5. bitter love, acidic hatred

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Il passo svelto e sicuro. Non guardavo indietro, non lo ritenevo necessario. La paura avrebbe solo preso il sopravvento a l'ansia che già sentivo. Perché si era fatto buio e chiunque ragazza aveva paura. Provava il terrore di girarsi e notare qualcuno dietro di lei, di sentire delle voci possessive e inquietanti, delle mani a stringerla e portarla via dalla sua libertà. La società era caratterizzata dalla violenza, nessuno parlava di quanto dolore subiva chi semplicemente percorresse una strada da solo. Ed era giusto? No, diamine se non lo fosse. Non era così che si doveva andare avanti.

Presi un respiro, stringendomi nel cappotto, tirava vento, ma ero coperta. Il cappuccio mi nascondeva il viso, lasciandomi al sicuro da occhi indiscreti pur la zona abbastanza raccomandabile. I Carter non avevano troppi problemi di soldi.

Mi incamminai, ricordando dove dovessi girare, fermandomi solo nel momento in cui mi trovai di fronte alla porta dei miei amici.
Sapevo di non aver fatto una cosa super intelligente, scappare da camera mia, senza avvisare nessuno, di notte era una cosa idiota. Per Tyler, Kevin e Ryan avrei fatto qualunque cosa, fosse stata anche l'ultima in vita mia. Non mi importava.
Un attimo prima di bussare, presi il telefono dalla tasca.

Papà sono con i miei amici, se non mi trovi a casa è per questo.

Tranquilla, io torno tra poco. Ti passo a prendere o hai passaggio?

Non preoccuparti, molto probabilmente resto a dormire, in caso ti avviso.

D'accordo. Hai visto il Milan?

Prima di rispondere, suonai il campanello di casa Carter.

Secondo te me lo potevo perdere?

Come ti ho educata bene.

Tutto dal papà! A dopo dai...

A dopo tesoro, ti voglio bene.

Ti voglio bene anche io papà.

Sorrisi al messaggio. Mio padre era la persona che più mi era rimasto vicino dopo l'incidente. Una parte della mia mente diceva che avrebbe dovuto odiarmi, che avrebbe dovuto mandarmi via, farmi sparire. Come mamma era scomparsa. Lui invece, in ogni momento della mia esistenza era sempre accanto a me. Come da bambina, il papà era il proprio eroe.

Rimisi il telefono dentro la tasca, alzando lo sguardo appena Kevin mi aprì. La sua espressione era poco difficile da decifrare. Volevo sapere cosa ci fosse di così grave in quello che era successo con i miei fratelli e William. Quanto odiavo quel fottuto platinato.

«Vieni» Kev si spostò dall'ingresso, facendomi spazio per entrare. Osservai intorno velocemente, stavo cercando Tyler ma non avevo idea di dove si fosse cacciato.
Ispezionai ogni dettaglio della casa, era abbastanza grande e sui toni dell'arancio, ricordava il tramonto in ogni sua sfaccettatura. La mamma di Kevin e Ryan adorava fotografarli, le immagine colorate appese lungo il soggiorno non mancavano.

Ryan era sul divano, stava giocando nervosamente con un cuscino. Tirava i fili in modo impulsivo, come se servisse a placare il movimento della sua gamba. Attacco d'ansia. Non sembrava preso dal rumore della tv in sottofondo per coprire il silenzio del timore.

«È in camera sua, sai già cosa sai fare» Kevin mi avvisò, sospirando profondamente. «Vai tu nana» mi stampò un bacio sulla guancia, indicandomi la direzione della stanza di Tyler con il capo.

Fragments Of HeartWhere stories live. Discover now