22- La notte - Michele

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Lo guardo bere, saltare, ridere e fare lo scemo assieme agli altri. Lo osservo mentre fa una specie di spogliarello nel quale vorrei solo correre lì e richiudere ogni bottone che si è slacciato, per poi ricordarmi che non devo pensare certe cose. Ma fanculo, perché non posso solo lasciarmi andare?

E mentre lui si diverte come un matto io passo la serata a rifilare rifiuti dove riesco e a racimolare numeri di telefono che non ho intenzione di usare. Possibile che sembro essere l'unico maschio in questa scuola? Che poi posso ancora definirmi così quando sto implodendo dentro per una camicia bianca un po' troppo aperta?

"Vieni a bere". Mi chiama Marco.

"Non ho voglia!".

"Joshua sta bevendo!". Mi fa notare, come se questo dovesse servirmi a farmi ubriacare.

"Lui lo regge bene, molto meglio di te e me messi assieme!". Ribatto.

"Puttanate!". E poi scoppia a ridere tornando a riempirsi il bicchiere.

Mi auguro solo che Zeno riesca a portarli a casa sani e salvi in qualche modo dato che ho chiesto a lui di buttargli un occhio, dato che io ho altri programmi.

Vedo Jo cercarmi tra il casino e quando mi vede, alzando il bicchiere al cielo, mi fa segno di andare a casa, salvandolo da quella che si è trasformata una festa alcolica.

Sorrido e con il dito gli faccio cenno di no, ridendo ancora di più quando lo vedo mettere il broncio. E mentre scoppia a ridere anche lui, gli si avvicina un ragazzo. D'un tratto mi sento svuotare di tutta quella allegria che solo un attimo prima riempiva il mio cuore. Li vedo parlare, lo vedo sorridere e appoggiargli una mano sulla spalla. E sebbene vorrei andare lì e mettermi al suo fianco, so di non aver nessun diritto su di lui perché siamo solo amici. Continuo a guardarlo e quando noto che punta il dito nella mia direzione, inclino la testa. Il ragazzo si gira a guardarmi e dopo avermi squadrato da testa a piedi, torna a guardare Joshua che gli sorride. Parlano ancora e dopo averlo salutato, mi raggiunge.

"Hai trovato con chi tornare?". Gli chiedo, mostrando quanta più indifferenza riesco.

"Sì". Mi risponde lui sorridendo. E vederlo felice, rende triste me.

"Bene". Dico soltanto, perché sto cazzo che mi mostrerò entusiasta.

Lui mi mette una mano a circondarmi le spalle. "Andiamo?".

Lo guardo. "Dove?".

"A casa!".

Rimango a fissare quel suo mare verde, affogando dentro di lui. "Io e te?".

"E chi sennò?". Mi chiede.

"Pensavo..". Dico, senza finire la frase.

"Pensavi male!". Dice lui, ripetendo una mia vecchia risposta.

"Stronzo". Bofonchio, senza avere la certezza che mi abbia sentito sul serio.

Afferro le chiavi dello scooter che mi porge e poi metto in moto. Lui si siede dietro di me e si stringe molto più stretto del solito, facendo aderire perfettamente il suo corpo al mio. Il cielo stellato ci accompagna per tutta la strada, rendendo questa notte più magica e regalandoci uno sfondo perfetto da immortalare nei nostri ricordi per un domani malinconico.

Parcheggio nel vialetto di casa senza però sentir venire meno la sua presa sul mio corpo. "Hai preso sonno?". Gli chiedo sorridendo.

"Ho paura che se slaccio questo abbraccio, poi non potrò più farlo per cui sto prendendo tutto quello che posso".

"E chi ha detto che non puoi più?". Gli chiedo voltandomi con la testa all'indietro, verso di lui.

"Me lo lascerai fare?". Mi chiede. E ci penso, valuto bene e peso ogni parola perché onestamente non ci sto più capendo nulla.

Ehi na na naWhere stories live. Discover now