IV

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"Baaa-ba-da-da-da-da-da-dut-da-da-dahhh..." Harry si irrigidì mentre era in fila per il pranzo.
Servivano gli spaghetti, quel giorno, delle tagliatelle incredibilmente scotte con il sugo, accanto a dell'insalata vecchia ed un pezzo di pane all'aglio, l'unico alimento decente di quel giorno.
Annuì mormorando un piccolo 'grazie' alla donna che serviva il pranzo mentre gli consegnava il piatto, poi si voltò per allontanarsi definitivamente dal modo sgradevole in cui quei ragazzi stavano canticchiando Boléro. Andava avanti in quel modo da quasi una settimana ed Harry era stanco. Louis Tomlinson aveva moltissimi amici, senza dubbio.
Sembravano essere ovunque Harry andasse ed ogni volta mormoravano Boléro sottovoce per poi scoppiare a ridere. Qualche ragazzino aveva addirittura iniziato a suonare le prime note del pezzo, alle prove di violoncello, l'altro giorno, iniziando a ridere proprio quando aveva notato delle lacrime spuntare agli angoli degli occhi di Harry.
Almeno Louis mi sta prestando attenzione, pensò, debole.
Odiava la parte di se stesso a cui piaceva il suono della voce di Louis, anche quando lo prendeva in giro.
Non poteva farne a meno. Era terribile. Nessuno si sedette accanto a lui. Solitamente, Harry mangiava con Marco e gli altri insegnanti, ma quel giorno avrebbero saltato il pranzo per recarsi in città per qualche questione da adulti.
Sentiva le orecchie in fiamme, chiedendosi se l'intera mensa lo stava fissando e stava ridendo di lui - oppure, ancora peggio, se non lo notavano affatto - e cercò di mangiare quanto più in fretta possibile, così da poter trovare un angolo tranquillo dove suonare il suo violoncello.
Le prove con la sua insegnate si sarebbero tenute quel pomeriggio e dal momento che lei era una tipa tosta, Harry voleva riuscirvi al meglio. Poi, forse, avrebbe giocato con qualcuno dei ragazzini più piccoli.
Harry si sentiva un bambino a frequentarli, ma almeno i ragazzini di nove e dieci anni non erano intimidatori. Anzi, lo trattavano bene. Finalmente, il suo piatto era quasi vuoto.
Mentre Harry stava gettando gli avanzi della lattuga avariata nella spazzatura, sentì una mano calda sul collo e sobbalzò.
"Ehi, tranquillo, Styles. Non eccitarti". Harry si immobilizzò, riconoscendo quella voce.
Prese un respiro profondo, gettò il piatto nel contenitore della plastica e si voltò.
Louis Tomlinson.
Era leggermente più alto di Harry, i suoi capelli castani gli ricadevano morbidamente sugli occhi. Aveva un sorriso luminoso ed Harry sentì il suo cuore balbettare nel petto.
"Hai un po' di salsa sulle labbra".
"Oh" Harry arrossì e tirò fuori un fazzolettino dalla tasca, per ripulirsi. "Uhm, grazie, Louis".
Il più grande avvolse un braccio attorno alle spalle di Harry e lo guidò attraverso la grande porta della mensa, conducendolo sul vialetto di ghiaia che portava in riva al lago. "Vieni con me" sussurrò al suo orecchio.
"Ho un segreto da confessarti".
Harry quasi svenne. Era distratto dal peso del braccio di Louis attorno al collo, dalla mano che gli stringeva la spalla, dal calore del suo corpo, dal modo in cui i loro fianchi si urtavano ad ogni passo. "Oh" squittì.
"Perché a me?"
"Perché sei l'unico che mi può aiutare". La mente di Harry iniziò a viaggiare. Sapeva esattamente dove erano diretti. Tutti al capo conoscevano la piccola canoa abbandonata sulla riva del Duck Lake. Era il posto dove le coppie si appartavano per baciarsi e fare altro.
Freneticamente, iniziò a richiamare alla mente tutto ciò che ricordava di quando Gemma gli aveva raccontato del suo primo bacio. Le labbra rilassate erano importanti, così come l'alito fresco. Merda, il pane all'aglio. Harry cominciò a sudare quando scorse il punto esatto.
