« Capitolo XII : Ti prometto »

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¡¡¡Consigliato leggere con la playlist indicata a fine capitolo!!!


Byron fece avanti e indietro per la stanza più volte.

Non riusciva a smettere di camminare, il suo sguardo saltava da un lato all'altro delle pareti.

Era da giorni oramai che andava avanti così e non poteva più aspettare.

A scuola i pettegolezzi su lui ed Arya, avevano finalmente raggiunto fine, probabilmente perché gli studenti avevano trovato un argomento nuovo di cui parlare.

Lui ne era contento, come d'altronde lo era la mora.

Sembrava essere tornato tutto alla normalità.

Una sola cosa lo preoccupava, il fatto che i suoi genitori, benché riluttanti, avessero accettato la sua relazione.

Il suo sesto senso diceva che c'era qualcosa dietro.

D'altro canto, questo lo aveva spinto a voler ufficializzare appunto il suo rapporto con la mora.

Le avrebbe chiesto di essere la sua fidanzata.

Doveva soltanto capire quando.

Ma in quel momento, il fatto che questa persona, 'l'uomo che ha permesso la tua permanenza alla Zeus', lo volesse incontrare, sicuramente non lo rassicurava.

Era così assorto nei suoi pensieri che sobbalzò quando la cameriera bussò alla porta, dicendogli di essere richiesto nello studio di suo padre.

Velocemente si recò nella stanza, trovando una figura sconosciuta accanto al genitore.

Era un uomo, alto, col fisico abbastanza allenato, da ciò che si poteva intuire.

Il suo viso era visibile solo in parte a causa degli occhiali neri, che coprivano i suoi occhi.

Sicuramente non era bello in viso.

Aveva un grosso naso a becco, le labbra sottili, quasi invisibili ed il volto allungato.

Ma ciò che lo preoccupò di più era la sua espressione.

Era maliziosa, superiore.

< Finalmente ci incontriamo, capitano >

Parlò poi.

La sua voce era profonda e rauca, provocò un brivido al ragazzo.

< Sarai capace di proteggere il tuo amore, Afrodite? >

                              ___

Byron passò numerosi notti insonni.

Stava mettendo in pericolo la sua squadra, la sua sanità mentale e fisica e quella dei suoi compagni.

Aveva persino il coraggio di definirsi un Dio?

Stava mettendo a rischio qualunque cosa.

Il suo orgoglio si era oramai disintegrato, come la sua spensieratezza.

Era felice.

Era finalmente felice.

Ed adesso volevano togliergli la causa del suo benessere.

Per di più, era diventato paranoico.

Non lasciava la mora da sola, neanche un attimo.

Ed era sicuro che anche lei se ne fosse accorta.

Infatti, si trovava nello studio di danza, ad ammirare la ragazza che ballava.

Più che ammirare, controllare.

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