Promettilo

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G: “Quanto cazzo è vuota così?”

Era troppo vuota, ma non risposi.

 In quei giorni ero più scontroso del solito, ero di cattivo umore costantemente, ma cercavo di parlare il meno possibile per evitare di buttare fuori la merda che avevo in testa. Non ero infelice per quel cambiamento, mi infastidiva solo dover lasciare casa nostra. Perchè quella era casa, non quel villone gigantesco in cui ci stavano per mandare. 

Potevamo dire no? La risposta è ovvia. 

L:” È troppo vuota e dannatamente triste.”

Non serviva nemmeno che parlassi: c’era lui e raccontare le nostre emozioni. 

D: “Vero, mi sento così giù, nonostante si stia per realizzare il progetto a cui aspiravamo da anni. Queste mura ci stavano strette, ora invece sono casa”

G: “Mamma mia, mi state mettendo di cattivo umore. Pensate positivo cazzo! Finalmente più spazio, più posti in cui girare video, le nostre stan..”

Lo vidi bloccarsi e guardarmi poi negli occhi: sapeva di aver detto una cazzata. Gli voltai semplicemente le spalle, per poi andarmene nella nostra camera, ormai deserta. 

POV LELE

L: “Gianni, porca troia”

G: “Mi è scappato okay? Non è semplice cercare di tirare sù il morale a tutti quanti quando in realtà sono giù anche io. Ci provo, ma non è semplice”

Lo guardai e mi avvicinai per dargli un abbraccio: avevo esagerato.

L: “Scusami bro...non ti ho mai ringraziato per quello che stai facendo, stai cercando di farci vivere tutti i lati positivi, non è colpa  tua”

G: “Scusa anche tu...Non sarei dovuto sbottare così, solo che cazzo è difficile per tutti”

Disse per poi sciogliere l’abbraccio e guardarmi: valeva più di molte parole. Sentii Diego, rimasto in silenzio tutto il tempo, avvicinarsi a me e posarmi una mano sulla spalla. 

D: “Tesoro, non è colpa di nessuno, se non di chi ha deciso. “

L: “Non trovo il senso di questa cosa. Sanno che io e lui stiamo insieme, sono tutti e tutte super felici, che cazzo cambia ora?”

D: “Vorrei darti una risposta, ma non lo so”

Posai la mano sopra alla sua, per poi sporgermi verso il corridoio guardando la porta chiusa: sarei dovuto andare da lui, ma sapevo che non fosse il momento. Aveva bisogno di sfogarsi, di stare da solo e poi mi avrebbe cercato per parlare. Lo conoscevo bene ormai: avevo smesso di forzarlo nel dialogo quando sapevo che non volesse. 

G: “Ehi, stai fissando la porta da due minuti buoni, sei inquietante”

L: “Lo so, mi scazza stare qua quando potrei e vorrei andare da lui”

D: “Sai come è fatto”

L :” Certo che lo so, per questo sono qua e non in camera a cercare di farlo sorridere o incazzare”

G: “Effettivamente sono simili come cose? Parliamo pur sempre di Tancredi”

Scoppiai a ridere: meno male che avevamo Gianmarco o saremmo morti nella tristezza più assoluta dei nostri pensieri. 

POV TANCREDI

Quando uscii dalla camera era praticamente ora di andarsene. I cartoni erano già spariti, così come i pochi mobili che ci saremmo portati dietro. Ero rimasto ore semplicemente seduto sul pavimento della nostra stanza. Non ero arrabbiato con Gian, non avrei mai potuto, faceva troppo per tutti noi, ma con chi c’era di contorno e per la scelta, stronza, che avevano preso. 

Futuro per i Tankele//Part ThreeWhere stories live. Discover now