Forse anche Louis aveva mangiato quel pane, forse il suo sapore si sarebbe annullato, giusto?
Non aveva detto a nessuno di essere gay. Aveva iniziato a pensare di esserlo soltanto un mese prima, in ogni caso, quindi era ancora molto incerto. Fino ad allora era stato tutto un forse. Fino ad allora era stato solo Louis, Louis, Louis nella sua mente, in ogni momento della giornata, così come quel maledetto tema ripetitivo di Boléro. Fino a quel momento, Harry aveva avuto anche paura di masturbarsi pensando ad un ragazzo. Il che significava che non era ufficiale, che non era ufficialmente gay. Non voleva esserlo. Non ancora.
"Louis..." la sua voce era un sussurro. Deglutì a fatica quando il ragazzo si fermò davanti alla cabina poco distante dalla canoa.
Il fatto era che Harry ne era abbastanza sicuro. Era abbastanza sicuro che Louis fosse gay, il modo in cui camminava, il modo in cui muoveva il polso quando si sistemava i capelli. Era quasi sicuro che anche lui pensava alle labbra di ragazzi, labbra di ragazzi sul suo corpo...
Poi, Louis gli prese una mano e gli fece cenno di entrare nella cabina. "Andiamo, amore. Abbiamo bisogno di un po' di privacy per questo".
Il cuore di Harry perse un battito e le ginocchia minacciarono di cedere quando Louis sollevò il chiavistello ed aprì la porta cigolante.
Premette una mano delicata sulla vita di Harry, guidandolo nel buio all'interno.
"Allora, uhm-" sussurrò Harry, una volta che la porta si chiuse alle sue spalle. "Qual è questo segreto?" Riusciva a vedere il sorriso di Louis anche nella penombra, prima ancora che lui si avvicinasse appena per sussurrargli all'orecchio "BAAA-BA-DA-DA-DA-DA-DA-DUT-DA-DAH-DAHHH!" Harry corse via. Scappò fuori da quella cabina, mentre delle lacrime calde scendevano sul suo viso ed i suoi timpani vibravano nelle orecchie, cercando di allontanare la risata di Louis alle sue spalle.
Barcollò lungo il sentiero sterrato intorno al lago, inciampando nei suoi stessi piedi per la fretta di scappare via.
La parta peggiore, la parte peggiore era che riusciva ancora a sentire il tocco di Louis sulla sua pelle. E sapere che era ciò che voleva.
Quando si presentò alle prove con la sua insegnate, il volto a chiazze e le dita tremanti, lei non disse nulla. L'Interlochen non era un posto dove gli insegnanti potevano interessarsi ai sentimenti degli alunni. Erano lì per insegnare a suonare uno strumento. Non che Harry avrebbe spiegato cos'era successo, se gliel'avessero chiesto.
Riuscì a superare la sua lezione, in qualche modo, poi posò il suo violoncello e scomparve nel bosco. Le foglie sussurravano accompagnate dal vento, le rocce erano splendide e silenziose. Fece una lunga camminata, si sedette in riva al lago fino a che non uscirono le prime zanzare e il sole tramontò, rendendosi conto di aver perso la cena. Si chiese se qualcuno l'avesse notato, avesse notato la sua assenza.
Marcus lo stava aspettando sotto il portico buio quando finalmente Harry si decise a rientrare, visibile nella penombra solo grazie alla punta incandescente di una sigaretta.
"Ehi amico" disse, con noncuranza, quando Harry si avvicinò ai gradini su cui era seduto. "Ehi" lo salutò Harry. "Non avevi fame?" chiese, soffiando il fumo da entrambe le narici.
"No. Sono andato a fare una passeggiata, d-devo aver perso la cognizione del tempo" rispose, mentre la mano indugiava sulla maniglia della porta, pregando che Marcus non lo interrogasse ulteriormente. Spostò il suo peso da un piede all'altro, a disagio, grattandosi distrattamente un morso di zanzara mentre il ragazzo lo guardava. "Okay" disse, infine.
"Questa volta non farò altre domande. Ma se non rispetti il coprifuoco un'altra volta..."
"Non lo farò!" si affrettò ad assicurare il riccio.
"Bene. Ehi, amico, fammi un favore, non dire a nessuno della-" Marcus annuì, indicando il mozzicone di sigaretta che aveva appena gettato oltre la ringhiera. "Non è un bene per chi suona uno strumento a fiato. Dovrei davvero smettere".
