Cassetta XIV

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Questa volta rovistavo nell'armadio di Evelin, cercavo qualcosa di decente da mettermi che non fosse troppo lungo visto che lei é tipo venti centimetri più alta di me. Come desideravo essere più di un ravanello qualunque. Magari un ravanello al gusto di arancia.

Tirai fuori una montagna di vestiti, ma ogni cosa che mi piaceva era troppo grande o troppo lunga o troppo poco colorata o troppo e basta. Mi sdraiai sul letto e mi misi a fissare il soffitto. Evelin diceva spesso che le sue illuminazioni venivano in quel modo. Dal canto mio l'unica cosa che vedevo erano quelle stelline fosforescenti che appiccicavano sul soffitto i bambini negli anni novanta.

«Che fai? Cerchi la verità sull'universo?»
«Stabilisco una comunicazione diretta con Dio. Devo lasciare una pessima recensione. Sul suo sito no? Diotioffrelavita.earth»
«Mandami il link poi.»
«Okay. Vabbè seriamente ora... Stavo cercando qualcosa da mettermi ma tutto quello che hai é... Non ci sto dentro.»
«Stai insinuando che io sia grassa?»
«No che tu sia alta.»
«Non te l'ho detto ma mia madre era una giraffa.»

Non mi soffermai a lungo sul tempo verbale di essere perché la mia attenzione era catturata dalla parola giraffa. Evelin si mise a rovistare nei cassetti. Ne tiró fuori un vestitino minuscolo attillato nero. Ma lei dove ci andava con quel coso? Giusto giusto per un viaggio di sola andata per Sfigatacity. Sì c'ero stata un sacco di volte.
Me lo porse e mi disse di mettermelo. Feci per ribattere, ma mi spinse dietro una paratia che teneva solo per bellezza. Insomma chi si cambia dietro quella cosa quando sei in casa da sola?

«Vedi é una favola.»
«Io vedo solo un grosso prosciutto che é stato pucciato nell'aceto balsamico. Poi fai te.»
«Senti stai parlando dei miei vestiti. Porta rispetto per chi ha mangiato il tuo pettirosso.»
«Non é mio punto primo. Non ti ho chiesto io di mangiarlo, ma il prete punto secondo. Punto terzo: ma se questo vestito é corto su di me, su di te che cosa è?»
«Ci lavo i pavimenti.»
«Scherzi?!»
«No.»
«Ora te la lancio io una maledizione, vieni qui...»
«Okay okay scherzo, lo indosso come calzino.»

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Alla festa c'era un bel po' di gente, forse troppa ma non ero io quella a cui davano fastidio le folle. Quella sera faceva caldo, fin troppo. E caldo é sinonimo di appiccicume e sudore. Quindi mai una buona cosa. Mi staccai da Evelin, la quale assaltò senza ritegno il buffet, io cercavo il bigliettaio dei gonfiabili. Anche se il vestito non mi consentiva la comodità dei jeans, non avrei rinunciato al mio giro sui giochi per bambini. Tanto la forma fisica era quella.

Vidi una bancarella del tiro a freccette. Quanto odio le freccette.
E poi qualcuno mi passò un braccio intorno alle spalle. Ero indecisa se praticare una di quelle strane mosse Kung fu che facevano vedere sempre nei film o iniziare a strillare quando l'ignoto parlò.

«Dovresti rilassarti Clarissa, agitarsi fa venire le rughe.»
«Samuele, cosa sei, la mia estetista?»
«La tua nuova BFF visto che hai perso mia sorella.»
«Non l'ho presa si é solo lanciata sul cibo come fa sempre. É colpa sua se sono sola»
«Ah la mia sorellina. Una volta quando era piccola chiese a mamma di farle fare il bagno nella Nutella sai. Mamma voleva negarle il permesso, ma papà al contrario le disse di sì. La ragazzina si rotoló nella Nutella tutta la giornata, profumò di Nutella per settimane. Peccato che poi la costrinsero a mangiarla tutta per non sprecare il cibo e lei diventò simile a un arancino.»
«Divertente, io ci assomiglio ancora ad un arancino.»

Mi portò verso le freccette e solo in quel momento notai una figura che avrei preferito non notare. Avete mai la sensazione che l'universo ce l'abbia con voi? Beh state tranquilli che l'universo ce l'avrà sempre di più con me.
Federico fissava intensamente una biondina tutte curve che inarcava la schiena più del dovuto. Inarca inarca che prima o poi ti spezzi la schiena. Meglio prima che poi, così posso fare i modellini dei dinosauri con le tue vertebre.

«Fedeee... Avevo portato compagnia, ma vedo che sei già impegnato.»
«Uhm... Ciao piccina come sta il tuo gatto?»
«Mi chiedo ancora perché non si sia mangiato te invece degli evidenziatori.»
«Scorbutica la ragazza eh?»
«Senti fax simile del principe azzurro io ho un nome ed é Clarissa. Facile e conciso.»
«É un nome da suora.»
«Giuro che se non la smetti prendo quelle fottuttissime freccette e ci infilzò i tuoi bulbi oculari. Poi accendo un falò, li faccio arrosto e poi li offro ai vecchietti del quartiere come spuntino.»

Mi girai abbastanza velocemente per non essere ripresa da Samu che se la rideva sotto i baffi. Camminavo a passo spedito verso la fila per i gonfiabili chiedendomi dove fosse finita Evelin e perché preferisse passare il suo tempo con un wurstel in mezzo a un pezzo di pane che con me. Piangevo fiumi dell'Inferno che gorgogliavano. O forse a gorgogliare era solo il mio stomaco.

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«Quindi siamo in fila per dei giochi per bambini?»
«Io sono in fila. Tu puoi farti crescere le ali da pipistrello e volare via.»
«Questa sera oltre ad esserci messe un vestito degno di Cat Woman siamo pure diventate più simpatiche del solito?»
«Sbagliato. Io sono sempre simpatica.»
«Bello il boccione comunque.»

Passarono altri dieci minuti nei quali continuammo ad insultarci con commentini sarcastici finché non notai la mia scialuppa di salvataggio. In tutti i sensi perché gli saltai addosso. Sia a Leo che ad Evelin. Quella ragazza mi doveva una spiegazione su dove era stata fino a quel momento.

Federico ci squadrò con occhio critico, soprattutto Leo. Quanto vorrei che ci fosse stata quella scimmia di Venezia pronta a saltargli in faccia.

«E lui é?»
«L'amore della mia vita. No scherzo quello é la carbonara, lui é il mio migliore amico Leo.»
«Che é anche il suo ex ragazzo.»
«Evelin il fatto che tu sappia delle cose, non impone che tu le debba raccontare in giro.»

Mi avvicinai a lei e le urlai sussurrando una frase concisa.
«Chiama Nachos e digli di cavare gli occhi a qualcuno. Capirà da solo chi.»
«Con la tua sfiga scommetto che ti salterà addosso.»

Le Bozze di  DioWhere stories live. Discover now