loro non importava davvero di te, Louis," ammette tristemente la donna. "Ti hanno usato e tu hai fatto di tutto per ottenere la loro approvazione e adattarti al loro stile di vita. Ti hanno distratto dai tuoi veri sentimenti, ti hanno costretto ad essere qualcun altro."
Louis rimugina per un po' su quelle parole, ripensando ai mesi precedenti al suo tredicesimo compleanno, quando era entrato nella squadra di calcio a scuola. Louis ripensa a come era disposto a fare tutto ciò che Brady e Rusty gli chiedevano, non importava se lui non fosse d'accordo. Louis desiderava disperatamente essere accettato dai suoi compagni di squadra, al punto da diventare dipendente dalla loro approvazione. In quel periodo era cambiato e a Louis non piaceva la persona che era diventato, ma non aveva idea di come fermarsi. E quindi può soltanto immaginare ciò che deve aver fatto successivamente. Forse gli è sfuggito tutto dalle mani.
"Ogni giorno ho provato a parlare con te, ho cercato di vedere come stavi e cosa stava succedendo nella tua testa. Volevo solo che tu sapessi che io c'ero, non importava tutto il resto. Ma hai iniziato a staccarti da me e dalla tua famiglia. Hai iniziato a cambiare, tornavi a casa sempre più tardi e sei diventato sempre più ribelle e sconsiderato," sussurra Jay. "E litigavamo sempre, litigavamo per ogni piccola cosa. Ci sono state delle notti in cui ti arrabbiavi così tanto che uscivi di casa e non tornavi per giorni."
La donna fa una piccola pausa, poi continua.
"Quando sei stato ammesso nella squadra, non avevi più bisogno di me. Sei cresciuto da un giorno all'altro. Ti sei trasferito, hai iniziato a fare soldi da solo e ci hai lasciato indietro," continua Jay, guardandosi le mani. "Alcune volte sei venuto a trovarci durante l'anno, ma per la maggior parte del tempo non abbiamo tue notizie. Adesso hai la tua vita e io non voglio interferire. Non sapevo più come contattarti, quindi ho smesso di provarci."
Jay sospira, guardando verso il soffitto. Quando i suoi occhi incontrano di nuovo quelli di Louis, si riempiono di lacrime. "Ma è stato così difficile per me Lou, perché siamo sempre stati uniti, io e te," alcune lacrime iniziano a rotolare lungo le guance della donna. "Sei il mio primo amore, il mio cuore. Lasciarti andare è stata la cosa più difficile che abbia mai dovuto affrontare. Mi manchi terribilmente, non passa giorno in cui non penso a te. Non importa cosa sei diventato, sarai sempre il mio Louis."
Louis osserva sua madre strofinarsi gli occhi, cercando di calmarsi. Non ricorda nulla di ciò che le ha appena raccontato, perché non l'ha veramente vissuto, ma sente il cuore andare a pezzi. Sua madre è una delle persone più importanti della sua vita, è tutto per Louis. Pensare che le abbia causato così tanto dolore e angoscia lo fa soffrire più di ogni altra cosa.
"Oh mamma, mi dispiace così tanto. Dio, mi dispiace così tanto," la voce di Louis si spezza e si mette a piangere di nuovo. Sente le mani tremare e scuote la testa avanti e indietro. Non riesce a non pensare al dolore di Jay. Come ha potuto trattarla in questo modo? Come ha fatto ad escludere sua madre dalla sua vita?
Le spalle del giovane iniziano a tremare mentre piange sempre più forte, tutto il corpo si scuote per i singhiozzi. È così sopraffatto da tutte le cose orribili che ha fatto negli ultimi anni; non riesce nemmeno a pensare alle parole giuste da dirle. Louis riesce soltanto a balbettare qualche frase senza senso, mentre le lacrime continuano a cadere sulle sue guance. "Mi dispiace... mi- mi dispiace... io-"
"Oh piccolo, vieni qui," Jay lo attira in un abbraccio, cullandogli la testa sul petto. "Va tutto bene amore, va tutto bene," lo scuote avanti e indietro, provando a calmarlo.
Louis la stringe forte, aggrappandosi alle braccia della madre mentre continua a singhiozzare. Jay gli preme dei baci confortanti sulla testa, accarezzandogli delicatamente i capelli.
"Non sono una brava persona, mamma." Sussurra Louis dopo alcuni istanti di silenzio. Chiude gli occhi, spaventato dallo sguardo che potrebbe vedere negli occhi di sua madre. Deve essere così delusa dall'uomo che è diventato. "E mi hai cresciuto meglio di così. Io... non riesco a credere di essere diventato così terribile. Ho fatto così tanti errori..."
"Oh Boo, non pensare al passato. Devi imparare dagli errori che hai commesso e cercare di migliorare," lo incoraggia Jay mentre continua ad accarezzargli i capelli. La sua voce è piena di amore e affetto, non ci sono tracce di amarezza, nessun risentimento o rabbia nei suoi confronti. "Non è mai troppo tardi per fare del bene. Ogni giorno è diverso e ti dà l'opportunità di essere migliore."
Sua madre ha ragione, ha sempre ragione. Non può lasciare che la sua vita continui in questo modo. Anche se preferirebbe scomparire per sempre, deve darsi da fare per cambiare. Louis deve pensare alla sua vita, deve migliorarla. Deve iniziare a sentirsi orgoglioso di se stesso, deve rendere sua madre orgogliosa di lui.
"Sappi solo che ti amerò per sempre e sarò sempre qui per te, non importa tutto il resto." Gli promette Jay con tono sincero, baciandolo sulla testa. "Non smetterai mai di essere il mio primo amore."
Louis la stringe forte, sentendosi improvvisamente più sicuro di sé. "Ti voglio bene, mamma," sussurra, incapace di dire altro. Forse non glielo dice da un po' di tempo, ma dopo aver detto quella frase, Louis sente la madre abbracciarlo più forte, appoggiandosi la guancia sulla testa. "Ti voglio bene..."
Se questa è davvero la sua vita adesso, Louis è determinato a viverla al meglio e a migliorare.
Non è mai troppo tardi.

Now In A Minute (Italian Translation)Where stories live. Discover now