"Nessun problema" disse Harry. "Buonanotte" scivolò all'interno della sua bungalow, liberandosi dei pantaloncini per poi stendersi nel letto indossando soltanto i suoi boxer.
La stanza era piena di ragazzi addormentati. Respiri profondi, qualcuno che russava qua e là. Harry era steso di schiena a fissare il soffitto dal suo letto a castello ed ascoltava il canto dei grilli che proveniva da una finestra spalancata. Soltanto l'alzarsi e l'abbassarsi del suo petto, la brezza leggera sulla sua pelle calda...
Qualche tempo dopo, era di nuovo in quella cabina. Louis lo stava toccando ancora una volta, la mani sulle sue spalle, mentre canticchiava "Baaa-ba-da-da-da-da-da-dut-da-da-dahhh..." ondeggiando insieme con lui in quello spazio ristretto.
"Smettila..." si lamentò Harry, cercando di sbarazzarsi delle mani di Louis dalle sue spalle. Il più grande però si aggrappò a lui, avvicinandosi e sussurrandogli ad un orecchio: "Pensavo che ti piacesse questa canzone, Styles". Harry rabbrividì. "Prima, sì".
"Lo so che mi vuoi" disse Louis. Sorrise, illuminando la cabina.
"Sei così palese, Dio" sussurrò, premendo il suo petto contro quello di Harry, spingendolo contro il muro. Harry scosse la testa. No, no, lui non lo voleva. Lui non era davvero... non era ufficialmente... "Ammetti che mi vuoi e ti darò un bacio". Louis si leccò le labbra e tutto ciò che Harry poteva fare era fissare quel movimento, impotente. Riusciva a sentire il calore del corpo di Louis contro il suo, i suoi fianchi che iniziavano a disegnare cerchi lenti. Era già dolorosamente evidente quanto Harry lo volesse. Sapeva che anche Louis riusciva a sentirlo. "Dillo" ordinò Louis. La presa sulle sue mani iniziava quasi a fargli male. "Io - io ti voglio..." Poi, le loro labbra si incontrarono, la lingua di Louis calda ed insistente, forse troppo veloce contro quella di Harry. La sua testa era confusa, il suo cuore martellava nel petto, mentre cercava in tutti i modi di concentrarsi e di riuscire a restare in piedi. Louis lo aiutò a mantenersi, circondando la sua vita con le braccia forti, mentre continuava a baciarlo. Harry cercava di dare qualcosa in cambio, ma non sapeva bene cosa fare. Era già così eccitato. Soltanto per qualche minuto in cui si erano baciati, soltanto perché lo stava toccando, soltanto perché Louis era accanto a lui. Harry lo aiutò a sbarazzarsi della sua camicia, interrompendo il bacio soltanto per un momento, le sue mani disperate nel sentire la pelle bruciare sotto lo sue dita. I bicipiti di Louis, le sue mani che raggiungevano i suoi capelli ricci, tirandoli leggermente. Le loro eccitazioni ancora strette nei pantaloncini, mentre gemevano entrambi.
Poi, tutto divenne bagnato. Bagnato e scuro.
Harry si svegliò.
Era sdraiato di fianco sul suo letto a castello, una macchia umida sul lenzuolo sotto di lui. Era mattina. Probabilmente qualche minuto prima della sveglia.
Oh, cazzo, no... Portò una mano sui suoi boxer, prendendo dei respiri tremanti e cercando di non fare alcun rumore. Con una rapida occhiata nella stanza si accorse che nessuno si era ancora mosso, per fortuna. I suoi occhi indugiarono su Louis, dall'altra parte della stanza, la bocca leggermente schiusa per il sonno. Anche solo guardarlo gli procurò una fitta di eccitazione, seguita poi da una scarica di vergogna.
Velocemente, si girò, asciugandosi in fretta e furia, fingendo di svegliarsi insieme a tutti gli altri alle 6.45.
Più tardi, quello stesso giorno, saltò uno dei suoi corsi per chiamare sua madre, in lacrime.
Passarono altri nove mesi prima che le dicesse di essere ufficialmente gay.

Love Is A Rebellious Bird. || Larry Stylinson || Italiana.Where stories live. Discover now